di Gianandrea Gaiani 23-03-2012 http://www.labussolaquotidiana.it/ita/articoli-lipocrisia-della-guerra-pulita-4876.htm
Human Rights Watch (Hrw) ha documentato violazioni dei diritti umani perpetrati dagli insorti dell’Esercito Libero Siriano contro le truppe fedeli al regime di Bashar Assad. Tra gli abusi commessi vi sono rapimenti, arresti e torture ai danni dei membri dell’esercito, dei sostenitori del governo e di coloro che sono stati identificati come appartenenti alle milizie pro-governo. “Le tattiche brutali del governo siriano non possono giustificare gli abusi commessi dai gruppi armati dell’opposizione”, ha detto Sarah Leah Whitson, direttore di Hrw per il Medioriente. Hrw scrive tra l’altro di aver sentito da un attivista dell’opposizione chiamato ‘Mazen’ che un gruppo denominato Abu Issa nel villaggio di Taftanaz, nella provincia di Idlib, ha rapito e torturato a morte tre persone che avevano lavorato per il governo. Hrw riferisce inoltre che a Saraqeb, sempre nella provincia di Idlib, alcuni residenti hanno denunciato rapimenti a scopo di estorsione da parte del battaglione Al Nur, un gruppo dell’opposizione salafita.
Hrw sottolinea poi di avere esaminato 25 video postati su Youtube in cui appaiono membri dei servizi di sicurezza catturati dai rivoltosi che confessano crimini compiuti, e afferma che in almeno 18 di questi video i prigionieri presentano chiari segni di violenza fisica. Infine il rapporto riferisce di almeno due casi di esecuzioni sommarie di membri di forze governative fatti prigionieri. Tra questi, un presunto appartenente alle milizie del regime Shabiha che appare impiccato ad un albero in un video su Youtube del 4 febbraio. Nel commento si afferma che l’uomo è stato giustiziato dal battaglione Kafr Takharim, appartenente all’Els.
In Libia dopo i “lealisti” messi in gabbia come animali dai miliziani arabi (che dietro l’accusa di essere filo-Gheddafi celano spesso il radicato razzismo nei confronti delle popolazioni negroidi del sud del Paese) diversi rapporti di Hrw e Amnesty International hanno denunciato gli abusi compiuti dai vincitori della guerra civile oggi in aperto conflitto tra loro. Che gli alleati della Nato e dell’Occidente, in parte estremisti e jihadisti islamici, non siano da meno degli aguzzini di Gheddafi lo ha spiegato molto bene Fausto Biloslavo in un reportage sul Foglio. Persone che “scompaiono” solo per aver ricoperto qualche incarico durante l’era Gheddafi, sequestri di persona effettuati per strada da miliziani che chiedono riscatti e restano impuniti a causa dell’assenza di vere forze di polizia. Ma anche stupri, rapine e detenzioni illegali per almeno 10 mila libici in una sessantina di carceri illegali nelle quali viene praticata la tortura. Si può dire che ogni milizia ha un suo carcere privato e ogni capo banda ha occupato una lussuosa residenza “requisita” ai legittimi proprietari ovviamente colpevoli di essere in combutta con Gheddafi. “Le malefatte in 40 anni di Gheddafi i nuovi padroni le stanno ripetendo in pochi mesi” ha detto una donna al reporter.
“E’ un figlio di….. ma è il nostro figlio di …..”,diceva in quegli anni con pragmatismo anglosassone il presidente americano Franklyn Delano Roosevelt a proposito del dittatore nicaraguense Anastasio Somoza. Il problema è che oggi i “figli di….” abbondano ma, nonostante l’Occidente li abbia condotti alla vittoria o li stia sostenendo, non sembrano neppure essere “nostri” ma bensì più vicini a idee jihadiste, islamiste e anti-occidentali. Per aiutare queste milizie ci siamo sporcati le mani anche noi. Nonostante sui campi di battaglia libici e siriani i pochi militari della Nato si siano schierati a basso profilo e quasi in segreto, i bombardamenti aerei sembrano aver prodotto un certo numero di morti civili, i cosiddetti “danni collaterali”.Almeno 60 secondo Amnesty International sono stati colpiti in “almeno tre raid su obiettivi civili per i quali non ci sono spiegazioni” spiega un rapporto che chiede almeno il risarcimento dei danni ai famigliari delle vittime. La Nato ha risposto sottolineando di aver ottemperato alla risoluzione dell’Onu che imponeva di “proteggere i civili” e ricordando che “non aveva osservatori sul terreno durante le operazioni”. Cosa non vera perchè tra i compiti delle centinaia di uomini delle forze speciali infiltrate in Libia al fianco dei ribelli c’era anche il “targeting”, cioè l’individuazione dei bersagli.
In Afghanistan la strage compiuta due settimane or sono da un sergente statunitense impazzito (secondo Washington) o da un reparto americano in vena di rappresaglie sulla popolazione (come sostengono gli afghani) ha scatenato polemiche paradossali. I talebani accusano le truppe americane di essere degli assassini dimenticando che il rapporto dell’Onu chiarisce ormai da dieci anni che i tre quarti almeno dei civili uccisi dalla guerra cadono vittime dei talebani. Anche il governo di Kabul è indignato per la morte di 16 innocenti ma gli uomini dell’intelligence del presidente Karzai gestiscono almeno una decina di carceri segrete dove i prigionieri vengono torturati e uccisi.