French Colonialism is not dead – CFA Franc in the African Union
by Nelly Rita Makena
Usando le parole del Presidente francese Jacques Chirac, “senza l’Africa, la Francia scivolerà al rango di potenza del terzo mondo”. Il comitato San Francisco Abidjan Sister City potrebbe darci un’occhiata… e offrire soluzioni mutualmente benefiche.
Esiste un significativo gap di sviluppo tra le ex colonie britanniche ed ex colonie francesi in Africa. Queste ultime vengono chiamate collettivamente Francia-Africa. Una zona che comprende dodici ex colonie che all’inizio dell’ondata di decolonizzazione degli anni ‘50 e ’60 diventarono indipendenti. Tuttavia, com’è evidente dall’influenza paternalistica che la Francia ha ancora su questi paesi, quest’indipendenza era solo nelle parole, non nei fatti.
La Francia rinunciò ai suoi poteri nella maggior parte delle colonie africane negli anni ’60. Si potrebbe sostenere che le Nazioni Unite e altre istituzioni multilaterali appena formatesi stavano dietro a questa ritirata. I paesi europei lasciarono l’Africa, non volontariamente ma in maniera estremamente riluttante, perché erano consapevoli della ricchezza in metalli preziosi e altre materie prime che riuscivano a ottenere grazie alla loro presenza sul continente. Anzitutto, la colonizzazione dell’Africa non aveva come obiettivo l’esportazione della civiltà occidentale e della cristianità, come veniva notoriamente mascherata, ma era uno stratagemma per diffondere l’imperialismo europeo, e per acquisire le materie prime per alimentare la rivoluzione industriale che era iniziata in Gran Bretagna alla fine del diciannovesimo secolo. Si può dire che il Re Leopoldo del Belgio abbia ottenuto il bottino più prezioso mettendo le mani sul Congo. La Francia, l’Inghilterra, la Germania e in misura molto minore l’Italia si accontentarono con ciò che restava.
Nessuna delle ex potenze imperiali mantiene una presenza in Africa imponente come la Francia. Confrontati con gli altri stati africani, i paesi della Franciafrica come la Costa d’Avorio, il Benin, il Mali e il Niger sono decisamente più poveri. I cittadini di questi paesi languiscono nella miseria. Si può dire che questi paesi, con la loro abbondanza di risorse naturali, dovrebbero rappresentare storie economiche di successo, seguendo l’esempio del Botswana.
Gli studiosi del post-colonialismo hanno osservato che una delle origini della miriade di problemi che affligge l’Africa ad oggi è il modo frettoloso in cui le potenze coloniali lasciarono il continente. Nella Repubblica del Congo, per esempio, quando i belgi se ne andarono nel 1960, c’erano meno di 20 laureati in tutto il paese. Le istituzioni e le infrastrutture che le potenze coloniali avevano costruito erano più che altro di natura estrattiva. Il loro interesse era di indirizzare le materie prime fuori dall’Africa, verso l’Europa e l’America. Con la loro dipartita, il continente veniva lasciato con queste strutture che non potevano favorire la crescita economica. Tuttavia, nel caso della Francia, si andò anche oltre, con la formulazione del Patto Coloniale Francese (FCA), uno strumento votato a perpetuare la natura parassitaria dell’era coloniale.
Quel che spicca in questo patto è la richiesta a questi paesi di usare una moneta comune (il Franco CFA), controllata direttamente dalla Banca Centrale Francese a Parigi. Questa moneta era agganciata al Franco Francese, e nel 2002 con l’introduzione dell’euro, venne agganciata all’euro stesso. Ciò significa che quattordici paesi africani non hanno un politica monetaria indipendente. Non hanno il diritto di determinare i dettagli di quanta moneta viene distribuita nella loro economia o di rivalutare la loro moneta a piacimento. Tutte le decisioni di politica monetaria vengono controllate da Parigi.
Questi paesi sono inoltre obbligati a depositare il 65% delle loro riserve valutarie estere nella Banca Centrale Francese. Inoltre, non possono accedere a questi soldi a loro piacimento. Infatti, se hanno bisogno di più del 20% del 65% depositato, devono chiederlo in prestito alla Francia pagando un interesse di mercato.
Un altro dettaglio di questo patto è che le società francesi hanno diritto di prelazione su tutte le commesse pubbliche che questi governi bandiscono. Ciò significa che tutti i progetti pubblici che hanno bisogno di un finanziamento estero devono essere presentati anzitutto ai soggetti francesi rispetto a tutti gli altri. Ci fu tumulto in Costa d’Avorio quando una società francese fece un preventivo per un progetto di costruzione di un ponte triplo rispetto a una società cinese. Il contratto fu assegnato alla società francese in forza del patto coloniale. Questi e molti altri argomenti rappresentano uno schiaffo in faccia a queste economie, che sono obbligate ad adempiere a questi termini esorbitanti a causa del patto sciagurato che fu firmato più di 60 anni fa.
L’Africa continua a sostenere l’economia francese mentre la sua gente soffre nella miseria. Questo combacia con la narrazione di uno squilibrio tra il nord e il sud del mondo, tra il colonizzatore e il colonizzato, che è rimasto in vita a grande discapito dell’umanità.
La comunità internazionale ha chiuso un occhio su questa atrocità. E’ sconcertante che un paese al timone dell’agenda per la promulgazione della democrazia continui a essere attaccato a questa intricata rete di sfruttamento. Per il momento, la Francia continua ad avere un posto nelle più alte sfere del mondo politico ed economico, con seggi permanenti nel G7 e nel Consiglio di Sicurezza ONU, mentre i paesi sulle cui spalle poggia la sua economia affondano sempre più in basso. Usando le parole del Presidente francese Jaques Chirac “senza l’Africa, la Francia scivolerà al rango di potenza del terzo mondo”.
source: indybay.org
Il Centro Media Indipendente della Baia di San Francisco , comunemente noto come Indybay , è un’organizzazione di volontari che gestisce un sito Web di notizie della comunità, Indybay.org , e nel giugno 2004 ha iniziato a pubblicare una rivista di notizie gratuita, Fault Lines .