Una clamorosa guerra di spie, un deflagrante conflitto tra i servizi segreti americani ed europei, diplomazie alla resa dei conti, super inquirenti a zonzo per Roma.
E’ lo scenario da vero e proprio tsunami che rimbalza da alcuni giorni tra i big della stampa a stelle e strisce, New York Times e Washinton Post in pole position, ma del tutto ignorato dai media di casa nostra, allineati e coperti in una cortina di perfetto silenzio.
E pensare che in questa cold-hot war l’Italia viene tirata pesantemente in ballo, come una tra le potenze occidentali che avrebbero ordito un complotto anti Usa. O meglio anti Donald Trump.
Di più. Al centro delle trame ci sarebbe la Link Campus University ed il suo fondatore, l’ex pluriministro Vincenzo Scotti. Nonché un ex misterioso docente targato Link, Joseph Mifsud.
Ma riavvolgiamo il nastro e cerchiamo di districarci in questa intricata spy story popolata da agenti segreti di mezzo mondo, alti magistrati, super inquirenti, consiglieri presidenziali, docenti universitari, ex ministri, avvocati & barbe finte. Di tutto e di più.
IL SUPERPROCURATORE USA PIOMBA A ROMA
Partiamo dalle news.
Prima si è trattato solo di una voce, quindi le indiscrezioni si sono fatte più corpose, infine la conferma da due fonti autorevoli, New York Times e Washington Post, appunto.
Il procuratore generale degli Stati Uniti, William Barr, proprio nei giorni bollenti della richiesta di impeachment avanzata dai democratici nei confronti di Donald Trump, è stato a Roma e ha incontrato alcuni funzionari del governo italiano, a quanto pare anche stretti collaboratori del premier Giuseppe Conte.
II motivo di tanta fretta? Da alcuni mesi Barr ha creato un team di investigatori capeggiato dal procuratore John Durham, per cercare di far luce sulle indagini portate avanti dall’FBI a proposito del Russiagate nel 2016: ossia se la campagna elettorale di Trump per le presidenziali (condita dallo scandalo della montagna di mail di Hillary Clinton finite nell’occhio del ciclone) fosse “lecita e appropriata”. Ancor più precisamente, se non ci fosse lo zampino dei servizi segreti sovietici in quell’“aiutone” a mister Donald nella sua corsa verso la Casa Bianca.
Per non pochi osservatori a stelle e strisce, l’inchiesta-Barr e il suo blitz in Italia rappresentano uno strumento di distrazione di massa, appunto per distogliere l’attenzione dei media dall’impeachment, o quanto meno per condizionarla. Secondo altri rappresenta una vera e propria controffensiva di The Donald, per rispondere ai democratici Usa e dare un preciso segnale, un “avvertimento” agli alleati europei.
Ed il più forte avvertimento è destinato proprio all’Italia. A quanto pare, infatti, nel mirino di Barr e del team guidato da Durham, ci sarebbe l’operato dei governi capitanati da Matteo Renzi e Paolo Gentiloni.
CANTA PAPADOPULOS
Ma per capire meglio l’intrico da novanta, sentiamo quanto viene dichiarata da una fonte, comunque, di parte, l’ex membro del comitato consultivo per la politica estera di Trump proprio in occasione di quelle presidenziali, ossia George Papadopulos, autore di un fresco di stampa, “Deep State Target”, uscito a marzo di quest’anno.
Nel corso di un’intervista appena rilasciata a InsideOver, Papadopulos dichiara: “Il rapporto dell’Italia (con gli Usa, ndr) non progredirà a meno che tutte le informazioni sulle attività di Joseph Mifsud e la Link Campus riguardanti lo spionaggio e il lavoro con le agenzie di intelligence americane contro di me e contro Trump nel 2016-2017 vengano rivelate”. Più chiari e minacciosi ci così…
Non basta. Perché via twitter l’ex braccio destro di Trump per le presidenziali conferma di essere “in attesa di testimoniare” e anticipa quello che sarà il contenuto delle sue dichiarazioni. A suo parere, i governi Renzi e Gentiloni sarebbero pienamente coinvolti; e lancia accuse -bomba: “Voglio – twitta Papadopulos – che gli americani vedano cosa è successo. Essere spiati da Cia, Fbi, dal Regno Unito, dall’Australia e dall’Italia non è uno scherzo, specialmente quando lo scopo era tentare un colpo di stato e interferire nel processo democratico in America. Lo dirò per la prima volta. Attraverso i miei occhi”.
