L’uccisione di Nasrallah: una svolta nelle tensioni israelo-libanesi, tra provocazioni continue e prudenza iraniana

L’assassinio di Sayyed Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah, insieme al comandante Ali Karchi, è stato chiaramente un atto inqualificabile secondo il diritto internazionale ed al di fuori dalla prassi usata da stati che applicano lo stato di diritto.

Israele e la caccia ai leader di Hezbollah: un’operazione decennale

Israele, sin dalla guerra del 2006 contro Hezbollah, ha investito enormi risorse nell’intelligence e nella raccolta di informazioni mirate a indebolire la leadership dell’organizzazione. Come riportato dal New York Times, l’Unità 8200 e altri apparati di intelligence israeliani hanno sviluppato tecnologie avanzate per intercettare le comunicazioni di Hezbollah, individuare i nascondigli dei comandanti e trasmettere le informazioni in tempo reale alle forze sul campo. Questa strategia ha portato a decimare la leader del gruppo, culminando con l’uccisione di Nasrallah.

L’assassinio del leader di Hezbollah è stato il risultato di anni di operazioni segrete, droni e sorveglianza satellitare che hanno permesso all’aviazione israeliana di colpire l’obiettivo con precisione. Le azioni israeliane in Libano e in Siria, volte a neutralizzare Hezbollah e le forze iraniane, fanno parte di una più ampia strategia per consolidare la propria supremazia militare nella regione e difendersi dalle minacce poste dai gruppi sostenuti dall’Iran.

Lavrov: l’accusa di “terrorismo di stato”

La Russia ha reagito duramente all’accaduto. Il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, ha condannato l’assassinio di Nasrallah, descrivendolo come un atto di “terrorismo di stato”. Lavrov ha invitato Israele ad abbandonare tali metodi per regolare i conti politici, sostenendo che questi atti sono parte di una provocazione mirata a spingere l’Iran e Hezbollah a una reazione violenta, coinvolgendo gli Stati Uniti in un conflitto più ampio in Medio Oriente.

Lavrov ha detto chiaramente che le azioni di Israele non solo rappresentano  un rischio per la stabilità regionale, ma minacciano direttamente la pace globale. Le provocazioni israeliane – dall’attacco a Haniyeh a Teheran all’assalto contro la missione diplomatica iraniana a Damasco – rappresentano un piano orchestrato per spingere l’Iran e i suoi alleati in una guerra diretta, coinvolgendo gli Stati Uniti.

I Patti di Abramo e la Via del Cotone

Questa escalation può essere inserita nel contesto dei Patti di Abramo, un’iniziativa statunitense che mira a ristrutturare le alleanze in Medio Oriente a favore di Israele e dei Paesi sunniti del Golfo, come gli Emirati Arabi Uniti. Secondo alcuni osservatori, il vero obiettivo di Israele non è solo Hezbollah, ma anche il consolidamento di un corridoio strategico, la “Via del Cotone”  (l’alternativa americana alla via della seta che prevede l’unione dei porti dell’India agli Emirati per trasferire gas, petrolio e merci su rotaia fino alla costa mediterranea di Israele. Per realizzare quel progetto Israele avrebbe dovuto prendere il controllo di Gaza e liberarsi di Hamas e, soprattutto, di Hezbollah – a largo delle coste libanesi sono anche stati scoperti degli importanti giacimenti petroliferi – ), che collegherebbe l’India con il Mediterraneo, bypassando la rotta della seta cinese.

Per realizzare questo progetto, Israele deve eliminare le resistenze a Gaza e in Libano, assumendo il controllo delle risorse energetiche scoperte recentemente al largo delle coste libanesi. L’eliminazione di Nasrallah, così come di Hamas a Gaza, è vista come una mossa necessaria per il pieno successo della strategia israelo-americana.

Perché l’Iran non reagisce?

Nonostante le provocazioni israeliane, l’Iran ha mostrato finora una notevole moderazione nelle sue risposte. La ragione di questa prudenza va cercata nella realtà geopolitica della regione. Israele, dotato di armi nucleari e tecnologie militari avanzate, rappresenta una minaccia esistenziale per l’Iran, che ha infrastrutture industriali fragili e un’economia vulnerabile.

L’Iran, pur essendo capace di colpire obiettivi strategici in Israele e Siria, sa che una guerra totale potrebbe spingere Tel Aviv a usare la sua deterrenza nucleare. Di conseguenza, Teheran adotta una strategia di logoramento prolungato, sostenendo gruppi come Hezbollah, i cui combattenti, anche senza la leadership storica di Nasrallah, sono progettati per mantenere alta la pressione sui confini israeliani.

Del tutto condivisibile il punto di vista pubblicta su ‘X’ dall’analista geopolitico Patamares:

Molte persone si chiedono se Hassan Nasrallah sarebbe ancora vivo se l’Iran avesse colpito Israele dopo l’assassinio di Haniyeh.

1. Israele non è uno scherzo. È una potenza nucleare con armi avanzate.

2: L’Iran è un’economia da 90 milioni con infrastrutture industriali fragili. È il paese che equipaggia tutte le forze che combattono Israele.

3: Armi come l’Air-Lora [un missile quasi-balistico a guida GPS/INS sviluppato da Israele] significano che Israele può raggiungere l’Iran e l’Iran può al massimo fornire solo una protezione puntuale di oggetti molto importanti contro tali armi.

4. Se scoppiasse una guerra totale, Israele correrebbe una minaccia esistenziale. Utilizzerebbe sicuramente le sue armi nucleari se la situazione diventasse troppo critica.

