Per la democrazia contro l’Unione Europea
Secondo questo articolo di spiked, è impossibile per la vita politica britannica recuperare una dimensione democratica in assenza della Brexit. Infatti, non esiste un’Europa democratica dei popoli che è stata tradita da governanti incapaci e malvagi. Esiste invece l’attuale costruzione europea, nata proprio allo scopo di privare i cittadini del controllo sulle decisioni politiche più importanti, che devono essere delegate a un’élite totalmente priva del dovere di rispondere delle sue azioni ai cittadini.
Di Mike Hume, 15 luglio 2019
Non possiamo rendere democratica la politica britannica senza la Brexit.
Qualsiasi programma di riforma democratica in Gran Bretagna deve comprendere – ma non limitarsi a – la Brexit. Lasciare l’Ue è la precondizione per rendere il Regno Unito una società veramente democratica, per due motivi.
In primo luogo, perché l’Unione europea non è solo antidemocratica– è intrinsecamente antidemocratica, perché priva i popoli d’Europa della libertà di decidere i propri destini.
E in secondo luogo, perché 17,4 milioni di persone hanno votato “leave”, il più grande mandato democratico nella storia britannica. Se l’establishment può sentirsi libero di ignorare o rovesciare il voto popolare, allora come possiamo dire di vivere in una società democratica?
Dalla sua fondazione come Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio nel 1953, poi diventata Comunità Economica Europea dal 1956, e infine Unione Europea dal 1993, un valore coerente sostenuto dall’élite dell’Ue è stata l’anti-democrazia – la creazione in Europa di un sistema che separa il potere e il controllo da qualsiasi espressione della volontà popolare.
L’obiettivo dell’UE non è mai stato quello di “rappresentare” i popoli d’Europa, ma di limitare la sovranità popolare e la democrazia. L’Unione Europea non è l’Europa. È l’unione antidemocratica delle élite politiche europee. Come ha scritto il principale giurista spagnolo Miguel Herrero de Minon sull’Ue vent’anni fa, “La mancanza di “demos” [il popolo] è la ragione principale della mancanza di democrazia. E il sistema democratico senza “demos” è solo “cratos” – potere.” Da allora, l’UE 0si è ulteriormente adoperata nell’aumentare il potere della burocrazia e della tecnocrazia sulla sovranità nazionale e sulla democrazia popolare.
I Remainers membri dei partiti laburisti e liberaldemocratici affermano che dovremmo “restare e riformare”. L’idea è apparentemente quella di colmare il “deficit democratico” di Bruxelles. Tuttavia, come ha osservato lo storico britannico di sinistra Eric Hobsbawm, è “ingannevole parlare di ‘deficit democratico’ dell’Unione Europea. L’Ue è stata esplicitamente costruita su basi non democratiche (cioè non elettorali) e pochi sostengono seriamente che altrimenti sarebbe arrivata dove è”. Se ci rendiamo conto del carattere intrinsecamente antidemocratico dell’Unione Europea e delle sue istituzioni, perché preoccuparsi di cercare di riformarla?
Gli apologeti dell’UE sostengono che la sua formazione dopo la Seconda guerra mondiale sia stata un tentativo di salvare l’Europa da ulteriori conflitti. La verità è che le élite europee vedevano la sovranità nazionale come la causa principale della guerra – a causa dell’”egemonia” della politica nazionalista sui popoli d’Europa. In questa miope visione del mondo, la politica delle masse aveva portato alla guerra. Quindi, per coloro che cercano di costruire una nuova pace in Europa dall’alto verso il basso, la democrazia popolare era parte del vecchio problema, non della soluzione. I fondatori dell’Ue volevano gestire le questioni europee isolandosi dalla pressione delle masse e degli Stati nazionali (“al riparo del processo elettorale”, come ebbe a dire Mario Monti, NdVdE).
Mettere la camicia di forza alla democrazia nell’Europa occidentale del dopoguerra significava creare sistemi dotati di elezioni formali e rappresentanti eletti, ma che allo stesso tempo avrebbero portato la politica democratica lontana dalle decisioni importanti.
