Lo riferisce il quotidiano arabo “l’Opinione”, della kuwaitiana al “Ray News Media Group”. Ritengo che la notizia sia degna di menzione, anche se, naturalmente, solo i prossimi giorni diranno con esattezza se è questa la verità.
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Girano in rete numerose congetture circa un preteso ‘tradimento’ di Putin nei confronti della Siria. Secondo quasi tutti i media, il presidente russo “è stato colto di sorpresa dall’ingresso delle forze armate turche in Siria” ma si sarebbe astenuto dall’intraprendere iniziative ostili nei confronti di Ankara “per ossequiare il riavvicinamento a Mosca”. In base a tale visione, Erdogan avrebbe ‘tradito’ l’incontro di San Pietroburgo perchè l’esercito turco insieme alle sue forze di ribelli ‘proxy’, Nour al-Din al-Zenki, è entrato in territorio siriano all’insaputa di Mosca.
Tuttavia, una versione diversa dei fatti che si dice suffragata dalla testimonianza di fonti attendibili, viene descritta in un articolo dal titolo “i segreti dell’incontro con Erdogan – Putin a San Pietroburgo: sì l’ingresso in Siria, ma…”. Chi scrive è il giornalista Lyia Magnaar. L’articolo, rivela dettagli finora inediti sui contenuti del summit di San Pietroburgo tra Putin ed Erdogan.
[su_panel]Secondo quanto rilevato dal giornale, l’ intesa raggiunta tra i due presidenti è stata dettagliata successivamente in un incontro avvenuto tra la delegazione turca e quella russa presso il palazzo Konstantin a San Pietroburgo. In base al contenuto di tale accordo, l’esercito turco ha attraversato il confine siriano con l’approvazione di Mosca secondo i limiti stabiliti preventivamente: “Russia e Turchia hanno concordato il ruolo che le forze turche potranno svolgere in Siria, che saranno delimitati all’interno di parametri specifici che rappresentano l’interesse di entrambi le parti”. Più precisamente sono stati discussi “i dettagli sulla presenza delle forze turche e la loro distribuzione sul terreno” che coincidono a comuni interessi. [/su_panel]
Ankara con l’operazione “scudo dell’Eufrate” ha voluto evitare il ricongiungimento delle forze curde e la formazione di uno stato curdo: è infatti certo che dopo aver conquistato Manbej le forze curde sarebbero partite alla volta di Jaralabus, e poi dopo aver sconfitto Isis avrebbero proseguito alla volta di Azaz e successivamente per Afrin. Russia e Siria, seppure per ragioni diverse, vogliono evitare la stessa cosa, cioè lo smembramento dello stato siriano.
L’applicazione dell’accordo è stato inevitabile: è partito quando già stava prendendo piede un piano americano che prevedeva l’utilizzo delle forze curde anche in funzione anti-Assad. I primi segnali di questa svolta si sono visti ad Hassakè quando le forze YPG hanno cacciato dalla città l’esercito siriano (SAA) con il sostegno Usa . Successivamente anche ad Aleppo le forze curde cominciavano ad avere un atteggiamento ostile nei confronti di SAA (e i ‘ribelli’ ne avevano subito approfittato offrendo un accordo). Questa versione è stata avvalorata da un funzionario curdo, che impegnato nei colloqui tenuti dai russi, per una tregua ad Hassakè, ha rivelato in una intervista che i curdi hanno subito pressioni dagli Usa e dall’Arabia Saudita perché attaccassero le forze siriane ad Hassakè.
[su_panel]Naturalmente i russi e il governo siriano hanno avuto una contropartita: “In cambio del silenzio russo, la Turchia ha dato la sua disponibilità a collaborare e istruire molti gruppi ribelli sotto la sua diretta influenza, di rifiutare l’unificazione, evitare il progetto di fusione per Nusra, e mantenere la loro distanza dai jihadisti, soprattutto nella città settentrionale di Aleppo. Questi gruppi ricevono la loro logistica, finanza, attrezzature militari, le cure mediche, i farmaci, il ricovero in ospedale, il libero accesso in territorio turco e informazioni di intelligence dai loro sponsor in Medio Oriente: tutto attraverso la Turchia”.[/su_panel]
La risposta delle milizie filo-turche ad Aleppo è stata positiva: “Molti dei gruppi ribelli hanno risposto alla chiamata di Ankara ‘per attaccare sul terreno l’ISIS e la zona controllata dai curdi nel nord della Siria, e hanno tirato fuori le loro forze da Aleppo per unirsi all’esercito turco. Altri hanno condiviso che era un ‘obiettivo inutile continuare a combattere ad Aleppo’. Gruppi come Nour al Din Zinki, Faylaq al-Sham, Firqat Hamza, sultano Murad e Istaqem kama Umert, hanno accettato di respingere l’unione con (ex) al Nusra, insieme a uno dei più grandi gruppi islamici ribelli del nord, Ahrar al-Sham , la cui leadership è divisa su questo particolare argomento”.
