Monsignor Negri: “Usare l’obiezione di coscienza per fare politica è sbagliato”

 di Domenico Agasso Jr.

L’Arcivescovo emerito di Ferrara si smarca dalla linea Bagnasco. «Chi vuole integrarsi deve fare passi di immedesimazione nella società». I sindaci sbagliano a puntare sull’obiezione di coscienza contro il decreto sicurezza. L’integrazione deve essere affrontata con prudenza e realismo mettendo al centro diritti e doveri insieme. Lo afferma monsignor Luigi Negri, classe 1941, arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio, teologo, considerato un prelato «tradizionale».

Eccellenza, che cosa ne pensa dell’obiezione di coscienza evocata dai sindaci contro il decreto sicurezza?
«La Costituzione italiana e una prassi consolidata fanno sì che non si possa tirare fuori l’obiezione di coscienza di fronte a tutto in chiave politica, soprattutto in particolare di fronte a disposizioni amministrative di un governo e magari dagli stessi che l’hanno finora negata proprio lì dove era invece legittima e doverosa. Il diritto all’obiezione va difeso quando sono messi in crisi principi fondamentali. Quei sindaci che usano dell’obiezione di coscienza – volutamente come strumento politico – nei confronti di legittimi interventi di autorità superiori o pari, abusano del concetto».

Quindi ha sbagliato il cardinale Bagnasco a esprimere la sua approvazione?
«Conosco e stimo sinceramente Bagnasco, dico solo che io non mi sarei spinto così lontano in quella “strada” così tecnica. Il tema della sicurezza è un problema del dialogo fra le forze laiche che partecipano alla vita sociale».

Come vanno interpretati i richiami evangelici di papa Francesco all’accoglienza?
«Il Pontefice non dimentica di parlare anche di prudenza nell’accoglienza. Il Papa ha maturato un suo cammino, i primi interventi non sono stati come gli ultimi, che hanno avuto maggiore assunzione realistica del problema. Io penso ciò che dissi 4 anni fa a Ferrara e che suscitò polemiche: l’accoglienza e l’integrazione sono due momenti diversi. L’accoglienza deve essere la più alta possibile. Concetto vicino, ma assolutamente diverso è l’integrazione».

In che senso?
«E’ un passaggio che esige una duplice dinamica: chi integra deve valutare tutti i costi, anche economici, e chi chiede di essere integrato deve assumersi delle precise responsabilità. La sintesi di diritti e doveri deve essere al centro della società, altrimenti è solo demagogia».

Ma un cristiano può lasciare che gente venga lasciata in strada o in mare?
«No, il rispetto della persona in qualsiasi situazione non può essere mai diminuito».

E allora come è compatibile la linea leghista che punta a respingere i disperati sui barconi con il giuramento sul Vangelo di Salvini?
«In generale, chi strumentalizza il Vangelo sbaglia e chi ostenta attacchi o avvicinamenti non porta al bene di nessuno. Mentre è assolutamente positivo un recupero dell’identità culturale, umana e religiosa: le famigerate radici cristiane d’Europa».

Come bisogna porsi nei confronti dei migranti?
«L’elemento essenziale è il dialogo che, come mi ha insegnato Giussani, deve essere espressione dell’identità».

Bisogna accoglierli o no?
«Bisogna essere realisti nella valutazione dei problemi e delle soluzioni. E chi chiede di integrarsi deve compiere certi passi di immedesimazione con la nostra società. Però attenzione, questo può non bastare: non si può domandare di integrarsi in Italia e affermare che la sharia è una cosa giusta; abbiamo il dovere di sottolineare che è sbagliata perché è contro i diritti fondamentali della persona. Ecco un esempio del realismo che serve».

Fonte: La Stampa

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