Sabato pomeriggio ho visto l’intervista su Visione TV ad Alina Lipp che – come ho potuto verificare – è una ragazza di nazionalità russo-tedesca (padre di Amburgo e madre di S. Pietroburgo), che riporta da Donetsk la guerra in corso in Ucraina, secondo la sua sensibilità ed esperienza diretta.
Durante l’intervista condotta da Francesco Toscano, la Lipp – che è una blogger e giornalista – ha riferito che prima del 24 febbraio si è recata a trovare alcuni amici in Donbass, dopodiché essendo rimasta scioccata delle gravi omissioni dei media mainstream, ha deciso di rimanere per documentare la cronaca, offrendo sui social il suo punto di vista sugli eventi in corso.
Tuttavia, la magistratura tedesca ha aperto un fascicolo su di lei per un reato per cui rischia fino a tre anni di carcere. Le accuse le imputano di rilanciare la narrativa del Cremlino, perché parla di una “operazione speciale russa in Ucraina” di “liberazione” del Donbass, il che corrisponde alla prospettiva russa, nonché di accusare di genocidio l’esercito ucraino e le formazioni naziste.
La Lipp è apparsa in alcuni video con la lettera ‘Z’ serigrafata sulla maglietta, la si accusa di aver raccolto denaro, quindi gli è stato il conto con 1.600 euro ed anche quello del padre che vive in Crimea, come lei stessa ha sostenuto nell’ intervista di Visione TV e come anche i media tedeschi confermano.
Per questo la magistratura le ha imputato il reato della legislazione descritto nell’art 140 del codice penale ( https://www.gesetze-im-internet.de/stgb/__140.html):
– inizio citazione –
Codice penale (StGB)
§ 140 ricompensa e [manifestazione di] approvazione dei reati penali
Chiunque commette uno degli illeciti indicati nell’articolo 138 comma 1 numeri da 2 a 4 e 5 ultima alternativa o nell’articolo 126 comma 1 o un atto illecito ai sensi dell’articolo 176 comma 1 o ai sensi degli articoli 176c e 176d
1. viene ricompensato dopo che è stato commesso o tentato penalmente [il reato], o
2. [agisce] in modo tale da turbare la quiete pubblica, pubblicamente, durante una riunione o diffondendo contenuti (§ 11 comma 3), è punito con la reclusione fino a tre anni o con la multa.
-fine citazione-
Il reato penale che le si ascrive è che lei avrebbe ‘approvato’, ‘giustificato’ la guerra.
A parere degli inquirenti questo costituirebbe reato. Ma l’interpretazione e l’adattamento della norma penale appare una forzatura. Più prosaicamente a mio parere si tratta di un chiaro accanimento per aver espresso posizioni diverse: sembra che i media tedeschi abbiano un’opinione, mentre Alina ne ha un’altra.
Evidentemente non si dovrebbe inquisiti per le opinioni, perché si tratta di ‘libertà di parola’. Ma la Germania democratica e “rispettosa dei diritti umani” sta cominciando a dimostrare che ha una concezione diversa di questa libertà.
Il problema nasce da una certa ottusità molto diffusa intorno a tutto ciò che concerne la guerra ucraina: nella versione abbracciata dai media mainstream viene preso come discrimine degli eventi in corso in Ucraina il 24 febbraio 2022, data dell’inizio dell’evento bellico. Qui, il leitmotiv fornito dalle istituzioni è che tutto è chiaro perché esiste un aggressore ed un aggredito, ove l’Ucraina è aggredita e la Russia l’aggressore: fine della storia.
Esiste però un’altra versione, quella fornita dalla parte russa e da parte dell’opinione pubblica occidentale non necessariamente dettata della propaganda di Mosca, ma frutto di considerazioni ragionate.
Ebbene, nell’altra versione vengono indicati ‘come casus belli’ gli eventi che sono iniziati nel 2014. Essi precipiterebbero a cascata dall’ordine di Kiev ai battaglioni punitivi e dalle operazioni militari dell’esercito ucraino di riprendere con la forza il Donbass, fino ad approdare all’invasione russa. Queste due versioni secondo l’intellighenzia occidentale sono inconciliabili, mentre in realtà esistono entrambe.
In realtà non esiste nessuna contraddizione: sebbene il diritto internazionale indichi un aggressore (il territorio è ucraino e chi si trova fuori il proprio stato sono le forze russe), le ragioni di questa guerra non si possono rimuovere. Il problema è che su questo lato non si vuol sentire ragione (mentre essere critici su questo non significa approvare). Semplice, ma l’accettazione della validità anche delle ragioni dell’altro, richiederebbe uno sforzo intellettuale troppo elevato per la nostra leadership.