I segnali furono chiari nel 1951, quando i leader delle sei nazioni fondatrici – Germania Occidentale, Francia, Italia, Olanda, Belgio e Lussemburgo –firmarono la famosa Dichiarazione Europea, che mise in atto la creazione della Comunità Europea e poi dell’Ue. Essa affermava che i firmatari “danno prova della loro determinazione a creare la prima istituzione ‘sovranazionale’ e che così gettano le vere fondamenta di un’Europa organizzata”. Il prefisso ‘sovra’, dal latino supra, significa sopra, oltre o fuori portata. Le istituzioni “sovranazionali” dell’Ue appena nata, avrebbero operato oltre e al di sopra della politica nazionale e al di fuori della portata dei cittadini di ogni Stato nazionale.
Dagli anni ’50 ad oggi, la chiara intenzione delle élite politiche europee è stata quella di creare una struttura sovranazionale unitaria al di sopra e al di là della portata dei parlamenti nazionali. Guardate alle principali istituzioni che operano nell’Ue, in un clima di segretezza e di silenzio pubblico, le cui camere sono tanto svuotate dall’aria della democrazia quanto dal fumo del tabacco.
Il nucleo dell’attività dell’Ue si svolge attraverso il COREPER – il Comitato dei Rappresentanti Permanenti – una riunione di alti funzionari nazionali che gestisce il 90 per cento della legislazione dell’Ue. I suoi procedimenti sono trattati come segreti di stato, i suoi documenti sono di solito classificati come “non cartacei”, il che significa che non sono accessibili da parte della stampa o del pubblico nonostante le presunte norme di trasparenza dell’Ue.
Il COREPER, in genere a porte chiuse, fa il grosso del lavoro di preparazione per le riunioni del Consiglio dell’Ue, che riunisce i governi per concordare le leggi europee. Gran parte di queste è già stata decisa nelle centinaia di comitati e gruppi di lavoro del Consiglio, che operano tutti in segreto. La grande vetrina dell’Ue è la riunione regolare del Consiglio Europeo, solitamente descritta come un “vertice” dei leader europei. Non c’è traccia pubblica di ciò che vi viene detto, esistono solo foto per i media e un comunicato del vertice preparato dal COREPER. Questo documento, noto come Conclusioni del Consiglio, impegna i governi a quanto è stato concordato, indipendentemente da ciò che accade nei loro parlamenti nazionali o nelle elezioni che abbiano luogo tra successive riunioni.
Come ha detto Bruno Waterfield, corrispondente da Bruxelles che esamina come la segretezza dell’Ue bypassa la democrazia, “le conclusioni del Consiglio sono un patto tra i leader che cancella e sostituisce il rapporto tra gli elettori e i loro governi”. Questo è un punto chiave. Alcuni potrebbero obiettare, dopo tutto, che il Consiglio Europeo sia un simbolo di democrazia rappresentativa, poiché riunisce capi di governo eletti. Ma quando questi sono a porte chiuse nel Consiglio europeo, cessano di essere rappresentanti di Stati nazionali responsabili nei confronti dei loro elettori e si trasformano in una nuova entità politica: gli Stati membri dell’Ue. Questi capi degli Stati membri traggono la loro autorità dall’appartenenza all’Unione e dal loro sedersi al tavolo di vertice. Sono membri di un club esclusivo da cui il pubblico votante è escluso.
Poi c’è la Commissione Europea (Ce), l’unico organismo che può proporre una legge. La Ce è un organismo non eletto, che ritiene di praticare quello che uno dei suoi ex presidenti ha chiamato “dispotismo benigno”. Questo organo burocratico propone e gestisce migliaia di norme e regolamenti dell’Ue, consultandosi con un esercito di funzionari esperti che non riconoscerebbero un elettore neanche se ne urtassero uno a pranzo in un ristorante di Bruxelles.
