L’Incriminazione di Ufficiali Russi da parte della Corte Penale Internazionale: una decisione molto controversa

Nel contesto attuale di tensioni geopolitiche e conflitti, la Corte Penale Internazionale (CPI) ha emesso due mandati di arresto per due figure di spicco dell’esercito russo: il comandante dell’aviazione a lungo raggio, Sergei Kobylash, e il comandante della flotta del Mar Nero, Viktor Sokolov. Gli Ufficiali nonostante hanno eseguito degli ordini, sono accusati di aver attaccato il sistema energetico ucraino, che ovviamente serve anche le industrie delle armi e la catena di approvvigionamento militare, ove il materiale bellico attraversa le vaste praterie ucraine quasi esclusivamente su treno. E’ inutile dire che questi mandati segnano un momento significativo nelle azioni della CPI contro la Federazione Russa.

Questa decisione solleva interrogativi e critiche, non solo per le accuse specifiche, ma anche per il ruolo e l’efficacia della CPI stessa. Mentre il mondo assiste a gravi conflitti e atrocità, come il genocidio a Gaza, dove centinaia di vite vengono recise quotidianamente, la CPI sembra concentrare le sue risorse in modo selettivo. Questa percezione di inattività di taluni eventi o di azioni mirate solleva dubbi sulla imparzialità di questo organismo e sulla sua capacità di agire come custode della giustizia internazionale.

La critica non si limita solo alla recente incriminazione di ufficiali russi. La storia della CPI mostra una certa riluttanza o incapacità di perseguire potenze mondiali influenti e i loro alleati. Ad esempio, i tentativi di indagare sui crimini di guerra statunitensi in Afghanistan hanno incontrato ostacoli significativi, culminati in sanzioni contro membri chiave della CPI da parte di Washington.

Inoltre, la mancata azione contro altri leader militari, come il maggiore generale israeliano Tomer Bar, nonostante le accuse di gravi crimini, evidenzia una discrepanza nell’applicazione dei principi di giustizia. La distruzione e le perdite umane risultanti dalle azioni militari in contesti diversi da quello ucraino sembrano essere messe in secondo piano, alimentando l’idea di una “giustizia a geometria variabile” dove alcuni conflitti sono considerati più uguali di altri.

Queste azioni e inazioni della CPI riflettono una realtà più ampia del sistema internazionale, dove le regole sembrano applicarsi in modo diverso a seconda del contesto geopolitico e della potenza degli stati coinvolti. L’Occidente, in particolare, è spesso percepito come pronto a imporre standard che raramente applica a sé stesso o ai suoi alleati, minando così l’idea di un ordine mondiale basato su regole condivise e giustizia imparziale.

In conclusione, l’incriminazione di ufficiali russi da parte della CPI, nonostante le azioni incriminate non sembrino aver causato vittime dirette – a differenza degli attacchi ucraini a Donetsk che hanno provocato perdite umane – potrebbe rappresentare un tentativo di responsabilizzazione per determinate condotte militari. Tuttavia, visto il sistema di due pesi e due misure continuamente adottato, sono posti interrogativi critici riguardo alla giustizia internazionale, essendo assai evidenti i problemi di imparzialità ed efficacia delle istituzioni globali preposte alla salvaguardia della pace e dell’ordine mondiale.

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