Signor Presidente della Confindustria, Signore e Signori,
la data del 27 giugno, giorno antecedente al Consiglio d’Europa, si è mostrata un ostacolo all’adempimento del mio impegno di partecipare a questo incontro. In questo stesso momento mi trovo alla Camera per raccogliere la volontà dei Deputati sulla posizione che il Governo, tramite il suo Presidente, assumerà nel prossimo vertice del 28-29.
Nondimeno desidero che giunga a questo consesso, insieme alle mie scuse per l’involontaria assenza, un mio breve messaggio.
1° Il Capitolo 2 del Rapporto sul “Come e perché rafforzare l’Europa” è la migliore più recente analisi che ho letto in argomento. Ho temuto che in Italia non si potesse neanche discutere di questo argomento e la lettura del documento mi ha rasserenato e incoraggiato ad affrontare i problemi in discussione a Bruxelles uscendo dal contingente e inquadrandoli nella necessità e urgenza di mutamenti dell’architettura istituzionale dell’UE. Congratulazioni quindi agli autori del Capitolo e alla Presidenza che ha voluto questo incontro-dibattito.
2° Il primo, il terzo e il quarto blocco dell’Introduzione contengono una sintesi dei contenuti delle materie europee che attendono d’essere regolate. Sono perciò un’ottima agenda delle scelte che devono essere fatte. Ovviamente non significa che concordo con tutte le iniziative proposte come soluzione, ma se siamo d’accordo sugli obiettivi, sugli strumenti tecnici si può trovare un accordo.
3° Concordo che le soluzioni non sono “impossibili”, ma sono “difficilmente realizzabili”. Nonostante tutti concordino, soprattutto all’estero, sull’incompletezza dell’architettura dell’Unione, tutti però si fermano sulla soglia della risposta da dare nel caso in cui le soluzioni si dimostrassero non praticabili. Trovo questa esitazione di una drammaticità preoccupante. L’impreparazione ad affrontare ogni possibile evento negativo non è mai un buon segno l’incapacità dei gruppi dirigenti di un paese ad affrontare i problemi che ne legittimano il ruolo.
4° Condivido la valutazione che l’impianto iniziale dell’euro non teneva conto né della non ottimalità dell’euroarea, né dei modi per difendersi dagli shock esterni. Si ritenne che il mercato comune operante entro i vincoli fiscali posti al livello del deficit e del debito pubblico e che una politica monetaria autonoma avrebbero consentito il superamento della non ottimalità dell’area monetaria. Non ho mai creduto alla fondatezza di questa “speranza”, ma il mio “dubbio laico” mi ha spinto ad attendere che i proponenti di questa linea politica provassero in pratica la validità delle loro attese e che, qualora non fossero riusciti a farlo, avrebbero tratto le dovute conseguenze. Ciò non è accaduto e oggi costoro rifuggono dal dovere di suggerire le soluzioni avanzando argomenti speciosi, paure e minacce di crisi incombenti. Se queste crisi si manifestassero, sarebbero la conferma dell’esistenza di difetti di architettura istituzionale europea.
5° La mia tesi è che lo Statuto della BCE debba essere adeguato negli obiettivi e negli strumenti assegnati a quelli di cui dispongono le principali banche centrali. Draghi ha fatto un ottimo lavoro nei limiti del mandato assegnato alla BCE, ma i poteri di cui avrebbe dovuto disporre richiedono d’essere rafforzati.
6° La politica dell’offerta (le riforme) che viene costantemente invocata è l’essenza della politica europea corrente e non può produrre gli effetti sperati senza una politica della domandacentrata su investimenti atti a colmare i divari di crescita reale interni e verso l’esterno. Si veda in proposito la raccolta di scritti di Franco Modigliani e Giorgio La Malfa curata dalla Fondazione Ugo La Malfa e l’analisi seminale pubblicata nel 1989 da Paolo Baffi sulla Stampa per mettere in guardia il Paese e l’Europa soprattutto dalla politica del cambio che andava abbracciando. Su questo importante aspetto del problema europeo la copertura che proviene dalla teoria economica e dalle esperienze pratiche è totale. Ritenere che il problema possa essere risolto con la nomina di un Ministro europeo della finanza, che sia guardiano della politica dell’offerta, mi sembra un rafforzamento di una impostazione inadeguata. Né un’unione bancaria europea che si fondi sull’abbassamento del rischio bancario valutato meccanicamente su cinque parametri, né l’offerta di creare una Fondo Monetario Europeo che intervenga imponendo condizionalità per garantire le riforme ancor meno possono ovviare all’assenza di una politica della domanda. Per avviare una politica della domanda l’UE si deve dotare di mezzi propri, altrimenti manca la possibilità di imprimere spinte esogene alla crescita macroeconomica. Non nego l’importanza degli obiettivi di stabilità perseguiti, ma ritengo che essi non possano essere raggiunti in modo avulso dalla scelta di strumenti adeguati, che dipendono dall’architettura istituzionale dell’UE. Anche per questo aspetto molti aspetti del documento oggi in discussione sono meritevoli di considerazione.
7° A questo proposito aggiungo un particolare apprezzamento per l’ampia analisi avanzata su come funziona il sistema federale americano; questo caso ha rappresentato per me un costante riferimento, anche per gli insegnamenti di Jan Kregel, già membro autorevole del Centro Studi Confindustriale e ora direttore del Centro Studi intitolato al grande esperto di problemi bancari Hyman Minsky presso il Bard College di Annandale on Hudson. Suggerisco di meditare gli scritti di Kregel, anche recenti, sull’euro e sulla politica fiscale.
8° Il dibattito sulla strategia che deve seguire il Governo in Europa ha registrato alcuni progressi negli ultimi scritti degli economisti-cronisti italiani. Spero che questo sia il risultato di una migliore presa di coscienza sul da farsi indotta dalla pesante situazione economica e politica che l’Italia si trascina in particolare da un decennio, soprattutto dal lato finanziario. Tuttavia ancora non emerge l’importanza di un punto centrale del problema qui sollevato: esiste una stretta relazione tra architettura istituzionale dell’UE e la sua politica. Agire solo sulla seconda è un compito defatigante e per molti versi inutile, se non proprio pericoloso per la coesione europea e il futuro dell’Italia.
Grazie per l’attenzione e buon lavoro.
Paolo Savona