5. Israele ha utilizzato un mezzo di sabotaggio segreto per assassinare Haniyeh e non se ne è assunto alcuna responsabilità. Nell’attacco del 1° aprile contro l’ambasciata iraniana a Damasco, Israele non si è assunto alcuna responsabilità, ma è stato dimostrato che solo l’esercito israeliano poteva esserne responsabile.

6. L’attacco missilistico dell’Iran di aprile è stato sproporzionato nel senso che uno degli obiettivi principali era quello di costringere Israele a specare una grande quantità dei suoi costosi e rari intercettori di difesa missilistica di primo livello.
Ma l’impatto reale è stato proporzionale o addirittura inferiore: colpire le risorse militari (o le infrastrutture di supporto) utilizzate per colpire il complesso dell’ambasciata.
Una dimostrazione di capacità contro una potenza nucleare con una profondità strategica superficiale molto fragile. Attentamente calibrata per non far degenerare ulteriormente le cose.

7. Una potenza nucleare aggressiva con un esercito forte viene sconfitta al meglio tramite una guerra prolungata direttamente ai suoi confini. Mettendo a dura prova la sua economia e logorando il fronte interno. Con o senza la sua vecchia leadership, Hezbollah è progettato per fare esattamente questo.

‘Ad alcune persone non piacerà sentire queste cose, ma è una questione di vita o di morte, non un gioco al computer’.

L’intervento russo in Siria: l’abbattimento dei missili israeliani

Intanto è accaduto un fatto nuovo nell’area e precisamente nei cieli della Siria. Negli ultimi giorni, i sistemi di difesa aerea russi S-400 hanno abbattuto 13 missili israeliani diretti contro obiettivi iraniani sul territorio siriano. Questo sviluppo indica un cambiamento nella postura militare russa, che fino a poco tempo fa aveva mantenuto una posizione più neutrale nei confronti delle operazioni israeliane in Siria.

La presenza delle forze russe a Tartus e Khmeimim, basi strategiche nel Mediterraneo, ha sempre rappresentato una chiara affermazione della volontà di Mosca di proteggere i propri interessi nella regione e contrastare l’espansione l’egemonia occidentale che punta al mantenimento della destabilizzazione in medio oriente. Non è un caso che l’abbattimento dei missili israeliani sia avvenuto in un’area di estrema sensibilità per la Russia, dove si trovano mezzi navali fondamentali per la sua flotta mediterranea.

Considerazioni

L’uccisione di Nasrallah rappresenta l’ultimo atto in una lunga serie di scontri e provocazioni tra Israele e Hezbollah, ma le conseguenze di questo evento superano di gran lunga i confini del conflitto israelo-libanese. Esso coinvolge attori di rilevanza globale come la Russia, l’Iran e gli Stati Uniti, i cui interessi strategici sono profondamente intrecciati con la stabilità della regione. La strategia israeliana di destabilizzazione del Medio Oriente, sostenuta dalla pressione geopolitica statunitense, rischia di aprire una nuova fase di conflitto permanente, con ripercussioni che si estendono ben oltre il teatro di guerra locale.

Parallelamente, la situazione della società civile nella regione sta rapidamente deteriorando. In Libano, l’assedio israeliano ha spinto intere famiglie verso un esodo di massa, cercando rifugio al confine con la Siria. Tuttavia, la Siria stessa è un paese devastato dalle sanzioni e dalle guerre che hanno seguito i tentativi di rovesciamento da parte dell’Occidente. Questo movimento disperato di popolazioni vulnerabili riflette la gravità della crisi umanitaria che sta investendo il Medioriente e oltre.

In questo contesto, la condanna russa dei “metodi terroristici” di Israele assume una rilevanza strategica non indifferente. Nonostante sia pesantemente coinvolta nel conflitto ucraino, Mosca sembra determinata a difendere i propri interessi in Siria e a prevenire un’ulteriore destabilizzazione della regione. Le azioni provocatorie di Israele, con il rischio di allargare ulteriormente il conflitto, potrebbero mettere a rischio questo fragile equilibrio. È ancora incerto se l’Iran, finora estremamente cauto nelle sue reazioni, continuerà a mantenere questa linea di prudenza o se sarà spinto a rispondere con maggiore aggressività alle pressioni esterne.

Mentre scrivo queste righe, emerge una notizia allarmante: Israele ha intensificato i suoi attacchi, colpendo non solo Hezbollah, ma estendendo i bombardamenti a vaste aree del Libano e dello Yemen in modo indiscriminato. Gli obiettivi principali sono infrastrutture cruciali, come impianti petroliferi e centrali elettriche. In questo scenario, la prudenza dell’Iran rischia di trasformarsi in una tragedia su scala ancora maggiore, con l’annientamento di intere nazioni e popolazioni. Già prima di questi attacchi, il Libano era afflitto da una grave crisi energetica, con una carenza cronica di elettricità che paralizzava il paese. Ora, il bombardamento indiscriminato di centrali elettriche e altre infrastrutture vitali non fa che aggravare una situazione già insostenibile.

Le conseguenze di questa escalation sono devastanti. A fronte di un esercito moderno che colpisce popolazioni inermi, le perdite di civili si accumulano, mentre intere comunità vengono ridotte alla miseria, costrette a lottare per la mera sopravvivenza. Ci troviamo di fronte a una crisi umanitaria senza precedenti, in cui la vita di milioni di persone è messa a repentaglio da una guerra che non sembra più avere limiti. La situazione, ormai fuori controllo, rischia di trasformarsi in una lotta disperata per la sopravvivenza fisica di interi popoli, una tragedia che potrebbe segnare profondamente il futuro del Medio Oriente.

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