Lo studio delle varie soluzioni prospettate dall’Unione Europea per venire incontro al nostro paese in tema migrazioni, impone solo una visione errata della problematica. In realtà ciò che interessa a Bruxelles è la tollerabilità del fenomeno affinché si accetti.
Non esiste alcun mutamento nella politica UE . Le migrazioni a Bruxelles sono considerate positive.
La Merkel definisce il Global Compact una “pietra miliare”. E con Macron è da tempo che propone una riforma del regolamento di Dublino per le quote obbligatorie. In ogni caso però ciò che entrambi i leader rifiutano, è rinunciare al loro obiettivo primario.
L’effetto più importante generato dalle migrazioni – che vengono favorite pervicacemente – è semplicemente la perdita delle identità nazionali per favorire l’integrazione europea in senso globalista: è solo questo l’obiettivo. Ora il sistema delle quote offerto dalla Merkel, è proposto solo per eliminare parte degli ‘effetti secondari’ del ‘bugiardino’, ovvero incidere sulla ‘tollerabilità sociale’.
Tutto questo può sembrare strano ma le élite che governano la UE insistono sulle migrazioni semplicemente perché hanno un preciso progetto politico sui popoli europei ed intendono perseguirlo ad ogni costo.
L’obiettivo delle loro politiche è ‘liberare’ tutta l’Europa da quello che considerano un freno all’integrazione degli Stati europei. Germania, Francia e i paesi nordici che sono a pezzi come società – ma che comandano in Europa – vogliono imporre il loro modello ideologico.
La battaglia di Bruxelles è da tempo contro il ‘sovranismo’ ovvero contro le tradizioni culturali nazionali che non considera più patrimonio di civiltà da preservare – legato alla propria identità – ma un orpello di cui liberarsi per perfezionare la globalizzazione e rendere tutti ‘cittadini europei’, ovvero non più resistenti all’integrazione nel senso mercantilistico.
Quindi la UE non sta facendo nessun ‘umanitarismo’ ma sta solo perseguendo i propri scopi, adottando alcune ‘avvertenze’ per rendere digeribile ciò che hanno deciso.
La seguente ricerca è dell’anno scorso ma è ancora attuale perché i dati tendenziali sono rimasti pressoché identici: mostra come nella stragrande maggioranza dei casi, la migrazione africana non parte- come ci dicono costantemente – da un bisogno primario impellente ed urgente e neanche da sommovimenti politici o guerre in atto nei paesi di origine.
@vietatoparlare
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SEMBRA PARADOSSALE, MA I MIGRANTI NON ARRIVANO TUTTI DALL’AFRICA PIÙ POVERA
Stando ai dati del Viminale, negli ultimi anni sulle nostre coste sono sbarcati migranti provenienti prevalentemente da Nigeria, Costa d’Avorio, Ghana, Mali, Guinea, Senegal, Eritrea, Sudan, Tunisia e Marocco. In nessuno di tali paesi c’erano guerre, o sussistevano situazioni di pericolo o di violenze tali da giustificare la richiesta dello status di rifugiato. Oltretutto, con i dovuti limiti e con eccezione di Eritrea e Sudan per i loro regimi dittatoriali e antidemocratici, bisogna rilevare che nell’ultimo biennio in quasi tutti vigevano (e sono in vigore tutt’oggi) regimi democratici e multipartitici, dove almeno formalmente vengono garantiti i diritti umani.
Ad esempio, ci si potrebbe chiedere quali diritti si vedrebbero negati gli oltre 10mila cittadini ghanesi che hanno presentato richiesta d’asilo all’Italia tra il 2016 e il 2017: il Ghana è un esempio virtuoso tra le nazioni dell’Africa occidentale per il suo sistema democratico che permette l’alternanza di governo, garantisce le libertà individuali e quella di stampa (secondo l’ultimo rapporto del World Press Index Freedom, è il 24mo paese al mondo per la tutela della libertà di stampa mentre l’Italia è 46ma). Oggi più del 70% della popolazione vive al di sopra della soglia di povertà, ed è una delle poche nazioni africane a registrare un Indice di Sviluppo Umano “medio”, grazie ad un ambizioso programma di scolarizzazione che consente l’accesso all’istruzione gratuita ad un’ampia fascia di cittadini. Una condizione di gran lunga migliore di quella del vicino Ciad, forse la nazione più povera al mondo, afflitto da siccità e frequenti crisi alimentari: eppure, di ciadiani nel nostro Paese ne è arrivato un numero insignificante, nonostante i media e le Ong dipingano tutti i migranti esclusivamente come “disperati in fuga dalla fame e dalla miseria”. E se i motivi sono questi, ne avrebbero eccome per lasciare in massa il loro misero paese.