L’accordo ha incassato anche l’apertura da parte turca sulla possibilità che i colloqui di pace si svolgano con Assad a capo di un governo di transizione: Infatti, il primo ministro, Binali Yildirim ha dichiarato, “il presidente siriano Bashar al-Assad potrebbe essere un partner in questa fase di transizione”. Il disaccordo rimane per una eventuale permanenza di Assad alla guida del paese ma il passo è senza dubbio rilevante.
[su_panel]Rilevante che “la Turchia ha accettato di evitare qualsiasi contatto o scontro con l’esercito siriano, principalmente intorno Aleppo, a sostegno dei ribelli siriani e jihadisti. Questa decisione sta lasciando al Nusra quasi da solo con gruppi minori intorno Aleppo, Ramouseh e le accademie, offrendo un bersaglio perfetto per il l’aviazione russa e quella degli Stati Uniti, se saranno disposti ad agire in collaborazione, dal momento che i jihadisti sono lasciati soli su questo fronte”..[/su_panel]
Sulla supposta collaborazione USA/Russia debbo però fare un appunto: giacchè gli USA insistono ad appoggiare anche i jihadisti (non facendone ormai più un mistero), questa possibilità mi appare ‘aliena’ (vedi ad esempio “We’re not focused on the former al-Nusra Front”).
Ma il governo siriano è stato tenuto all’oscuro? No, “Mosca ha informato Damasco del piano turco preventivamente”. Quindi, nonostante la smentita siriana e le proteste che il suo ministero degli Esteri ha espresso apertamente contro l’intervento o le forze turche sul suo suolo, queste prese di posizione farebbero parte “del gioco delle parti”. Inoltre la Turchia starebbe usando il diritto di intervenire in Siria contro i curdi del PKK secondo quando stabilito dall’accordo del 1999 di Adana con Damasco”.
Il giornalista dell’al Ray News Media sottolinea anche che comunque” la Turchia sta inseguendo ISIS al nord della Siria, una zona che né Damasco né i suoi stretti alleati sul terreno sarebbero disposti a impegnarsi per liberare nè adesso nè in qualsiasi momento in futuro. La Russia è consapevole del fatto che i siriani deleghe Esercito, Iran (afgani, pakistani e iracheni) e Hezbollah hanno alcuna intenzione di spingere le proprie forze verso Jarablus, al-Bab e neanche a Raqqa sé, roccaforte dell’ISIS”.
A garanzia che gli accordi stabiliti a San Pietroburgo saranno rispettati, “la Russia ha chiarito alla Turchia che non tollererà alcuna violazione dell’accordo o un qualsiasi scontro con l’esercito siriano. Mosca ha disegnato in proposito ‘linee rosse’ ben chiare, minacciando che in caso di violazione, la sua aviazione colpirà le forze turche e le forze filo-turche “.
Opinione di Mosca è che ” i curdi, che senz’altro hanno un ruolo in Siria, devono essere oggetto di uno status senza diventare uno strumento per dividere il paese. Dato che la situazione in Siria sta cambiando continuamente, qualsiasi problema tecnico nell’accordo con i russi spingerà le due superpotenze direttamente coinvolte in Siria – gli Stati Uniti e la Russia – a fornire il supporto necessario ai curdi in modo che trascinino la Turchia nel pantano siriano, il che significa, per la complessità del conflitto siriano, tornare al punto di partenza”.
Resta il problema Isis: “Non vi è dubbio che il ritiro della ISIS dal nord della Siria, lasciando l’area alla Turchia e le sue deleghe, libererà un gran numero di combattenti che potranno essere utilizzati contro l’esercito siriano in altri luoghi, come Kuweires o lungo il deserto siriano. Tuttavia, ISIS non ha altri obiettivi al momento”.
Ma chi libererà Raqqa, visto che funzionari siriani avrebbero detto all’autore dell’articolo che “Damasco e i suoi alleati non sono disposti a perdere un solo uomo per riprendere il controllo di Raqqah”? E’ una domanda aperta, visto che gli Stati Uniti vogliono utilizzare tutti i propri alleati per sconfiggere l’Isis a Raqqa prima delle elezioni. Se non ci riusciranno, è probabile che Raqqa rimarrà in mano ad Isis fino dopo febbraio-marzo 2017.
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