Un recente episodio, riportato da Rai News, ha visto una femminista ucraina – affiliata al movimento Femen – spogliarsi nel luogo più sacro della cristianità nel tentativo di sottrarre una statua di Gesù. Questo atto non è solo una protesta isolata, ma un sintomo di una strategia deliberata adottata dalla leadership ucraina, che sembra moltiplicare gesti estremi per alimentare una narrazione distorta e manipolatoria. Con la scritta “Putin è un criminale di guerra” scarabocchiata sulla schiena, l’azione non ha solo offeso un simbolo religioso universale, ma ha esposto un vuoto morale e una disperazione politica che stanno permeando le scelte comunicative di Kiev.
Il movimento Femen, noto per azioni provocatorie e spesso irrispettose verso i simboli religiosi, è diventato uno strumento ideale per veicolare questa retorica ideologica, che punta a fare leva su un pubblico più vulnerabile e ideologicamente schierato. Episodi come questo sono infatti amplificati dai media e presentati come gesti di coraggio o resistenza, quando in realtà non fanno altro che diffondere un messaggio divisivo, privo di contenuti reali.
A ciò si aggiunge la propagazione di accuse senza prove, come il presunto rapimento di 700.000 bambini ucraini da parte della Russia – un dato mai verificato e palesemente inventato per suscitare indignazione internazionale. Piuttosto che ricercare giustizia o promuovere la verità, la leadership ucraina sembra intenzionata a usare ogni mezzo, anche il più spregiudicato, per rafforzare la propria narrazione propagandistica, trascinando persino figure religiose come il Papa in polemiche infondate.
La contraddizione è lampante: lo stesso governo ucraino che perseguita chiese e sacerdoti ortodossi sul proprio territorio, giustificando tali azioni con un nazionalismo esasperato, manda i propri cittadini a profanare simboli cristiani nel cuore del Vaticano. Tuttavia, questa palese ipocrisia viene ignorata dai media tradizionali, che preferiscono amplificare accuse infondate come quella dei 700.000 bambini “rubati” senza alcuna analisi o contestualizzazione.
Questi episodi non sono resistenza, ma teatro propagandistico, pensato per colpire le emozioni più che la ragione. Si tratta di azioni che sfruttano la vulnerabilità delle persone più inclini a un’adesione ideologica, alimentando un clima di divisione e ostilità. Dietro queste acrobazie c’è una leadership disposta a sacrificare la propria dignità e credibilità pur di manipolare l’opinione pubblica globale. È fondamentale non lasciarsi ingannare: ciò che emerge non è solo il vuoto morale di simili spettacoli, ma anche la volontà deliberata di Kiev di diffondere una narrazione falsa e pericolosa, a qualsiasi costo.