di Sabino Paciolla
“Prima o poi morirete tutti, entreremo nelle vostre case e vi uccideremo e mangeremo i vostri cadaveri… Allahu akbar”, così aveva gridato ad una guardia carceraria Mahmoud Jebali, 31enne tunisino che scontata la pena nel carcere di Padova è stato espulso l’altro giorno dall’Italia perché sospettato di essere un terrorista.
Mahmoud Jebali, privo di permesso di soggiorno, è entrato in Italia in maniera irregolare dal porto di Lampedusa, dopo aver affrontato la traversata del canale di Sicilia con un barcone. Jebali è finito in carcere per una serie innumerevoli di reati. In quell’ambiente è diventato un imam ed il leader di un gruppo di islamici.
Caso sporadico? No. Vi sono state già altre storie simili. Tra l’altro, le statistiche ci dicono che gli immigrati delinquono di più dei nativi. Si veda la ricerca intitolata Crimine e Immigrazione in Italia, realizzata dal sociologo della Sapienza Luigi Maria Solivetti.
Nel caso dell’imam espulso, ai reati comuni si unisce la religione che, insieme, producono un mix esplosivo nel senso letterale del termine che si chiama terrorismo.
Davanti a storie come queste, una qualsiasi persona, un normale cittadino rimane colpito, e qualche interrogativo se lo pone.
Eppure, essere prudenti, porsi qualche problema, invocare uno stop all’immigrazione sregolata, non stare al ricatto imposto da altri paesi europei è diventato motivo per essere colpevolizzati. Leggiamo infatti frasi come queste: “malattia mentale collettiva”, “disturbo della personalità che non colpisce solo gli individui ma l’intera società”, “perdere il contatto con il senso di umanità significa anche perdere il contatto complessivo con la realtà”, “se diventiamo disumani”, “follia collettiva che sembra essersi impadronita della nostra società”, “predicatori d’odio” e, infine, seminatori di “paura”.
Queste parole sono state scritte in seguito all’impasse dei 49 profughi fermi nelle acque maltesi (si badi bene, maltesi, non italiane). Sono, però, le stesse parole che sentiamo da mesi sulla questione dei migranti. Parole che francamente hanno un po’ stancato, tanto sono stucchevoli e distanti dalla realtà.
Da quando in qua, adoperarsi per il bene comune (ed il rispetto delle leggi fa parte del bene comune) è diventato “follia collettiva” o “conformismo dilagante”? Al contrario, soprattutto per un cattolico, dimenticarsi del bene comune è esattamente un modo di conformarsi alla mentalità dominante e al conformismo dilagante.
A nulla vale colpevolizzare la gente con il richiamo alla “paura”, quando una dimensione fondamentale del bene comune è proprio quella di garantire la sicurezza di coloro di cui si è responsabili. Una immigrazione incontrollata e senza freni, in presenza di labili filtri di controllo necessari a discriminare tra l’accoglienza della gente comune (quella che proviene da guerre e carestie) ed il respingimento dei criminali, a volte anche militanti jihādisti, non può non suscitare nella gente comune comprensibili sentimenti di disagio e financo di paura. Le cose occorre chiamarle con il loro nome, anziché girarci intorno, o mettere la testa sotto terra.
Occorre rammentare che i sentimenti buonisti mai nella storia dell’uomo hanno portato la sicurezza al popolo, mai hanno garantito l’ordinato vivere sociale.
A dal proposito, abbiamo già visto il fallimentare gesto, anche se intriso di buoni sentimenti, dell’accoglienza dei migranti fatta dalla Caritas nel settembre scorso. Dopo solo qualche giorno, tutti quei migranti accolti si sono volatilizzati, fuggiti, passati nella clandestinità. E’ la dimostrazione che per governare una nazione non bastano i buoni sentimenti e le alte parole. È la prova che non si governa una nazione con lo scarso realismo.
E’ mai saltato in mente che è proprio una immigrazione incontrollata (quella che crea le condizioni nella società per lo sviluppo della confusione, del disordine sociale, dei ghetti, della delinquenza) ciò che spinge la gente ad essere sospettosa, ad aver paura, a diventare non accogliente? Al contrario, una corretta e giusta distinzione tra il migrante economico e chi veramente fugge da guerre e carestie predispone e spinge la gente all’accoglienza di chi è veramente nel bisogno. Ed il popolo italiano, per inciso, ha sempre dimostrato bontà d’animo, disponibilità all’accoglienza, condivisione verso chi è nel bisogno, nel dolore, nel dramma. Non c’è bisogno che vengano i soloni del buonismo a spiegarglielo. Il popolo italiano, il senso dell’accoglienza c’è l’ha nel cuore, nel suo Dna, nella sua carne. Lo ha sempre dimostrato e sempre lo dimostrerà.
E’ goffa e irresponsabile l’azione di chi si rifiuta di distinguere tra i drammi che sono artatamente creati dalle ONG, dagli scafisti, dai trafficanti di carne umana, quei drammi che nascono dall’imbarcare giovani in ottima salute e ben nutriti, che farebbero bene a restare nelle loro nazioni di provenienza per aiutarle a crescere, ed i drammi di coloro che scappano dalle vere guerre e dalle vere carestie. I drammi che sono artatamente creati devono essere prevenuti, quelli che invece sono reali sin dall’origine devono essere affrontati con la dovuta solidarietà.
Sana dunque la politica che cerca, da una parte, di bloccare gli sfruttatori, i trafficanti di esseri umana, i falsi bisognosi e, dall’altra di accogliere chi è veramente nel bisogno.
Giusta la politica che vuole rompere un andazzo che ha visto l’Italia accogliere centinaia di migliaia di migranti irregolari solo perché vicina alle coste africane. Giusto smascherare le false accuse di disumanità lanciateci da alcuni paesi europei che, all’occorrenza, si sono dimostrati indisponibili ad accogliere anche pochi migranti.
E’ una politica impopolare? Certamente. Urta i buonisti ed i soloni da libro cuore? Certamente. Indigna chi accusa gli altri di seminare paure e odio? Certamente. Ma questo è l’unico modo di governare saggiamente, prudentemente e con umanità una nazione.
P.S. Agli artisti strapagati con soldi pubblici (frutto delle nostre tasse), a quelli cui viene offerto un palcoscenico di tutto rispetto, a quelli come Baglioni che, approfittando della momentanea visibilità mediatica, proferiscono indignati sentimenti e parole lacrimose, consigliamo di vedere, se non l’avessero già fatto, il video delle Iene in cui il conduttore chiede a personaggi facoltosi del mondo dello spettacolo se siano disponibili ad accogliere in casa un profugo. La risposta, scontata, è positiva. A parole, però. Perché i fatti….. (vedere qui)
L’articolo Migranti, non abbiamo paura della paura, abbiamo paura degli irresponsabili proviene da Il blog di Sabino Paciolla.