fonte ” Libre “
Chi ha usato le armi chimiche alla periferia di Damasco il 21 agosto 2013? Riuniti in emergenza all’Onu su richiesta degli occidentali, racconta il giornalista francese Thierry Meyssan, gli ambasciatori sono rimasti sorpresi nel vedere il loro collega russo presentar loro delle foto satellitari che mostrano il tiro di due obici alle ore 01:35 del mattino, dalla zona ribelle di Duma verso le zone ribelli colpite dai gas, cioè Jobar e l’area compresa tra Arbin e Zamalka, in orari coincidenti con la strage. Le foto, aggiunge Meyssan, non ci consentono di sapere se quei cannoni fossero stati dotati di proiettili chimici, ma lasciano pensare che la “Brigata dell’Islam” che occupa Duma abbia preso ben tre piccioni con una fava: rimuovere il sostegno dei suoi rivali in seno all’opposizione, far accusare la Siria di aver fatto ricorso alle armi chimiche e interrompere l’offensiva dell’esercito siriano volta a liberare la capitale.
Come Israele, anche la Siria non ha mai firmato la convenzione internazionale contro le armi chimiche. Ne possiedono ampie scorte gli stessi jihadisti, come ha confermato il giudice Carla Del Ponte. A dicembre, il cosiddetto Esercito Siriano Libero aveva diffuso un video che mostrava un laboratorio chimico e minacciava gli alawiti. Questa settimana, il governo ha scoperto parecchi nascondigli di armi chimiche, maschere antigas e antidoti nei sobborghi di Damasco. Provenienza del materiale: Arabia Saudita, Qatar, Stati Uniti e Olanda. «E’ d’altronde su richiesta del governo siriano, e non degli occidentali, che gli ispettori dell’Onu sono presenti in Siria», precisa Meyssan in un intervento ripreso da “Megachip”. Altri sospetti provengono dalla Turchia, dove già a maggio la polizia aveva arrestato decine di membri del “Fronte Al-Nusra”, milizia schierata in Siria per rovesciare Assad, sequestrando armi chimiche che dovevano essere utilizzate proprio nel territorio siriano.
Se ora Obama sostiene che Assad avrebbe “oltrepassato la linea rossa” delle armi chimiche, e intanto sposta la flotta USA verso le coste siriane col pieno consenso di Gran Bretagna e Francia, il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov manifesta tutto il suo stupore sul fatto che Washington si pronunci prima della relazione degli ispettori Onu, e avverte che un intervento occidentale nella regione avrebbe «conseguenze estremamente gravi». Lo stesso messaggio è stato rivolto da Putin al premier inglese Cameron e dal viceministro degli esteri cinese Li Baodong al suo omologo statunitense, Wendy Sherman. E anche il pontefice, Papa Francesco, raccomanda apertamente di evitare l’intervento militare occidentale in Siria. La Nato dunque si prepara all’aggressione senza il mandato dell’Onu, come fece in Jugoslavia? Per Meyssan è poco probabile, «perché all’epoca la Russia era in rovina». Oggi, «dopo aver pronunciato tre veti per proteggere la Siria», Mosca «dovrebbe intervenire», se non vuole «rinunciare a qualsiasi azione internazionale». Tuttavia, lo stesso Lavrov «ha saggiamente scartato una terza guerra mondiale». Il ministro degli estesi di Mosca dice che il suo paese non è pronto a entrare in guerra contro chiunque, neanche per tutelare Damasco. Quindi, quello russo potrebbe essere «un intervento indiretto a sostegno della Siria, come ha fatto la Cina durante la guerra del Vietnam».
Anche per l’Iran, la “linea rossa” da non oltrepassare è l’attacco Nato alla Siria, pena «gravi conseguenze». Certo, Teheran «non ha né le risorse della Russia, né le sue alleanze, ma fa sicuramente parte delle prime 10 potenze militari mondiali», spiega Meyssan. «Pertanto, attaccare la Siria significa prendersi il rischio di ritorsioni contro Israele e di rivolte in gran parte del mondo arabo, specie in Arabia Saudita», come dimostra il recente intervento della forza libanese di Hezbollah e dei palestinesi. Per Assad, l’accusa di aver usato armi chimiche rappresenta «un insulto al buon senso e una mancanza di riguardo nei confronti dell’opinione pubblica occidentale». Insinuazioni pericolose, senza uno straccio di prova, e anche stupide: perché mai Damasco avrebbe compiuto un simile atto di autolesionismo, esponendosi all’imputazione di strage? In Russia, il presidente della Commissione Affari Esteri della Duma, il giornalista ed esperto di geopolitica Alexei Pushkov, commenta su Twitter: «Washington e Londra hanno dichiarato Assad colpevole ben prima delle conclusioni degli ispettori dell’Onu». Dunque, «non accetteranno altro che un verdetto di colpevolezza: qualsiasi altro verdetto sarà respinto».
