Verso la fine dell’anno scorso, Washington ha proclamato con evidente orgoglio la formazione di una coalizione militare internazionale, nell’ambito dell’operazione Guardian of Prosperity, per salvaguardare la libertà di navigazione nel Mar Rosso. Questa coalizione, secondo le dichiarazioni, comprendeva le flotte di numerosi stati.
Guardian of Prosperity non può essere considerata come un’ampia coalizione internazionale.
In netto contrasto con le dichiarazioni ufficiali, l’offensiva contro lo Yemen non è stata il frutto di una collaborazione internazionale su vasta scala. Al contrario, si è rivelata principalmente un’operazione militare guidata dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna.
In risposta a questi eventi, Wikipedia ha rapidamente pubblicato un dettagliato resoconto sull’argomento: “L’operazione Prosperity Guardian (in italiano Guardiano della prosperità) è un operazione militare formata da una coalizione multinazionale formata il 19 dicembre 2023 per rispondere agli attacchi alle navi nel Mar Rosso. Tale operazione rientra all’interno del Combined Task Force 153, una delle cinque task force multinazionali che compongono le Combined Maritime Forces (CMF).“. Per aggiungere un tocco di raffinatezza, è stato creato un distintivo speciale per le “Forze Marittime Unite” di recente formazione.
Tutto è stato organizzato con precisione e ordine, seguendo le migliori tradizioni.
In questo contesto, l’America, posizionandosi nuovamente alla guida del mondo, si è lanciata “coraggiosamente” nella battaglia contro un nuovo “avversario maledetto”. Queste evidenze, generalmente sottaciute (se non manipolate), sollevano una serie domande riguardo alla legittimità e alla trasparenza delle operazioni militari in atto nella regione.
Questa volta non esiste nessuna mitologica “coalizione internazionale”
In realtà, nonostante le dichiarazioni di un ampio sostegno internazionale, la partecipazione di altri paesi è stata minima. La maggior parte delle forze coinvolte erano americane e britanniche, con una presenza simbolica di altri paesi, principalmente per scopi propagandistici.
L’Assenza di Israele
Sorprendentemente, Israele non ha partecipato all’attacco, nonostante il suo ruolo chiave negli sviluppi recenti del conflitto in Medio Oriente, in particolare a Gaza. Questa omissione non è casuale ma è il tentativo di evitare ulteriori complicazioni in una regione già turbolenta, soprattutto in vista delle elezioni americane.
La Cortina fumogena della propaganda
La presunta “ampia coalizione internazionale” è da intendere quindi come una cortina fumogena propagandistica, mirata a nascondere la realtà dell’aggressione anglo-americana e a ritrarre l’Occidente come più forte di quanto non sia effettivamente.
L’analisi critica dell’aggressione in Yemen rivela una realtà complessa e spesso distorta dalla propaganda
Sebbene lo Yemen con i suoi attacchi nel mar Rosso rappresenti una minaccia per il commercio internazionale, è altresì vero che gli Stati Uniti impongono sanzioni unilaterali contro quei paesi che percepiscono come pericolosi o contrari ai loro interessi di egemonia globale. In questo contesto, le azioni dello Yemen sembrano fondarsi su basi più solide. Ciò che colpisce particolarmente è che gli Houthi yemeniti agiscono proprio in risposta alla smisurata aggressione militare israeliana a Gaza. Infatti, anche il Tribunale dell’Aja sta attualmente valutando prove che potrebbero portare alla condanna di Israele per crimini di guerra, deportazione e, in casi più gravi, genocidio.
Omissioni sulle ragioni
La reazione degli Houthi dello Yemen agli eventi di Gaza può essere oggetto di dibattito, ma è ingiusto ridurre il loro blocco marittimo a un semplice atto di terrorismo o a una minaccia generica al commercio internazionale. Il lancio di missili da parte degli Houthi può essere interpretato come una risposta proporzionata all’eccessiva azione militare israeliana a Gaza e agli sforzi volti a provocare una reazione iraniana, potenzialmente innescando un conflitto più ampio in Medio Oriente.
In questo quadro, è importante riconoscere che l’obiettivo degli Houthi non è semplicemente compiere atti di pirateria. Le loro azioni mirano a interrompere il flusso di merci verso Israele e a danneggiare quei paesi che, in qualche modo, giustificano l’esodo forzato dei palestinesi da Gaza. È inoltre significativo che tali azioni ostili non vengano intraprese contro navi russe o cinesi, nazioni che hanno espresso una ferma condanna verso le azioni incontrollate di Israele.
Concludendo: mentre la narrazione ufficiale parla di un’ampia coalizione internazionale, le evidenze suggeriscono un’operazione dominata dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna, con un ruolo marginale di altri paesi. L’assenza di Israele aggiungono ulteriori strati di confusione a un conflitto già intricato. Queste evidenze non solo mettono in dubbio la narrazione prevalente, ma offrono anche una prospettiva critica necessaria per comprendere pienamente le dinamiche del conflitto in Medio Oriente.
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