Ma il motivo scatenante le migrazioni non è l’estrema povertà: oltre il Ghana (ma anche la Costa d’Avorio) ce lo dimostra la Nigeria, prima economia d’Africa grazie al petrolio e ad una diversificazione industriale che, dopo il ritorno alla democrazia, ha permesso lo sviluppo dei settori bancario, Tlc ed aerospace (tanto che l’agenzia spaziale nazionale già invia in orbita dal 2003 propri satelliti e lavora all’invio nello spazio di astronauti nigeriani entro il 2030). Certo, nel Paese vige una situazione di conflitto tra l’esercito regolare e i terroristi islamici di Boko Haram, che ha generato una crisi umanitaria molto grave: ciò è vero, ma occorre ricordare che non vi è coinvolta l’intera nazione, ma solo le regioni del Nord-Est, da dove la popolazione è stata sfollata in altre zone del Paese, mentre circa 200mila persone, stando ai dati dell’UNHCR, hanno cercato rifugio nei campi profughi allestiti nei limitrofi Ciad, Niger e Camerun. Nessuno di questi veri profughi ha chiesto protezione internazionale all’Italia: i nigeriani che sono sbarcati in massa sulle nostre coste arrivano dalle aree centro-meridionali, dove gli effetti della crescita degli ultimi anni si sono percepiti maggiormente, e i redditi sono aumentati di più.
Pur con tutte le sue criticità (dall’elevatissimo tasso demografico alle ancora diffuse diseguaglianze sociali, dalle permanenti sacche di povertà alla corruzione endemica) la Nigeria è anch’essa diventata nazione a medio reddito, dove oggi la maggioranza della popolazione vive al di sopra della soglia di povertà. Se appunto il reddito annuo pro-capite nigeriano, aumentato negli ultimi quindici anni fino a 5.740 dollari (valore indicizzato in base al potere d’acquisto), viene comparato con quello di appena 970 del limitrofo Niger, uno dei più poveri paesi al mondo e affetto da diffusi casi di denutrizione, ci si dovrebbe chiedere come mai tra il 2016 e il 2017 hanno presentato richiesta di asilo in Italia oltre 53mila nigeriani a fronte di una sparuta manciata di nigerini.
Già, perché uno dei fattori-chiave del boom degli sbarchi nell’ultimo biennio è rappresentato dall’inedita disponibilità economica dei migranti, all’origine di una notevole proliferazione di organizzazioni criminali locali che, come i parassiti, si sviluppano dove c’è nutrimento: sfruttano cioè la maggiore quantità di danaro disponibile o di beni economici su cui rivalersi, e propongono i propri “servizi di trasporto” ad una determinata categoria di “clienti”, attratta dal mito di un Occidente-Paese dei Balocchi dove fare i soldi in modo facile e in poco tempo. E proprio perché in Centrafrica, Niger e Ciad non c’è possibilità di lucro, non ci sono nemmeno le mafie interessate a creare un business sulle migrazioni verso l’Italia.
Che non hanno dunque un’origine umanitaria bensì prettamente economica: coloro che partono dall’Africa occidentale sono ventenni/trentenni con possibilità economiche, convinti che qua basti poco a far fortuna, attratti da immagini di opulenza (veicolate soprattutto dagli smartphone di chi è già sbarcato in precedenza) e perché consapevoli di poter sfruttare un soggiorno all’estero gratuito e a lungo termine (sempre grazie ai messaggi social di chi si trova già qui, ma pure dalle informazioni distorte di trafficanti e di alcune Ong). E se a ciò aggiungiamo che all’estero sono ben consci di come in Italia sia molto più facile entrare che uscire, l’incentivo a sborsare fior di quattrini per un viaggio rischioso è bello e servito: come si dice, il gioco (pericoloso) vale la candela.
6-11-2018 Alessandro Ronga