Per lo storico Perry Anderson, “la trinità di Consiglio, COREPER e Commissione” crea “non solo un’assenza di democrazia”, ma anche “un’attenuazione della politica di qualsiasi tipo, come normalmente intesa. L’effetto di questo asse è quello di cortocircuitare – soprattutto al livello critico del COREPER – le legislature nazionali che si confrontano continuamente con una massa di decisioni sulle quali mancano di qualsiasi supervisione”. Le questioni principali che riguardano la politica interna, anziché essere considerate questioni politiche da discutere e decidere nei parlamenti nazionali, vengono trattate come questioni tecniche da risolvere e archiviare nei comitati dell’Ue e nei vertici diplomatici segreti.
Ma cosa c’è di non democratico nel Parlamento Europeo eletto? Beh, è un parlamento, Jacques, ma non del tipo classico. Non ha il potere legislativo – non ha alcun potere di proporre e approvare leggi. Non elegge un governo, come i parlamenti delle nazioni europee. Non ha nemmeno il potere di scegliere dove ritrovarsi, dato che fa il pendolo tra Bruxelles e Strasburgo per capriccio della Commissione. È uno specchietto democratico per le allodole piuttosto grigio, costoso e poco convincente per un sistema in cui il vero potere proviene da consigli, commissioni e comitati attraverso diktat burocratici e accordi diplomatici segreti.
Le tendenze antidemocratiche che sono sempre state intrinseche, sono diventate più esplicite dalla formazione dell’Unione europea, un quarto di secolo fa. Le élite dell’Ue dichiarano ora la loro contrarietà alle frontiere – “la peggiore invenzione mai fatta dai politici” secondo Jean-Claude Juncker. Naturalmente, non sono contrari ai confini intorno alla “Fortezza Europa”, che hanno costruito e che difendono, spendendo grosse somme. I confini che odiano sono i confini nazionali all’interno dell’Europa, perché questi segnano gli Stati nazionali con governi sovrani e democratici. Juncker e i suoi amici non amano le frontiere non perché amano i migranti, ma perché disprezzano le democrazie nazionali.
Eppure, lo Stato nazionale – popolato da cittadini che chiedono conto ai governi delle loro azioni – rimane l’unica base per una democrazia funzionante che l’umanità abbia mai inventato. Qualsiasi idea di democrazia “europea” o addirittura di “democrazia globale” significa il suo contrario – sottrarre poteri ai cittadini per attribuirli a organismi sovranazionali come il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, la Commissione europea e le miriadi di organismi non governativi – che non rendono conto a nessuno – che appoggiano.
La regola dell’Ue che esige che gli Stati membri permettano la libertà di circolazione attraverso i loro confini, esemplifica il modo in cui gli eurocrati negano la democrazia, in nome della “libertà”. Essa ha rimosso il diritto dei parlamenti nazionali di controllare democraticamente i loro confini. Il popolo di una nazione come la Gran Bretagna ha avuto un’immigrazione di massa imposta loro dall’alto, senza che mai essa fosse decisa nelle urne. Questo è stato uno dei motivi per cui molti di noi che non sono contrari all’immigrazione, e che magari hanno protestato a favore dei diritti dei migranti, hanno votato in favore della Brexit – per riprendere il controllo e consentire un dibattito democratico su questioni come l’immigrazione. Non è possibile un dibattito di questo tipo finché rimaniamo intrappolati nelle norme dell’Ue.
Il voto del 2016 rimane, ovviamente, la principale ragione democratica della Brexit. Anche se l’Unione europea fosse l’istituzione più responsabile al mondo, la democrazia richiederebbe ugualmente la nostra uscita dall’UE. Ma come hanno dimostrato gli ultimi tre anni, non c’è niente che faccia emergere gli istinti antidemocratici delle élite dell’Ue come le masse in rivolta che esprimono la loro volontà attraverso un referendum.
Non ci può essere una vera riforma democratica senza la Brexit. E non ci sarà una vera Brexit senza una rivolta democratica sostenuta contro l’establishment dei remainer del Regno Unito.
Mick Hume è un editorialista di spiked. Il suo ultimo libro, Ribelliamoci! Come l’establishment sta minando la democrazia – e ciò di cui ha paura, è pubblicato da William Collins.
traduzione e prefazione Voci dall’Estero ( (Voci dall’Estero)