Ormai tutto ciò che sentiamo di anomalo ed inverosimile o grottesco proveniente dalla Corea del Nord , lo riteniamo credibile. Certamente in Corea del Nord vige un autoritarismo assoluto, tuttavia, come sempre, per giudicare le varie situazioni, bisogna conoscere la storia del paese e i vigenti rapporti con gli stati vicini.
Inoltre, è necessaria una attenta indagine sulle fonti delle informazioni, perchè formalmente la Corea del Nord e la Corea del Sud (e con essa gli USA), sono ancora belligeranti e perchè molte informazioni sono diffuse dal Dipartimento di USA tramite le sue agenzie e miriadi di Ong istituite appositamente per rafforzare una percezione negativa.
Non è difficile prevedere che lo stato di guerra non sarà rimosso in tempi brevi, visto che l’apparente atto di buona volontà di Trump – che ha incontrato sulla linea di demarcazione Kim Jong -, si è rivelato solo utile per una foto opportunity.
Ma il fallimento di quell’iniziativa è stata solo statunitense, visto che successivamente, nessuna sanzione è stata rimossa e che anzi è partita subito una gigantesca esercitazione (in cui il nemico da distruggere era la Corea del Nord) e poi ancora nuove sanzioni.
Ovviamente, niente può giustificare la negazione della libertà religiosa, come anche la negazione delle principali libertà umane. Tuttavia, alcune limitazioni sono plausibili e persino necessarie, quando uno stato è in emergenza, in stato di guerra e sotto pesantissime sanzioni unilaterali.
In questi giorni, numerose testate giornalistiche hanno rilanciato alcune sulla Corea del Nord, ne propongo uno stralcio dell’articolo di Tempi, dal titolo “La Nord Corea mette a morte chi guarda film stranieri”:
I film della Corea del Sud sono sempre più apprezzati e premiati in Occidente. Paradossalmente, benché a Seul confinino con l’inferno totalitario nordcoreano, i registi più famosi, primo fra tutti Bong Joon Ho (Oscar nel 2020 per Parasite) sono di formazione marxista. Nel Nord, regime marxista-leninista mai riformato dai tempi di Stalin, vedere Parasite, o qualsiasi altro film sudcoreano, giapponese o statunitense, può costare… la vita. Secondo una legge approvata ieri dal “parlamento”, su proposta del dittatore Kim Jong-un, è stata reintrodotta la pena di morte per chi importa o detiene film stranieri, come ai tempi di suo nonno, Kim Il Sung.
Per chi viene semplicemente scoperto a guardarli, sono previsti 15 anni di lavori forzati e rieducazione in campo di concentramento. La repressione riguarda anche usi e costumi stranieri, specialmente se sono sudcoreani.(…)
Secondo il Daily NK, quotidiano governativo sudcoreano (dipendente dal Ministero dell’unificazione) che monitora la vita quotidiana e politica del Nord, vi sarebbero già le prime vittime della nuova legge. Tre adolescenti sarebbero stati arrestati e mandati in un campo di rieducazione per aver sfoggiato un taglio di capelli in stile K-pop, alla maniera delle star sudcoreane. (segue su TEMPI)
Effettivamente, i metodi descritti sono brutali ma l’articolo è carente di un approfondimento sulle motivazioni di tali sconcertanti decisioni del leader Kim Jong. Ovviamente, spiegare anche il punto di vista nord coreano, non necessariamente significa avvallare quelle decisioni.
Ecco può sembrare banale ma è bene sapere che la RPDC soffre di una tremenda fobia: quella di essere accerchiata, attaccata e distrutta. Formalmente e praticamente è ancora in guerra con gli Stati Uniti ed è sottoposta a pesantissime sanzioni. Ciò che vuole combattere con questi inusitati provvedimenti , è quindi combattere l’espansione culturale dal sud, teme un’influenza straniera “decadente” sui giovani del paese, lo ha sempre fatto…
Per quando riguarda le pene di morte , implicitamente Tempi ammette che nessuna finora è stata comminata per le ragioni esposte, mentre 3 giovani sono stati inviati a campi di rieducazione.
Tuttavia, come ha fatto notare The Times, nonostante la rigida censura nella RPDC, in Corea del Nord, puoi ancora guardare serie TV e film dalla Corea del Sud. C’è un’intera industria di importazione segreta di contenuti sudcoreani.
Inoltre, sempre in tema, è utile sapere che il divieto dello slang sud coreano si riferisce a casi oggettivamente opinabili, come per esempio le canzoni rapper. Per esempio, Kim Jong-un non ama l’uso da parte dei suoi cittadini delle parole sudcoreane “oppa” e “dong-saeng”, che significano rispettivamente “fratello maggiore” e “sorella minore”, ma non nel senso di parenti di sangue, ma piuttosto amici molto intimi. … La parola “oppa” appare anche nella canzone del rapper sudcoreano Psy “Gangnam Style”.
In precedenza, il quotidiano statale Nodong Sinmun, quotidiano centrale del Partito laburista della RPDC, aveva chiesto sostegno alle misure di Kim Jong-un. I giornalisti della pubblicazione hanno avvertito che lo stile di vita capitalista potrebbe distruggere il paese.
Aveva scritto queste testuali parole:
“La storia ci insegna un’importante lezione che un paese può diventare vulnerabile e alla fine crollare come un muro bagnato, indipendentemente dal suo potere economico e di difesa, se non aderiamo al nostro modo di viver. Dovremmo diffidare anche dei minimi segni di uno stile di vita capitalista e fare del nostro meglio per sbarazzarcene”.
Con i dovuti distinguo, dal ‘nostro lato’, la preoccupazione occidentale per la propaganda russa o cinese giustifica tuttora filtri e chiusure su youtube, sui social ed limitazioni a testate come RT. Allo stesso modo, per quando riguarda la pena detentiva, il DL Zan porterà anche al carcere per reati di opinione. Naturalmente c’è una grande distanza tra una pratica diffusa sistematicamente ed una che dice di essere una ” legge contro l’odio”. Tuttavia, il sentimento è quello. E direi la menzogna è abbastanza simile e concreta.
Queste notizie però , per la maggior parte, sono del 4 dicembre 2020… Mentre molti media come Repubblica ed altri hanno riproposto queste informazioni oggi. Però, in realtà, derivano da documenti classificati ottenuti dall’edizione giapponese ‘Rimjingang’, appunto sono del 4 dicembre 2020. Questi documenti non sono altro che documenti ottenuti da disertori che sono riusciti a fuggire in sud Corea.
Sono tempi in cui – a mio avviso – è necessaria la verifica di tutto. Nel caso in esame , aggiungerei, il paragone con l’alleato saudita è lecito per capire il sistema dei due pesi e due misure in vigore. Per l’Arabia Saudita ci sono ponti d’oro da parte delle diplomazie occidentali. Eppure la monarchia saudita non differisce dalla dittatura sud coreana. Con la sola differenza che Kim Jong-un un non esporta il wahbismo nel mondo. Ma la percezione è differente…
Quindi, in definitiva, la domanda è: come mai tutti questi media li hanno rilanciati nuovamente e proprio ora?
patrizioricci by @vietatoparlare