Nonostante ciò, la guerra in Siria continua a presentarsi come un pessimo affare: anche se farà impennare il mercato degli armamenti, la distruzione della Siria non promette un apprezzabile “ritorno” sugli “investimenti” bellici. Secondo un sondaggio Reuters/Ipsos condotto dopo la strage delle armi chimiche, il 60% degli statunitensi si oppone a un intervento in Siria, sostenuto con decisione solo da 9 americani su 100. Anche se il mainstream riuscisse a convincere l’opinione pubblica della colpevolezza di Assad, continua Meyssan, quasi un americano su due resterebbe contrario all’intervento armato, che – di fronte a eventuali prove contro Damasco – convincerebbe solo un cittadino su quattro. Lo stesso sondaggio indica che gli statunitensi apprezzano ancora meno la guerra segreta: addirittura l’89% dichiara che non si dovrebbe più armare i ribelli. Bocciate, dai cittadini americani, tutte le opzioni belliche: raid aerei, no-fly zone, creazione di una forza multinazionale, intervento diretto degli USA. Stessa musica in Francia, come si apprende dal sondaggio lanciato da “Le Figaro”, pure edito dal mercante d’armi Dassault: l’intervento occidentale in Siria convince solo due francesi su dieci, gli altri restano contrari. Per cui, conclude Meyssan, «sarà sicuramente difficile, per gli occidentali, rovesciare l’orientamento della loro opinione pubblica ed entrare in guerra».
Altra interpretazione possibile: alcuni video che mostrano le vittime degli attacchi chimici si sono diffusi su Internet poche ore prima degli attacchi. «Sarà sempre possibile per gli occidentali “scoprire” l’inganno nel tempo e far marcia indietro, ma il caso delle armi chimiche in Iraq ha dimostrato che gli occidentali potevano mentire alla comunità internazionale e ammetterlo poi senza danno né pena una volta maturato il fatto compiuto». Dettaglio: le accuse degli jihadisti e dei loro sponsor occidentali sono intervenute non appena l’esercito siriano ha lanciato una grande offensiva, “Scudo di Damasco”, per liberare la capitale. Il colpo dei due obici della “Brigata dell’Islam” corrisponde all’inizio dell’offensiva, durata cinque giorni e finita con almeno 1.500 vittime, tra morti e feriti, nelle file dei guerriglieri anti-Assad. Il clamore sulle armi chimiche? Serve a nascondere la sconfitta dei miliziani e tentare di paralizzare l’offensiva siriana. Poi ci sono i calcoli di Washington: che, oltre alla reazione di Russia e Cina, vuole testare anche quella dell’Iran dopo l’elezione di Sheikh Hassan Rohani, allineato alla posizione anti- Usa dell’ayatollah Alì Khamenei.
Nella guerra in Libia, Meyssan ammette di aver «sottovalutato la capacità degli Stati Uniti di violare tutte le regole, comprese quelle della Nato», dopo aver scoperto che in una riunione segreta del Consiglio Atlantico, alla sede Nato di Napoli, il vertice statunitense pianificò il bombardamento di Tripoli insieme a Gran Bretagna, Francia, Danimarca, Turchia, Israele, Qatar e Giordania, senza avvertire gli altri alleati Nato, contrari a un bombardamento massiccio sulla capitale libica. Risultato: «In pochi giorni, la presa di Tripoli ha fatto almeno 40.000 morti, secondo i rapporti interni della Croce Rossa». Un dispositivo simile, aggiunge Meyssan, è forse in corso di allestimento oggi per la Siria: «I capi di stato maggiore all’incirca degli stessi paesi, più l’Arabia Saudita e il Canada, si sono riuniti da domenica fino alla sera del 27 agosto ad Amman, sotto la presidenza del comandante del CentCom, il generale Lloyd J. Austin III». Sul tavolo, «i dettagli di cinque possibili opzioni». Ovvero: forniture di armi ai contras, bersagli mirati, istituzione di una no-fly zone, creazione di zone cuscinetto, invasione terrestre. A partire dal “Times” di Londra, la stampa atlantista fa appello alla guerra: sarà dunque Obama ad eseguire il piano messo a punto da George W. Bush già il 15 settembre 2001, quando – come rivelò il generale Wesley Clark – gli USA avrebbero invaso prima l’Afghanistan e l’Iraq, poi anche la Libia e la Siria? Difficile dirlo: perché, per la prima volta, il “bersaglio” (Damasco) «dispone di forti alleanze».
Con tutto ciò, aggiunge Meyssan, la nuova retorica bellicista degli USA contraddice tutti gli sforzi di prudenza prodotti dall’amministrazione Obama: l’impegno per la conferenza di pace di Ginevra, le dimissioni del generale David Petraeus e dei sostenitori della guerra segreta, la non riconferma di Hillary Clinton e degli ultra-sionisti, la rimessa in causa degli oppositori irriducibili a un’alleanza con la Russia, in particolare in ordine alla Nato e allo scudo antimissile. La svolta militarista di Obama contraddice anche gli sforzi di John Brennan per disgregare la guerriglia siriana, esigere l’abdicazione dell’emiro del Qatar e frenare l’invadenza dell’Arabia Saudita. Da parte siriana, dice Meyssan, ci si prepara ad ogni evenienza, compreso un bombardamento Nato contro i centri di comando e i ministeri, coordinato con un assalto degli jihadisti contro la capitale. «Tuttavia, l’opzione più probabile non è lo scatenamento di una guerra regionale che oltrepasserebbe le potenze occidentali: è semmai un attacco in autunno, sotto la supervisione dell’Arabia Saudita e approvato dai combattenti che essa recluta attualmente. Alla fine, questa operazione potrebbe essere sostenuta dalla Lega araba».
http://www.libreidee.org/2013/08/meyssan-ma-gli-occidentali-sono-pronti-a-colpire-damasco/