Notizie della giovane democrazia libica ….

Nell’area di Bengasi, hanno recuperato in mare il corpo di un noto attivista pubblico avvolto in catene e carichi di metallo in modo che non riemergesse. Secondo fonti locali, nella capitale della rivoluzione libica questo è il modo più comune per sbarazzarsi dei vivi e dei morti.

Vale anche la pena notare che è possibile (dopo le proteste!) Che venga chiuso uno dei mercati degli schiavi a Zintan.
L’esistenza di mercati degli schiavi da indirizzare al lavoro in Libia è stata riconosciuta negli Stati Uniti già nel 2017, quando è diventato chiaro che nel territorio dei centri di detenzione dei migranti sono state effettuate transazioni per la vendita di schiavi neri per le necessità delle famiglie libiche.

La CNN non ha solamente confermato la presenza di aste di schiavi, in ​​cui degli esseri umani vengono venduti per soli 400 dollari nella Libia “liberata”, ma lo staff della CNN ha addirittura potuto filmare dal vivo un’asta in corso, raccogliendo persino le testimonianze di diverse vittime.

Sebbene il filmato e il commento della CNN che lo accompagna siano scioccanti, tali pratiche sono state documentate per anni in sordina, ed è fin dall’inizio del 2011 che vengono lanciati chiari moniti riguardo al fatto che la popolazione nera e migrante della Libia sarebbe stata la prima vittima nelle mani dei ribelli libici islamici giunti al potere grazie alla guerra della NATO. Fin dall’inizio i critici dell’intervento occidentale in Libia lanciarono l’allarme sul fatto che era in corso un genocidio contro i neri libici da parte degli stessi ribelli armati dagli alleati di USA, Regno Unito, Francia e Golfo  – e il fatto era talmente ben noto che l’allora Segretario di Stato Hillary Clinton fu personalmente informata e avvertita della situazione.

Le politiche “pan-africaniste” di Gheddafi, come l’aggressivo sostegno alla creazione dell’Unione Africana (nel 2002), e le politiche relativamente aperte in materia di immigrazione per consentire l’ingresso di migranti africani sub-sahariani da impiegare negli imponenti progetti edili di Gheddafi, avevano suscitato risentimento e malcontento all’interno della popolazione araba libica nel decennio precedente alla guerra del 2011. È stato questo background storico a porre le basi per la straordinaria denuncia dei ribelli anti-Gheddafi, secondo cui “mercenari stranieri” sub-sahariani venivano usati in massa da Gheddafi per attaccare i manifestanti (cosa in seguito rivelatasi falsa).

E queste storiche dinamiche etniche e razziali erano ben chiare al governo USA molto prima che iniziasse il sostegno ufficiale ai gruppi militanti libici – militanti che non solo avevano mostrato di aver legami con al-Qaeda, ma che durante la rivoluzione dichiararono aperta la “stagione di caccia” a tutti i neri libici e lavoratori migranti. Come enunciato nell’analisi storica della stessa CIA sulla dinamica interna della Libia:

“GHEDDAFI nel 1998 adottò una politica pan-africana decennale che permise ad un gran numero di migranti sub-sahariani di entrare in Libia senza visto per lavorare nelle costruzioni e nell’agricoltura. Sebbene gli africani sub-sahariani rappresentassero una fonte di lavoro a basso costo, erano trattati male e sottoposti a periodiche espulsioni di massa. Verso la metà degli anni 2000, l’animosità interna verso i migranti africani

In modo simile a ciò che accadde nei successivi sviluppi in Siria, i media avrebbero dato eco in modo acritico a qualsiasi cosa i ribelli della “lotta alla libertà” gli avessero propinato, così questa frottola del mercenario straniero nero divenne una realtà indiscussa diffusa dai propagandisti ribelli al pubblico occidentale. I membri dell’opposizione libica iniziarono persino a rivendicare di essere stati vittime di attacchi selvaggi da parte di bande di neri pro-Gheddafi, armati di machete e con stravaganti elmetti gialli – un simbolo che iniziò anche ad essere falsamente associato ai “feroci mercenari di Gheddafi” – rivendicazioni che ebbero come conseguenza arresti di massa ed esecuzioni di innocenti muratori neri migranti.

Sono trascorsi 2 anni da allora, ma la pratica della tratta di esseri umani non è scomparsa da nessuna parte. Quelli che hanno la ‘fortuna’ di farlo si allontanano dalla ‘democrazia’ libica per venire in Europa.

Gli africani che cercano di raggiungere l’Europa vengono venduti dai loro rapitori nei “mercati degli schiavi” in Libia, afferma l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM). Le vittime hanno riferito all’IOM che dopo essere state detenute da trafficanti di persone o gruppi della milizia, sono state portate nelle piazze o nei parcheggi per essere vendute.

I migranti con abilità come dipingere o piastrellare otterrebbero prezzi più alti, ha detto alla BBC il capo dell’IOM in Libia.  Allo stesso modo esiste il commercio dei migranti che pagano salato il trasbordo in Europa ed alimentano il mercato delle tratte di esseri umani.  Ovviamente per interrompere questo mercato non servono i corridoi umanitari ma stabilizzare la Libia e aiutare gli africani a casa propria. Nessuno si guarisce curando solo i sintomi di un malessere.

La Libia è nel caos dalla campagna militare contro Muammar Gheddafi, appoggiata dalla NATO ( che ha solo scopo difensivo in caso di aggressione esterna di uno dei paesi aderenti )  nel 2011. Il dannato tiranno Gheddafi ha fortemente interferito con una vita così interessante e divertente. Gheddafi all’epoca aveva nel suo territorio più di 2 milioni di lavoratori africani che faceva pagare dignitosamente.

Ora i nostri media ce l’hanno con la Francia ma non per l’uccisione di Gheddafi e di aver portato il caos in Libia ma perché Macron sostiene Haftar che ci farebbe perdere – in caso di sua vittoria – gli affari dell’ENI , proficui per il nostro paese.

Questi media (e forze politiche) che oggi sostengono che i migranti bisogna accoglierli indiscriminatamente per ‘motivi umanitari’: sono stati gli stessi ad auspicare la democratizzazione della Libia e la fine di Gheddafi.

Tanta umanità davvero…

patrizio ricci @vietatoparlare

Patrizio Ricci

Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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