Mi ha colpito il non lusinghiero giudizio che l’articolo “Costosi e impreparati: chi vuole da noi i medici cubani” pubblicato sulla Nuova Bussola Quotidiana, riserva ai medici cubani giunti in Italia per aiutarci contro l’epidemia Covid-19.
Lo stesso articolo nel ‘colletto’ dice:
” L’arrivo dei camici bianchi da Cuba e Cina è stato fatto passare come la panacea di tutti mali. Ma è falso: rientra nel piano di ideologizzazione portato avanti dalle due dittature e costato all’Italia anche parecchi soldi. Invece resta inspiegabile perché siano stati rifiutati i 200 medici venezuelani, esuli, preparati e perfettamente integrati”.
Allora, vediamo di fare chiarezza:
Innanzitutto, cosa sappiamo? Quello che sappiamo è che un’aliquota di personale sanitario cubano appartenente alla Henry Reeve International Medical Brigade – precisamente: 23 medici di medicina generale, 3 pneumologi, 3 medici di terapia intensiva, 3 infettivologi, 3 medici esperti in urgenze e 15 infermieri – è venuta in Italia in nostro aiuto, in risposta ad una richiesta urgente del nostro Paese per l’ emergenza coronavirus.
Chi è l’autore dell’articolo? L’articolo è a firma della giornalista Marinellys Tremamunno, italo-venezuelana, dissidente, che chiama sul profilo FB i medici cubani che sono venuti in Italia, ‘medici in accappatoio’.
Nella sua nota biografica la Nuova Bussola Quotidiana dice che le autorità venezuelane gli hanno chiuso il giornale che aveva fondato.
La giornalista in Italia ha molte referenze ed è una giornalista molto preparata e professionale ma sicuramente ha le sue legittime posizioni politiche, comprensibilmente anche a causa delle sue vicende vissute.
E quindi? Beh l’articolo è abbastanza viziato da un certo risentimento e non esprime uno sguardo cattolico sulla vicenda, ovvero non ha uno sguardo che salva-guarda (Ubi amor, ibi oculus): la realtà deve, essere in primo luogo amata e riconosciuta nella sua ferma positività. Per questo occorre una ragione che riesca a dare ragione della totalità dei fattori in gioco, una ragione come coscienza della realtà nella totalità dei suoi fattori.
1^ evidenza: il contenuto dell’articolo va approfondito ma sicuramente ciò che risalta immediatamente – almeno a me – è che chi scrive è la persona meno ‘serena’ per giudicare questa vicenda con pacatezza.
2^ evidenza: sottolineare criticamente una data ideologia si può positivamente fare in una infinità di contesti, ma nel caso che stiamo esaminando – una equipe che viene in aiuto – questo è quanto mai meschino. Sono cose che legittimamente si possono fare quanto meno a bocce ferme, esaminando l’operato, ma mai in anticipo e in queste circostanze.
In secondo luogo, qui non si parla solo di opportunità e di ragionevolezza ma semplicemente: come si può comunque dimenticare che queste persone sono venute nel nostro paese lasciando i loro affetti a casa e rischiano la vita per il noi?
Ma ancora più in fondo io e credo tutti voi, abbiamo sperimentato in questi giorni che le circostanze legate alla pandemia coronavirus, costituiscono un terreno inesplorato: ci fanno sentire tutti bisognosi l’uno dell’altro; l’isolamento ed a volte l’angoscia ci fanno capire ciò di cui abbiamo veramente bisogno, della precarietà della nostra esistenza e del bisogno di uno sguardo umile.
Io mi farei ispirare dalla riflessione di Papa Francesco stasera a p.zza S. Pietro, personalmente mi sento più ispirato più per sentimenti di solidarietà, di unità come uomini in questi giorni drammatici .
(…) La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente “salvatrici”, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità. Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli. (qui video)
3^evidenza- Immaginiamo per ipotesi che una equipe di medici italiani – in soccorso di una qualunque emergenza – vada in un paese comunista e che essi appena aver messo piede in quel paese, vengano accolti dai media come impreparati, ‘sporchi capitalisti’, imperialisti e affini.
Quale sarebbe il sentimento dell’opinione pubblica o del governo di quel paese?
La risposta è semplice: dopo aver appreso di quei ‘poco lusinghieri’ giudizi la risposta è che etichetterebbero il nostro paese come ingrato.
E l’ingratitudine creerebbe le premesse per cosa? Sicuramente non aprirebbero una nuova era di comprensione (auspicata dal Papa ma in realtà è l’unica soluzione dettata dalla ragione per uscire da questo tempo buio).
4^ evidenza: i medici cubani non hanno nemmeno cominciato il lavoro e già si è stabilito che sono ”impreparati”.
Beh, vedremo sul campo se i medici cubani sono impreparati. Ma fino ad adesso cosa abbiamo? Sappiamo che sono della Henry Reeve International Medical Brigade. E’ una equipe appositamente creata per emergenze virus. Ha ricevuto dalla World Health Organization (WHO) il prestigioso Lee Jong-wook Memorial Prize for Public Health in virtù dello straordinario contributo del personale medico cubano alla lotta contro il virus Ebola in Liberia, Sierra Leone e Guinea…
Infine, la faccenda dei 200 medici venezuelani rifiutati: i medici venezuelani , appartenenti alla Ong di Marynellis all’epoca della richiesta non sono stati in grado di convalidare i loro titoli in Italia. Non lo dico io ma Gallera, l’assessore lombardo per il Welfare (vedi qui https://cinquewnews.blogspot.com/…/coronavirus-medici )
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