Farneticazioni? Botta di solleone? O che cosa nelle parole di uno che è stato un pezzo grosso dell’establishment a stelle e strisce? E che comunque rischia grosso, se le sue affermazioni non saranno suffragate da qualche corposa pezza d’appoggio.
PROTAGONISTI IN CAMPO
Cerchiamo di capire, più in dettaglio, il ruolo di Papadopulos, di Mifsud e della Link (l’università che forma e sforna talenti politici grillini, ad esempio l’ex ministro della Difesa Elisabetta Trenta) in questa story che più contorta non si può.
Stando alle ricostruzioni, Papadopulos è a caccia di elementi, in vista delle presidenziali, che possano mettere pesantemente in difficoltà lady Clinton. E così viene messo in contatto con un misterioso professore che ha vissuto per anni a Londra, ha coltivato a lungo contatti con il mondo diplomatico russo ed è poi passato a Roma, presso la Link University.
Ma chi organizza il grande incontro tra Papadopulos e il professore, un incontro che può cambiare il mondo perché quest’ultimo sarebbe in possesso di una gran mole di quelle mail bollenti?
Il fondatore e numero uno della Link, Vincenzo Scotti, pluriministro nella prima repubblica, andreottiano doc, titolare degli Interni all’epoca della strage di Capaci e subito dimissionato (gli subentrò un altro campano, Nicola Mancino).
A fare gli onori di casa, un altro campano doc (almeno stando al cognome), Pasquale Russo, direttore generale all’università che ha il suo epicentro a Malta.
Ecco in che modo Papadopulos descrive quell’incontro in un’intervista rilasciata a Star Magazine: “Non appena sono arrivato alla Link, Vincenzo Scotti e Pasquale Russo hanno cominciato a trattarmi come un vip. A un certo punto Scotti mi ha presentato Joseph Mifsud, il quale sapeva tutto di me, compreso il mio operato nel settore energetico in Israele e il mio network professionale. Mifsud iniziò quindi a dirmi che poteva presentarmi dei russi. Devo precisare che era stato un intermediario dell’Fbi a Londra a dirmi di andare alla Link Campus a incontrare Mifsud. Io credo quindi che l’Fbi fosse in contatto con Scotti e che la persona dell’Fbi a Londra che mi disse di incontrare Mifsud l’avesse avvisato che io stavo andando alla Link”.
Continua l’ex consigliere di Trump: “Il coinvolgimento dell’Italia comprende quindi la Link Campus, Vincenzo Scotti, Pasquale Russo e Joseph Mifsud, ma anche l’agente dell’Fbi Michael Gaeta, che era il capo dell’Fbi a Roma e che attualmente è sotto inchiesta. Ci sono rapporti che dimostrano come questo Gaeta fosse in contatto diretto con Scotti e Mifsud. Questa è la prova della mia teoria, che ora sta spingendo Trump e il Congresso ad aprire un’indagine con la quale provare che forse il governo italiano era colluso con l’Fbi e ha usato Mifsud per mettermi in trappola”.
INDAGINI SULLE INDAGINI
Indagini sulle indagini? Un congresso Usa che da un lato sta per mettere il numero uno della Casa Bianca sotto impeachment e dall’altro vara commissioni d’inchiesta tese a dimostrate come Trump fosse al contrario vittima di un complotto? Da matti. Ma proseguiamo con il puzzle.
E con le dichiarazioni clamorose – ma tutte da verificare, of course – di Papadopulos a Start Magazine.
