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Negli USA la clausola costituzionale “Declare War”, continuamente agirata

Il brano di Gerry Nolan che segue analizza con tagliente sarcasmo il declino del ruolo del Congresso americano nelle decisioni di guerra, sostituito da un esecutivo che agisce come un impero. L’articolo mette in luce come le guerre moderne siano alimentate dal profitto, più che da necessità strategiche o ideali democratici. Un’accusa diretta contro l’ipocrisia dell’apparato bellico statunitense.

La macchina da guerra degli Stati Uniti: il Congresso si mette da parte, l’Impero avanza (per ora)

Sepolto sotto il grandioso slogan di “democrazia”: gli Stati Uniti non dichiarano guerra dalla Seconda Guerra Mondiale. Il Congresso, l’organismo costituzionalmente incaricato di supervisionare tali decisioni vitali, è stato relegato a una squadra di cheerleader, mentre il ramo esecutivo esercita un potere incontrollato come un imperatore al comando di legioni.

Questo è un decreto imperiale mascherato da consenso dei governati. Dal Vietnam all’Iraq, dalla Libia alla Siria, la macchina da guerra degli Stati Uniti ruggisce, alimentata non dal dibattito congressuale, ma da risoluzioni approvate, stanziamenti e dalle fin troppo note “Autorizzazioni all’uso della forza militare”. Queste foglie di fico legali consentono alla Casa Bianca di bombardare, invadere e occupare senza un sussurro di responsabilità.

Diciamolo chiaro: il Congresso ha venduto la sua anima. Dalla Seconda Guerra Mondiale, ha rinunciato alla sua prerogativa costituzionale di dichiarare guerra, approvando invece vaghe risoluzioni che concedono ai presidenti un assegno in bianco per dichiarare guerra ovunque e quando ritengono opportuno. Il risultato? Guerre infinite senza obiettivi razionali, senza strategie di uscita e senza responsabilità.

E cosa succede ai trilioni di dollari incanalati in queste guerre? Entra in gioco il complesso militare-industriale, l’operazione di riciclaggio di denaro più sofisticata al mondo. Queste guerre riguardano l’arricchimento di appaltatori della difesa, lobbisti e funzionari del Pentagono che si muovono attraverso la porta girevole tra governo e industria. Da Lockheed Martin a Raytheon, le stesse aziende che traggono profitto dalla carneficina finanziano anche think tank e campagne politiche per far funzionare la macchina da guerra.

Mentre le bombe cadono, contratti per miliardi di dollari finiscono nelle casse dei produttori di armi. Una parte significativa viene poi riciclata a Washington, camuffata da contributi per la campagna elettorale o da lucrativi incarichi da oratore. La contabilità del Pentagono è così opaca che 2 trilioni di dollari di spesa sono stati considerati “non rintracciabili”. E non dimentichiamo l’Ucraina o Israele, le ultime mucche da soldi del MIC, dove decine di miliardi di dollari di aiuti statunitensi svaniscono in un buco nero di corruzione.

Le guerre del XXI secolo non si preoccupano nemmeno della finzione. Dimentica le dichiarazioni; gli USA ora sono impegnati in guerre ibride, conflitti per procura, strangolamento economico tramite sanzioni e guerra dell’informazione. Siria, Yemen, Venezuela: queste non sono guerre dichiarate, ma sono comunque guerre, combattute nell’ombra con le stesse conseguenze mortali. E dietro ogni attacco con drone o sanzione si nasconde un altro budget della difesa gonfio, un altro contratto senza gara d’appalto, un altro fondo nero per il MIC.

La clausola “Declare War” era pensata per controllare il potere, per garantire che la decisione di versare sangue fosse presa con sobrietà e democrazia. Invece, è stata messa da parte da un impero che non può smettere di espandersi, un impero che si nutre di guerre senza fine. Non si tratta di difendere la libertà, ma di controllare le risorse, proteggere i mercati e mantenere l’egemonia a qualsiasi costo.

E mentre i BRICS crescono e la maggioranza globale afferma la propria sovranità, l’Impero diventa sempre più disperato.

