di Talal Khrais.
È doloroso assistere in Italia a uno spettacolo politico e non a una politica estera. Ricordo quando c’erano veramente personalità di grande spessore (poco conta qui distinguere se di destra o di sinistra) che avevano il coraggio di affermare una politica estera più autonoma che vedeva in primo luogo gli interessi della nazione.
Cosa abbiamo ottenuto affermando di essere europei e alleati degli Stati Uniti? Siamo andati in Iraq per contribuire alla sua distruzione, abbiamo partecipato alla guerra imperialista della Francia per il controllo di una parte dell’Africa demolendo quella che veniva chiamata la Giamahiria Araba Libica per trasformarla in un centro del terrorismo mondiale che sta alle nostre porte.
Cosa abbiamo fatto in Siria? Abbiamo forse introdotto la democrazia? No, abbiamo distrutto completamente il Paese e se non fosse per la Russia, il sedicente Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ossia l’ISIS/Daesh) avrebbe occupato tutto l’Iraq, la Siria e il Libano insieme. In questi tre Paesi il danno che ha comunque subito la popolazione civile è enorme. Se dobbiamo parlare di affari e occupazione, l’Italia ha perso questi tre mercati assai importanti.
Quando Renzi parla di una ripresa, non c’è da credergli: semplicemente lui mente perché la situazione è molto grave e stiamo perdendo un mercato dopo l’altro, per due motivi: il primo perché i Paesi in guerra comprano armi e non costruiscono certo progetti di sviluppo, il secondo perché un Paese che non sia dotato di una autorevole Politica Estera non può contare nell’economia mondiale.
Non posso che apprezzare la posizione della Santa Sede, contraria a tutte queste guerre e interferenze. È necessario “raggiungere una soluzione politica e diplomatica della crisi in Siria “: così si è espresso Papa Francesco – escludendo implicitamente un intervento militare – nel discorso di inizio anno agli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede. «Auspico che le contrapposizioni lascino spazio alla voce della pace e alla buona volontà di cercare intese», ha ribadito il Papa prima di elencare una serie di situazioni particolari nel discorso che tradizionalmente segna una cartina di tornasole dell’agenda geopolitica internazionale della Santa Sede.
La misura del problema si è presto presentata con le nuove tensioni internazionali.
Di fronte alla tensione creata tra l’Arabia Saudita e la Repubblica Islamica dell’Iran cosa ha fatto l’Italia? Il raffronto è con altri due paesi che sono in primo luogo validi partner economici. Un paese come la Cina non poteva che scendere in campo e chiedere calma e moderazione ad Arabia saudita e Iran, ormai in piena crisi diplomatica dopo l’esecuzione dell’imam sciita Nimr Baqr al-Nimr e gli attacchi all’ambasciata e al consolato saudita nella Repubblica islamica. Pechino ha inviato un proprio rappresentante a Riad e Teheran, il vice ministro degli Esteri Zhang Ming, per sollecitare una soluzione della disputa attraverso il dialogo.
Zhang Ming ha espresso la speranza che Riad e Teheran possano compiere sforzi congiunti per risolvere la situazione in maniera distensiva. Un appello ribadito anche nella capitale iraniana, da dove il vice ministro cinese ha chiesto a tutte le parti coinvolte di lavorare insieme per salvaguardare la pace e la stabilità regionale.
“«Era sbagliato l’ostracismo verso l’Iran. Ed è divenuto insostenibilmente sbagliato con il passaggio dal conservatore Ahmadinejad al riformista Rohani. L’ostracismo era dettato non dagli interessi dell’Occidente, ma da quelli dei due alleati dell’Occidente: Arabia Saudita e Israele. I quali, più che alleati, si sono rivelati due problemi». Lo afferma l’ex premier Massimo D’Alema, in un’intervista al Corriere della Sera. Per D’Alema la sfida dell’Arabia Saudita all’Iran «è un conflitto di potenze che tende a degenerare in un conflitto religioso; e i conflitti nazionali ammettono risoluzioni, quelli religiosi no. Eppure sciiti e sunniti hanno convissuto per secoli.
La vera questione é l’egemonia nell’area. L’Arabia Saudita teme l’ascesa dell’Iran. Inoltre per D’Alema «fino a quando resterà questa tensione tra Arabia Saudita e Iran, l’ISIS non sarà sconfitto. Purtroppo gli USA hanno commesso errori gravissimi nella regione, dalla guerra in Iraq alla scelta del governatore Bremer – il quale non passerà alla storia come un genio – la scelta cioè di liquidare, con Saddam, anche lo Stato e l’esercito iracheno. Oggi alcuni capi dell’ISIS sono ex ufficiali di Saddam». E aggiunge: «L’estremismo dell’ISIS ha una radice culturale nell’islamismo più retrogrado – aggiunge -, che ha il suo epicentro proprio nel Golfo. Questo non vuol dire che sia un’ emanazione del regime saudita; ma non dimentichiamo che gran parte degli attentatori delle Twin Towers provenivano dalla migliore élite saudita».
Le parole di D’Alema, piacciano o no, almeno sembrano parlare di una riconoscibile Politica Estera.
Anche se parla a nome dell’Europa e non dell’Italia, anche Federica Mogherini, dal pulpito di Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, cerca di dire qualcosa. Ad esempio, che le sanzioni economiche contro Teheran saranno tolte abbastanza presto: lo ha detto dopo consultazioni con gli iraniani e gli americani. Parlando da Praga, la responsabile della politica estera dell’Ue ha detto che non c’è ancora una data, ma che l’attuazione dell’accordo «sta procedendo bene».
Mogherini ha aggiunto che è necessario che tutti i passi previsti dall’accordo siano «fatti come si deve». Ha ancora fresco il ricordo di come si è giunti a quell’accordo: passo dopo passo, con prudenza.
L’Italia dovrà seguire da vicino i prossimi passi, perché con la fine delle sanzioni si aprirà tutto un mondo di relazioni nuove.