“Le informazioni che ho io, dicono che Mifsud e Scotti erano in diretto contatto con Gaeta, ed è per questo motivo che adesso Gaeta è un testimone chiave nella nuova inchiesta che è stata fatta partire dal nuovo Attorney General, William Barr. L’Italia è dunque coinvolta. E non c’è solo l’Italia: ci sono prove che suggeriscono che anche i britannici e gli australiani hanno lavorato con l’amministrazione Obama per spiare me ed altri”.
E aggiunge: “Il ruolo dell’Italia è uno dei più misteriosi, perché non so cosa l’Italia potesse guadagnare lavorando con l’Fbi per danneggiare Trump e il suo team. A meno che Renzi, che era un amico molto stretto di Obama, non avesse qualche interesse nella presidenza Clinton. Questa è per il momento la mia teoria”.
Ancora sul ruolo giocato da Scotti: “Credo che il London Centre of International Law Practice – l’istituto per cui lavoravo e che mi ha chiesto di andare alla Link Campus – fosse in contatto con Scotti e probabilmente anche con l’intelligence italiana. Scotti è ovviamente persona ben inserita negli ambienti di intelligence in Italia. Ed è lui che mi ha presentato Mifsud alla Link. Questo è il motivo per cui ora la Link è sotto inchiesta da parte dell’Attorney General Barr, e non penso proprio per i legami con i russi”.
Un William Barr del quale i democratici non nutrono una grande stima, non poco attaccato dai media liberal degli Stati Uniti. La speaker dem della Camera, Nancy Pelosi, portabandiera dell’impeachment, lo etichetta come “un disonesto”.
L’AVVOCATO-AZIONISTA ROH
Ma vediamo cosa sostiene un altro personaggio chiave in tutta la spy story, l’avvocato Stephan Roh che svolge un duplice ruolo: è il legale di Mifsud, ma soprattutto è un azionista della strategica GEM, ossia Global Education Management, con il 5 per cento delle azioni. E GEM gestisce il Link Campus di Roma.
Ecco le parole di Roh: “Mifusd non è una spia russa. E’ una vittima”.
“E’ Vincenzo Scotti che gli ha chiesto di gestire la cena con Papadopulos”. “Lui non ha mai parlato delle mail della Clinton”.
E ancora: “Abbiamo il 5 per cento della GEM. Lo scopo del nostro investimento era di contribuire a sviluppare l’università e di venderla a un investitore di professione”.
“Non siamo coinvolti nel separato Gruppo di società di consulenza / intelligence / sicurezza gestite o appartenenti ad altri azionisti della Link o a Mifsud”.
“Mifsud è sempre stato un accademico rispettato e membro dei circoli diplomatici e di intelligence occidentali. La Link ha rapporti e forma l’intelligence occidentale, e Mifsud è stato un insegnante fidato e partner della Link per anni”.
Infine, ecco quanto rivela un giornalista investigativo americano, John Solomon, autore di un lungo reportage pubblicato su The Hill.
Solomon fa riferimento a “dieci documenti classificati” che Trump potrebbe presto divulgare, i quali dettaglierebbero il “complotto” anti presidenziale ordito da Cia, Fbi e servizi occidentali (appunto, Italia compresa), incredibilmente uniti nella lotta per disarcionare il numero uno della Casa bianca. Proprio tra questi dieci documenti, uno riguarderebbe il nostro Paese, e le trame renzian-gentiloniane.
A proposito di Mifsud, Solomon afferma che “era un collaboratore di vecchia data dei servizi di intelligence occidentali cui venne chiesto specificatamente dai suoi contatti alla Link e al London Center of International Law Pratice – due gruppi accademici legati alle diplomazie e ai servizi di intelligence occidentali – di incontrare Papadopulos a Roma a metà marzo 2016”.
Cosa uscirà mai fuori dal super pentolone in ebollizione? Ne verremo presto a sapere “ufficialmente” qualcosa nel nostro Paese di ombre & misteri senza fine?
Ciliegina sulla torta. Sarà in grado di dire qualcosa – in inglese o almeno in italiano – su tutta l’intricata vicenda il ministro degli Esteri Luigi Di Maio? Le cancellerie internazionali sono in fremente attesa.
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Andrea Cinquegrani
fonte: http://www.lavocedellevoci.it