Segue la meditazione dell’arcivescovo mons. Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme, per la prima domenica di quaresima, anno C, 10 marzo 2019:
Patriarcato Latino di Gerusalemme
La prima domenica di quaresima (Lc 4: 1-13) conduce con la storia delle tentazioni, segnando la prima tappa di questo viaggio che ci conduce alla Pasqua del Signore.
Sottolineiamo alcuni elementi, che possono aiutarci ad entrare nel tema di oggi e, quindi, nel tempo che inizia oggi.
L’evangelista Luca, come gli altri sinottici, mette la storia delle tentazioni prima dell’inizio della vita pubblica di Gesù.
E questo per dire che prima di iniziare la sua missione, Gesù deve fare una scelta, deve orientarsi sul sentiero, deve scegliere quale stile messianico vuole dare al suo ministero.
La tentazione entra nel mondo, fin dall’inizio, come leggiamo nel capitolo 3 del Libro della Genesi, come la possibilità di una scelta diversa, diversa dal disegno originale di Dio, dal modo in cui ha pensato e creato l’uomo, a Sua immagine e somiglianza.
Anche Gesù deve scegliere, quindi, e il diavolo non gli risparmia questa prova. Ma, a differenza degli altri Sinottici, Luca conclude il periscopio, dicendo che “dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al tempo stabilito” (Lc 4, 13).
Qualunque sia il tempo stabilito, è lo stesso Luca a suggerirlo: mentre in Matteo, infatti, dopo la prima tentazione nel deserto, il diavolo porta immediatamente Gesù “nella città santa” (Mt 4, 5), in Luca il le ultime due tentazioni sono invertite e Luca pone il culmine del processo a Gerusalemme, dove il diavolo pone Gesù sul punto più alto del tempio (Lc 4: 9).
L’intero viaggio di Gesù nel terzo Vangelo, come vedremo più volte durante l’anno, non è altro che un viaggio verso Gerusalemme, dove Gesù sa che ha un appuntamento, che si aspetta.
Anche sulla croce, come oggi nel deserto, a Gesù sarà chiesto di salvare se stesso, non di essere un uomo come nessun altro, di scegliere, almeno questa volta, la via del potere, il sensazionale e il miracoloso; Gli sarà chiesto di scendere dalla croce, e questo, tre volte (Lc 23, 35-39), proprio come nel deserto, Gesù è tentato tre volte dal diavolo.
A Gerusalemme Gesù affronta la prova ultima, e conferma che vuole ciò che sceglie oggi: non una vita centrata su se stesso, una vita fatta da sé, ma una vita ricevuta dal Padre e affidata a Lui.
E a Gerusalemme, la prova sarà terribile perché il prezzo della fedeltà alla scelta originale sarà la morte sulla croce: lì Gesù giudicherà che questa fedeltà vale più della propria vita e invertirà completamente la logica del diavolo.
Se, infatti, il diavolo, nelle tentazioni di oggi, invita Gesù a usare il potere che viene dal suo essere il Figlio di Dio per salvarsi, per evitare il limite e la fatica di essere un uomo, Gesù sceglierà a Gerusalemme il percorso di limitazione della debolezza e della morte come modo di esprimere pienamente la sua obbedienza al Padre, la sua illimitata fiducia in Lui; per esprimere pienamente il significato ultimo di un’umanità che si realizza non facendo se stessa, ma in una relazione di discendenza umile e fiduciosa con il Padre.
Da dove viene questa consapevolezza di Gesù, che dà consistenza alle sue scelte? Luca ci suggerisce due risposte .
La prima è la menzione dello Spirito, che ritorna due volte in questo passo (Lc 4: 1): Gesù non è solo, ma è continuamente indirizzato al Padre grazie allo Spirito che dimora in Lui. La solitudine del deserto è il luogo in cui Gesù sperimenta con maggiore potenza la presenza del Padre, la forza della relazione con Lui.
Il secondo è chiaramente collegato alla Parola: Gesù risponde al diavolo non nelle sue stesse parole, ma dalle Scritture. In realtà, le sue parole non sono altro che citazioni del Deuteronomio. Gesù non risponde con le sue parole, ma con la Parola di Dio Padre.
La tentazione che spingerebbe una persona ad ascoltare e fidarsi di un’altra voce che non è quella del Padre, non può essere superata con il potere, con l’astuzia, con la semplice intelligenza: attraverso questi soli mezzi potremmo essere solo perdenti, schiavi ancora una volta di fiducia in noi stessi. Il processo viene superato rimanendo in ascolto umile e paziente, alla verità del Padre, confidando in Lui.
Anche sulla croce, nella tentazione finale, Gesù userà queste stesse armi: le sue ultime parole (Lc 23,45) saranno la citazione del Salmo Ps 31: 6, una preghiera che ripropone la sua totale fiducia nella relazione con il Padre: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”.
+ Pierbattista
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