L’invasione dell’Iraq è la causa delle sofferenze degli iracheni e delle comunità cristiane

Tutti forse avete avuto occasione di vedere il viaggio del Santo Padre in Iraq e molti di voi avranno sentito le sue parole di pace e le accorate esortazioni di fratellanza:

“Negli ultimi decenni, l’Iraq ha subito gli effetti disastrosi delle guerre, la piaga del terrorismo e dei conflitti settari spesso fondati su un fondamentalismo incapace di accettare la pacifica convivenza di diversi gruppi etnici e religiosi”.

“Vengo come un penitente”, ha detto il Papa, “chiedendo perdono al  cielo e ai miei fratelli e sorelle per tanta distruzione e crudeltà”.

(papa Francesco)

Parole di pace di perdono e riconciliazione, come ci ha insegnato Cristo con la sua vita, passione, morte e Resurrezione.

Ma il Papa ha accennato anche in sottofondo a terrorismo, fondamentalismo e conflitti settari ed il vescovo di Erbil Bashar Matti Warda anche corruzione. Come siamo arrivati dunque a questa situazione? Cosa è successo in Iraq!? Di quali eventi parla papa Bergoglio!?

Per dare una risposta a queste domande, vediamo alcune utili informazioni  di  Steven Sahiounie , un giornalista pluripremiato,  dall‘ articolo dall’articolo ‘The Pope in Iraq Between the Minaret and the Bells‘, pubblicato su  Mideast Discourse:

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« I cristiani dell’Iraq sono una delle più antiche comunità cristiane continue nel mondo.
La maggior parte dei cristiani iracheni sono assiri indigeni di etnia aramaica orientale di tradizione siriaca cristiana. I cristiani iracheni non siriaci sono in gran parte cristiani arabi e armeni, ei cristiani sono presenti nelle aree ora conosciute come Iraq sin dal I secolo dC circa.

Nel 1916, l’Impero turco ottomano commise un genocidio che causò la morte di almeno due milioni di armeni, assiri e greci. Quasi tutti erano cristiani.

Il dipartimento di stato americano si è impadronito di un punto debole nel ventre dell’Iraq, sapendo che c’erano differenze ideologiche tra sunniti e sciiti, che sono sette dell’Islam. Istigando attacchi e campagne di propaganda che creavano odio tra i due vicini che hanno vissuto fianco a fianco in Medio Oriente per secoli, l’Occidente è stato in grado di sfruttare il conflitto settario a proprio vantaggio.

Ciò ha consentito non solo di raccogliere le risorse energetiche irachene, ma anche di mantenere una presenza di occupazione nella regione fino ad oggi.

Gli Stati Uniti, insieme ai loro alleati, hanno invaso l’Iraq nel 2003 e ucciso centinaia di migliaia di iracheni, mutilati e sfollati ancora di più. Non c’erano armi di distruzione di massa e Hans Blix delle Nazioni Unite lo ha confermato prima dell’invasione mentre era in Iraq. Non c’era una grande presenza di Al Qaeda in Iraq, ma l’invasione li ha fatti arrivare sulla scena per respingere gli invasori.

L’invasione dell’Iraq è la causa delle sofferenze degli iracheni e soprattutto delle loro comunità cristiane.

“Gli americani e l’Occidente ci dicevano di essere venuti per portare democrazia, libertà e prosperità”, ha detto Louis Sako, il patriarca cattolico caldeo di Babilonia. Ha aggiunto: “Quello che stiamo vivendo è l’anarchia, la guerra, la morte e la difficile situazione di tre milioni di rifugiati”.

L’Iraq una volta era un ricco arazzo di fedi, ma durante il periodo 2013-2017 i cristiani sono fuggiti mentre l’ISIS ha rapidamente investito l’Iraq si eseguendo, mutilando e rapendo (…)

Saddam Hussain  guidava il partito Ba’ath, con una piattaforma socialista laica. Era un leader autoritario che governava con il pugno di ferro e molti cittadini hanno sofferto durante il suo mandato di presidente dell’Iraq,  ma i  cristiani erano al sicuro sotto la laicità.

A causa della caduta di Saddam Hussein, i cristiani hanno iniziato a lasciare l’Iraq e la popolazione è ridotta oggi a 500,000 da ben 1,5 milioni nel 2003.