Detto questo, è chiaro che ci troviamo di fronte ad una discriminazione: da una parte si nega alla Lipp il diritto di chiamare ‘operazione speciale’ la campagna militare in Ucraina, dall’altra risulta lecito chiamare l’aggressione NATO in Serbia del 1999, “operazione”, precisamente operazione “Allied Force”. Ovviamente, la ragione per cui in entrambi i casi sia la Russia che la NATO hanno dato alla guerra il nome di ‘operazione’ è per evitare le implicazioni che sarebbero sorte facendo altrimenti.
Per quando riguarda il termine ‘denazificazione’, ne ho già parlato in precedenza. Su questo personalmente ho già espresso le mie riserve: è illusorio combattere una ideologia con le armi. Ma probabilmente in questo caso è anche vero che ci sfugge cos’è per i russi la guerra patriottica.
Se parliamo però dei report che Alina Lipp manda da Donetsk, è vero che le forze ucraine si stanno accanendo con missili e munizionamento da 155 NATO ed altro tipo, sui quartieri residenziali provocando deliberatamente vittime civili. Questo non ha alcuna giustificazione ed è contrario al diritto internazionale. Nella capitale praticamente ci sono solo donne, vecchi e bambini, essendo tutti gli uomini al fronte.
Di conseguenza, siccome Alina stigmatizza questi fatti, essi dovrebbero essere confutati ma non censurati. Mentre le autorità tedesche sono passate direttamente alla “persecuzione penale del reato di opinione”.
Le accuse si possono sintetizzare quindi nella successione di queste frasi che mostro qui di seguito (a titolo di esemplificazione):
Attualmente Alina Lipp continua a mandare i suoi reportage da Donetsk dai suoi abituali canali, dove il più frequentato è quello Telegram “Neues aus Russland” (Novità dalla Russia).
In merito, riporto alcune opinioni dal sito tedesco Jungewelt ( https://www.jungewelt.de/artikel/429477.sackgasse-meinungskorridor-der-fall-alina-lipp.html )
Lettera all’editore degli abbonati online Erich Rainer K. (3 luglio 2022, 21:24)
Ciò che la suddetta influencer sperimenta si di sè ora è una realtà in Germania. Lo Stato, che porta i suoi presunti valori democratici come un ostensorio davanti a sé, viola costantemente la libertà di espressione con l’aiuto di media compiacenti. (…) Citazione: »La libertà di espressione è classificata come dirompente per il governo e quindi la limita in modo tale che tutti preferiscano il silenzio piuttosto che partecipare al processo di formazione dell’opinione democratica. Avere un’opinione e parlare come si vorrebbe, ecco cosa rende un paese libero. I cacciatori di opinioni istituzionalizzate e esternalizzate sono la morte della libertà di espressione nel nostro Paese. L’anormale comprensione dei diritti fondamentali in alcune parti del nostro governo o del governo nel suo insieme ha immesso questi metodi. « L’esperienza che Alina Lipp sta vivendo ora con la presunta magistratura democratica della Repubblica federale di Germania è un’ulteriore prova della correttezza dell’opinione da lei espressa. Il governo della Repubblica Federale Tedesca è dominato dai nemici della democrazia, in cui l’ex Partito pacifista dei Verdi è ora rappresentato dai peggiori bellicisti.
Lettera all’editore degli abbonati online Hans Joachim R. di Amburgo (30 giugno 2022 21:12)
Sono 177.700 gli abbonati del canale telegram “Notizie dalla Russia” di Alina Lipp. All’inizio pensavo fosse una beauty influencer, poteva farlo anche lei, ma non lo fa. È così autentica quando si tratta dei suoi rapporti da »Notizie dalla Russia«, ci sono così tante informazioni lì dentro che il [giornale tedesco] Tagesschau non riporta e non vuole mostrare nei suoi innumerevoli servizi.
Lettera all’editore degli abbonati online Manfred G. da Amburgo Altona (30 giugno 2022 18:08)
Ciò che i politici borghesi ecc. chiamano “crimine di odio” non è altro che una critica al livello più basso [politico]. Chi non ha una vasta conoscenza ed educazione, ma un senso di ingiustizia – che sperimenta su sè stesso – non ha la possibilità di esprimersi in modo “educato” o “politically correct”. Usa la lingua con cui è cresciuto e comunica: un semplice linguaggio di strada. Sono critiche e nient’altro. Questo non ha nulla a che fare con il crimine o la violenza. Sono i politici e i loro apologeti diffondono odio. Sono loro che incoraggiano e sostengono l’ingiustizia, la guerra e le stragi di civili. Sarebbero da imprigionare i personaggi politici o bloccare i loro mezzi di sostentamento. In definitiva, il termine inventato (“crimine di odio”) ècon cui è partita l’accusa verso Alina] viene utilizzato per esercitare la censura e impedire la libertà di espressione.
Ognuno tragga le proprie conclusioni, personalmente credo il nostro sistema, quello in cui ci riconosciamo e che preferiamo, stia prendendo veramente una brutta china.
VPNews