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Lo scandalo Monte dei Paschi nasconde problemi più ampi

Le banche non sostengono le imprese ma si salvano sempre: perché?  – di Patrizio Ricci

Gli stipendi vanno versati obbligatoriamente in banca; i soldi diventeranno ‘virtuali’ e spariranno le banconote: non si fa che celebrarne i vantaggi, ma intanto noi vediamo sempre nuovi retroscena di questo mondo ‘parallelo’ al nostro, che conta sempre di più sul lavoro reale, sulla vita concreta, sulle persone. Non ci piace e diciamo la verità: la vicenda di Montepaschi ci lascia allibiti.
Di una cosa ci stiamo comunque rendendo conto: chi concepisce un certo modo di operare non è un comune cittadino. Si tratta di persone che hanno perso il valore dei soldi o persone per cui l’unico valore sono i soldi, il che è la stessa cosa: hanno dimenticato che con una certa somma di denaro si prende una certa quantità di pane o di pasta, necessari per vivere.

Sullo scandalo della banca Monte dei Paschi di Siena nessuno sapeva niente: né il consiglio di amministrazione né la Banca d’Italia. Perciò, come sempre, abbiamo appreso tutto dai giornali: il Fatto Quotidiano ha rivelato di accordi intercorsi tra la banca senese e quella giapponese Nomura per una ristrutturazione del debito di centinaia di milioni di euro. L’operazione tendeva a ricoprire una passività originata dall’acquisto di strumenti finanziari derivati rischiosissimi, tramite l’acquisto di altri, analoghi.
Ora in pasto all’opinione pubblica si vuol dare l’impressione che tutto sia passato e che l’improvvido comportamento fosse solo la devianza del vecchio management, un incidente di percorso. Niente di più falso: le scelte operate da MPS sono precise scelte amministrative, prassi consolidata, routine.
Il Monte Paschi non è nuovo a questo genere di comportamento, l’ha fatto da sempre: chi ne ha voglia vada a vedere chi ha provocato il crollo della borsa di Amsterdam nel 1637. Penso che abbiate indovinato…
Moltiplichiamo esponenzialmente, a livello mondiale, questi comportamenti e capiremo perché la crisi è amplificata dai mercati. A tal proposito ricordiamo il caso della banca americana Cytigroup (coinvolta in una vicenda analoga) a cui Obama ha dovuto dare ben 45 miliardi di dollari per riprendersi, ma dopo averli ricevuti ha reiterato le stesse operazioni.
Per lucrare di più, MPS come Cytigroup, ha fatto largo utilizzo di Hedge found (alcuni l’hanno definita ‘un Hedge found con attorno una banca’). L’Hedge found non è niente più che una scommessa: la scommessa è andata male. Quando si è provato a ricoprire il danno, lo si è fatto come fanno i  giocatori incalliti: MPS si è indebitata ulteriormente (..ma per una banca si dice che si è ‘esposta’…). Tuttavia, a differenza delle aziende che chiudono strozzate dalla mancanza di credito bancario (secondo Unioncamere nel 2012 sono fallite 146.000 imprese), per le banche c’è sempre il lieto fine: il passivo sarà ricoperto dallo Stato per un ammontare di 4,5 miliardi di euro.
Già da maggio scorso l’inchiesta di Report ha divulgato dati e cifre: quello che ha fatto MPS è un’attività spregiudicata di tipo clientelare finalizzata all’arricchimento personale del management e del consiglio della Fondazione. I 16 membri del consiglio (che detiene una quota di quasi il 35% della banca), è dominato da nomine politiche: otto sono scelti dalle autorità cittadine e cinque dalle autorità provinciali.
E’ prevalso un tipo di gestione personalistica e non pubblica. Per questa ragione, la Procura senese sta indagando su fatti avvenuti nel corso di questa gestione che devono essere ancora chiariti: basti pensare all’acquisizione dell’Antonveneta pagata 9  miliardi di euro, mentre il suo valore reale era di tre.

Questo ‘modus operandi’ rappresenta sempre più la prassi del mercato finanziario, divenuto da tempo anche strumento di potere politico. Com’era prevedibile sotto campagna elettorale, dobbiamo assistere al triste spettacolo tra presunti corrotti e integerrimi difensori dell’integrità morale. L’evidenza della necessità di riforme radicali anziché portare ad un reale cambiamento delle regole, alimenta invece solo la conflittualità tra i partiti. In questo contesto, ci vengono proposte mezze verità mentre, il problema vero, la finanziarizzazione dell’economia, viene nascosto.
E’ un’evidenza che le banche non agiscono per sviluppare ricchezza collettiva, ma intraprendono la scelta più conveniente per il profitto proprio, dei suoi investitori. Ancor più grave: se così facendo esse producono voragini di passività, queste sono ricoperte dai cittadini, questa volta però da tutti i cittadini.

Questi comportamenti non sono sanzionati, a differenza delle aziende che producono merci e servizi le banche che speculano, non possono fallire, ‘altrimenti crolla il sistema creditizio’. Se è vero questo è altrettanto vero che ciò non può giustificare l’inerzia, utile solo  a consentire il perpetuarsi di certe condotte. Anche un bambino capisce che è necessario ripristinare regole e controlli, aboliti dalla “deregulation”, sulle attività finanziarie e amministrative.

Quello che sappiamo del malaffare Montepaschi è solo la punta di un iceberg. Bersani con il suo “vi sbrano tutti” è stato più che eloquente: non ci sta dentro solo il PD ma ci sono dentro tutti. Ci sono uomini della politica in tutte le banche, con le mani in pasta. La misura di queste connivenze è il ‘caso Mussari’. Quando il PD lo caccia da MPS (per la cattiva gestione) egli rientra subito dalla finestra: viene eletto come presidente dell’ABI.  Per farlo l’ABI ha dovuto cambiare lo statuto che non prevedeva eletti al di fuori dei direttori di banca (e Mussari non lo era più). Quella di MPS non è l’unica fondazione bancaria  ce ne sono anche di quelle che favoriscono la Lega ed il PDL. Ma ancor di più il dibattito dovrebbe svolgersi sulla necessità di eliminare le fondazioni bancarie, uno strumento perfetto di lottizzazione che per di più  usufruisce di inusitate agevolazioni fiscali (mentre le imprese vengono strangolate).
Quindi, basta con l’ipocrisia: ci aspettiamo dalla politica un atteggiamento costruttivo che detti condizioni ‘non di facciata’ per far ripartire il paese. Non si può far finta di cambiare per poi in realtà, lasciare esattamente tutto tale e quale: siamo sicuri che sia proprio questo che “ci chiede l’Europa”?

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Patrizio Ricci

Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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