La Primavera Araba, un progetto USA-NATO, ha solo peggiorato le cose. Quando dittatori come Mubarak in Egitto e Gheddafi in Libia furono rovesciati, anche la loro protezione di lunga data delle minoranze cessò.

Gli Stati Uniti hanno sostenuto terroristi settari come il Free Syrian Army a volte chiamato “John McCain Army”, che dall’inizio del conflitto ha dispiegato striscioni settari contro cristiani e sette non sunnite. Mentre il “cambio di regime” previsto dagli Stati Uniti è fallito in Siria, gli Stati Uniti continuano ad occupare illegalmente il nord-est e sostengono i curdi mentre cacciano i cristiani dalle loro case e terre ancestrali. (…)

I cristiani del Medio Oriente sono solidali con i loro fratelli e sorelle palestinesi. Il sostegno cieco e incondizionato dello Stato ebraico di “Israele” è il credo centrale dell’ideologia politica evangelica americana.  (…)

I cristiani iracheni non possono tornare a casa in sicurezza in Iraq. Il governo e la società sono diventati settari. Gli Stati Uniti hanno insistito per una costituzione irachena che manteneva il paese saldamente diviso tra le sette sunnite e sciite.

Gli Stati Uniti sono orgogliosi di essere laici, ma chiedono che Libano, Siria e Iraq siano tagliati a pezzi in conflitti settari. Solo la Siria ha resistito con determinazione alle richieste degli Stati Uniti di un “Nuovo Medio Oriente”.

Sunniti e sciiti si sono messi l’uno contro l’altro ei cristiani sono una minoranza senza rete di sicurezza. Forse, se fosse formato un nuovo governo secolare e gli scolari fossero educati alla tolleranza e al rispetto per tutte le religioni, potremmo vedere un futuro per il ritorno dei cristiani iracheni e ristabilire i loro diritti a vivere nelle loro case ancestrali. (…) » 

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E’ inutile nascondere che essere neutrale in certi contesti è difficile, tutto ciò che viene detto può sembrare inevitabilmente una ingiustizia. Critiche sulla neutralità di papa Francesco c’erano state già in occasione del suo viaggio in Terra Santa nel 2004, ove si osservava che:

“una visita papale che evita la politica per concentrarsi solo sulla religione – elevando i luoghi santi al di sopra delle persone che vivono accanto a loro – tradisce una comunità cristiana che ha bisogno di tutto l’aiuto possibile mentre lotta per il suo posto in Terra Santa” (The National).

Sempre su quel viaggio il giornalista Nicola Nasser su Middle Est Eye faceva notare che :

“il pellegrinaggio di Papa Francesco in Terra Santa si è rivelato una missione squilibrata e impossibile. Il pontefice non è riuscito a trovare un equilibrio di neutralità tra binari contraddittori e inconciliabili come la divinità e la terra, la religione e la politica, la giustizia e l’ingiustizia, l’occupazione militare e la pace”.

Da alcuni l’appello alla pace fu letto come “l’approvazione del messaggio israeliano e statunitense , cioè: “L’unica via per la pace” è negoziare con la potenza occupante israeliana , astenersi da azioni unilaterali e resistenze “violente” e riconoscere Israele come un fatto compiuto”.

Non entro nel merito, ma ovviamente è innegabile che se un religioso va in una terra conflittuale e si appella genericamente alla pace mentre esiste una realtà di aggressione, questo può non essere pienamente compreso , se non respinto (specialmente dal punto di vista dell’islam).

Tuttavia, ci fu chi – come il palestinese-americano Daoud Kuttab – lesse la visita del Papa in altro modo. Egli scrisse un articolo in cui diceva che il Papa  aveva “superato le aspettative per i palestinesi”: 1) 

“Ha volato direttamente dalla Giordania a Betlemme in Palestina senza passare per alcuna procedura di ingresso israeliana, riconoscendo implicitamente e simbolicamente la sovranità palestinese.

Si è rivolto al presidente palestinese Mahmoud Abbas come capo dello “Stato di Palestina”, ed ha detto ci deve essere “il riconoscimento del diritto del popolo palestinese a una patria sovrana e il suo diritto a vivere con dignità e libertà di movimento” (…).

