I palazzi del potere sembrano blindati e la storia sembra già scritta: un precedente documento della UE (del 16 marzo 2015) svela in maniera chiara come la politica europea nei confronti della Siria è frutto di cinici calcoli piuttosto che della tanto declamata ‘difesa dei diritti umani’.
Patrizio Ricci
Il documento conclusivo dell’ultima seduta di marzo dei ministri degli esteri dei paesi membri dell’Unione è fortemente influenzato dalle delibere degli ex-amici della Siria e dalla retorica rivoluzionaria (frutto spesso di propaganda appositamente finanziata) che lo stesso ex ministro degli esteri di Doha ha sconfessato, ma che la UE invece non riconosce (leggi: Ex ministro di Doha
: l’Arabia Saudita ed il Qatar dietro la guerra civile in Siria).
Il documento “Conclusions du Conseil relatives à la stratégie régionale de l’UE pour la Syrie et l’Iraq…” , fortemente ostile al governo siriano, si basa esclusivamente su dati forniti da fonti dei ribelli e promuove a pieni voti una ‘opposizione moderata’ che nel ‘planning’ complessivo delle ripartizione delle forze sul terreno (la maggior parte sono jihadiste), è totalmente non rappresentativa né delle forze in campo, né dei siriani.
Il dato più allarmante è che ‘le conclusioni del Consiglio… 16 marzo 2015, per come è strutturato, costituisce inevitabilmente anche il documento preparatorio per la successive riunioni (come quella che oggi si tiene a Bruxelles) che perciò già ipoteca pesantemente una eventuale decisione di rimozione delle sanzioni. Infatti nel testo stesso, al punto 19 si legge: “‘’ L’Unione europea continuerà la sua politica di imporre nuove sanzioni contro il regime ei suoi sostenitori, fino a quando la repressione continua’’. Il dato importante è che con tali false premesse, non possono che nascere ‘delibere – cloni’, perché mette in condizione, i successivi deliberanti, se decidessero di prendere altre decisioni, di darsi dei bugiardi e di riconoscere implicitamente di aver agito su falsi presupposti.
Per il resto, come tutti quelli della UE, il documento è una condanna senza appello contro il governo siriano: sarebbe colpevole di tutti gli attacchi verso la popolazione civile dal 2011 ad oggi. Dal 1966 e fino ai nostri giorni la UE ha scritto nero su bianco che trova nessun elemento positivo di progresso e di emancipazione nell’operato degli Assad, neanche rispetto alla realtà degli altri stati del medioriente.
Il giudizio inquisitorio però salta a piè pari il contesto storico in cui certi fatti si sono svolti (spesso influenzati fortemente persino dall’occidente, come ad esempio, la stessa ascesa al potere degli Assad…). Con eccessiva semplificazione oggi giudica uno dei pochi stati laici presenti nell’area come retrogrado e oppressivo. Inoltre, mentre si pretende per gli Assad (elogiati in passato come paladini dalla democrazia) l’applicazione degli standard di democrazia occidentali, si sottace invece l’infimo livello dei diritti e umani e della democrazia che vige nei paesi alleati del Golfo (ma rappresentano a Ginevra l’opposizione moderata).
Ma ad un documento che mette sullo stesso piano il governo siriano (che è l’unico che con i russi sta combattendo il terrorismo in Siria) con al Nusra ed il Califato, mancava una ciliegina sulla torta. La ciliegina ce l’ha messa diligentemente il nostro ministro degli esteri : alla vigilia della delicatissima riunione del 23 ha invitato ed ospitato a Roma ‘5 donne dell’opposizione’ che nell’incontro organizzato dalla Farnesina non hanno fatto altro che ribadire il mantra della rivoluzione di popolo ancora in atto.
Le dichiarazioni che le donne dell’opposizione hanno fatto sono inequivocabili: esse parlano di “uccisione della maggioranza del popolo costretto all’esilio o ucciso” (video Rainews minuto 2), e dal minuto 1.44 dicono “tutti sanno che non vogliamo più aver a che fare con Assad nella transizione perché criminale di guerra e perché ostacolerebbe l’unità. La Siria non diventerà mai un paese unito se dovesse rimanere Assad” e poi (vedi al minuto 3.15) si lamentano pure dei media occidentali che “evitano di parlare della rivoluzione di un popolo e si concentrano su un gruppo di terroristi chiamato Isis“. E’ chiaro, non essendoci state prese di distanza da parte del nostro governo, che questa posizione coincide con quella italiana.
Con questo tipo di “equidistanza”, il ministro Gentiloni partirà per decidere a Bruxelles se l’Italia deve o meno opporsi al rinnovo sanzioni verso la Siria.
Unica possibilità di rimozione delle sanzioni sarebbe un’attento e coraggioso ascolto delle motivazioni contenute nel testo della petizione sottoscritta da migliaia di cittadini gli scorsi giorni (che è ancora aperta). La petizione e le successive mozioni parlamentari a sostegno sono state presentate al dicastero degli Esteri ed a Bruxelles dal comitato ‘’Basta Sanzioni alla Siria ed aisiriani’’, tutte si basano si basa sul dato oggettivo che le sanzioni non servono a nulla se non ad infliggere morte e sofferenza gratuita alla popolazione.