Le sue guerre (perse) — cinetiche, economiche e informative — non sono segni di forza, ma di fragilità, il risultato di un sistema che non riesce ad adattarsi a un mondo multipolare.

Chi trae vantaggio da questo spargimento di sangue infinito? Non il popolo americano, gravato da 38 trilioni di dollari di debito nazionale e oltre 200 trilioni di dollari di passività non finanziate. I vincitori sono la stessa cricca che trae profitto indipendentemente dal fatto che le bombe cadano o meno: gli appaltatori della difesa, gli speculatori di Wall Street e l’élite politica.

Il MIC non riguarda solo la guerra, ma anche il riciclaggio di denaro su scala imperiale. Le guerre in Iraq e Afghanistan? Vacche da mungere. Il conflitto in Ucraina? Una frenesia alimentare per i trafficanti di armi e i loro padroni politici.

Questo non è solo un problema dell’America. Le guerre infinite condotte dagli USA si ripercuotono, destabilizzando le nazioni, distruggendo le economie e sfollando milioni di persone.

L’Impero inciampa, ma non cadrà da solo. È tempo di spingere più forte. L’era delle guerre inspiegabili e dei profitti non rintracciabili deve finire.

autore: Gerry Nolan

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nota a margine

La clausola “Declare War”  è una disposizione della Costituzione degli Stati Uniti che attribuisce al Congresso il potere esclusivo di dichiarare guerra.

Si trova nell’Articolo I, Sezione 8, Clausola 11, e fa parte delle attribuzioni relative alla politica militare e di difesa nazionale.

Contenuto della Clausola

La clausola recita che il Congresso ha il potere di:
“Dichiarare guerra, concedere lettere di corsa e rappresaglia, e stabilire regole riguardo alla cattura su terra e acqua.”

Significato e Implicazioni

  1. Divisione dei poteri: La clausola è un elemento cruciale del sistema di checks and balances (pesi e contrappesi), volto a prevenire abusi da parte dell’esecutivo. Questo significa che il Presidente, pur essendo il Comandante in Capo delle Forze Armate, non può avviare una guerra senza l’autorizzazione esplicita del Congresso.
  2. Contesto storico: Al momento della stesura della Costituzione, i Padri Fondatori intendevano limitare il potere militare dell’esecutivo, evitando che il Presidente potesse intraprendere azioni belliche unilaterali come facevano i monarchi europei.
  3. Potere dichiarativo, non operativo: Sebbene il Congresso abbia il potere di dichiarare guerra, la conduzione delle operazioni militari spetta al Presidente.

Esempi di Applicazione

Negli Stati Uniti, guerre ufficialmente dichiarate dal Congresso includono:

  • La Guerra del 1812 contro il Regno Unito.
  • La Guerra Messicano-Americana (1846).
  • La Guerra Ispano-Americana (1898).
  • La Prima e la Seconda Guerra Mondiale.

Interpretazione Moderna

Nel corso del XX e XXI secolo, il potere di dichiarare guerra è stato spesso aggirato. Molti conflitti sono stati autorizzati tramite Risoluzioni Congiunte o Autorizzazioni all’Uso della Forza Militare (AUMF), come:

  • La guerra in Corea (1950-1953), condotta senza una dichiarazione formale di guerra.
  • La guerra in Vietnam, basata sulla Risoluzione del Golfo del Tonchino (1964).
  • Le guerre in Iraq e Afghanistan, approvate con AUMF successive agli attacchi dell’11 settembre 2001.

Questo ha suscitato dibattiti sul fatto che il Presidente, attraverso queste autorizzazioni, abbia ampliato il suo potere bellico oltre quanto previsto originariamente dalla Costituzione.

Conclusione

La “Declare War Clause” è uno strumento fondamentale nella struttura costituzionale degli Stati Uniti, progettato per limitare il coinvolgimento militare senza consenso democratico. Tuttavia, il suo ruolo è cambiato nel tempo, sollevando questioni sulla divisione dei poteri e sulla responsabilità nell’avvio di conflitti armati.

Patrizio Ricci

Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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