E in un’innegabile espressione di solidarietà con i palestinesi, si è fermato improvvisamente a pregare al muro  israeliano a Betlemme, ed ha detto, “è giunto il momento di porre fine a questa situazione che è diventata sempre più inaccettabile. “

Era il viaggio di papa Francesco in Terra Santa.. ci sono molti modi per vedere qualcosa, ma certi gesti pur se silenziosi, vennero colti.

Se parliamo però del viaggio papale in Iraq, la cosa è un po’ più complessa. Questo accade perchè, mentre la causa palestinese in fondo è abbracciata senza distinzioni di sorta dal mondo cattolico; per quando riguarda le conflittualità iracheno-siriane, le cose stanno un po’ diversamente.

In questo caso, lo ribadisco: la chiesa non ha manifestato un giudizio chiaro.

In altri termini, la domanda cruciale è: sì,  ti si può chiedere di perdonare le tue sofferenze cagionate da altri, ma cosa ne diresti se nessuno vuol sentire cosa è successo, per evitare che le ingiustizie riaccadano? Mentre è importante solo la tua sofferenza, come se essa fosse dovuta a calamità naturali o un terrorismo che nasce spontaneamente sotto gli alberi, come funghi?

Ebbene questo descrive molto semplicemente ciò che accade nella comunicazione tra la chiesa irachena e siriana. L’ho constato in numerosi incontri e convegni, ove hanno partecipato religiosi e patriarchi orientali. Il giudizio è nettamente diverso, specialmente sull’islam ma anche nella percezione delle circostanze.  E questo lo si capisce soprattutto nella vicina Siria con cui l’Iraq è legato a doppio filo.

Lo torno ancora una volta a dire: molti dei mali attuali dipendendo dalla mancata comprensione di ciò che accade. I principali media cattolici riflettono questa situazione: riguardo alle vicende dei cristiani siriani offrono al pubblico una narrativa costantemente più conforme alla lettura evangelico protestante degli Stati Uniti che non a quella cattolica.
Gli stessi ‘consiglieri del Papa’ in cose orientali, riflettono questo orientamento: spesso si sono mostrati allineati alle posizioni dei ribelli siriani la cui contiguità con le milizie jihadiste è acclarata. Eppure,  i cosiddetti ribelli moderati non sono separabili dalle atrocità commesse e della responsabilità del corso violento degli eventi che  hanno portato all’esodo dei cristiani.

Visto l’orientamento di taluni ‘consiglieri’, è miracoloso che la visita del Papa abbia avuto una così alta levatura morale e religiosa: “..un segno nella nostra Chiesa e nel nostro Paese. …il Papa porta un messaggio di conforto per tutti in un tempo di incertezza” (card. Sako ).

E’ un bene che queste contraddizioni non si siano evidenziate nel viaggio iracheno, ma esiste un problema reale nella comprensione della chiesa cattolica rispetto alla chiesa d’Oriente, ove da parte di Roma non esiste un giudizio chiaro su quale debba essere rapporto corretto con l’Islam e le sue due grandi derivazioni, né su chi sia l’aggredito e chi l’aggressore in Iraq e Siria (.. ma esistono anche questioni politiche aperte, ad. es. la legittimazione di Biden e non di Trump…).

Solo la Divina Provvidenza ha permesso finora che tali contraddizioni non esplodessero in esiti peggiori ed, è una Grazia che, nonostante tutto, la fede e la testimonianza umile di questi fratelli, risplenda come un faro su noi tutti.

Personalmente, credo che la testimonianza dei cristiani di queste terre martoriate sia occasione di conversione e speranza per la chiesa intera. Il viaggio del Papa ha mostrato come questa fede sia viva. E per le mancanze qui accennate, la Provvidenza completerà la costruzione, con muri più forti rispetto alle nostre mancanze.

Voglio terminare così, superfluo dire altro. Inoltre, l’occasione è positiva speriamo che questo sia un un nuovo inizio e che porti l’umiltà nei cuori, anche tra la chiesa di Roma e la “chiesa d’oriente”.  La pace è questo ed è ciò che noi tutti auspichiamo.

patrizioricci by @vietatoparalre

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