Tutti i contatti telefonici che l’ambasciatore russo Andrei Karlov assassinato dalla guardia del corpo di Erdogan nel 2016 sono stati pubblicati, autorizzati dal giudice che conduceva le indagini.
Il giudice è stato scelto appositamente da Erdogan affinché non fosse indagato sulle ramificazioni e le connivenze esistenti tra l’autore assassinio e l’entourage del presidente turco.
La fonte è Nordic Monitor, un gruppo composto da giornalisti veterani, specialisti della sicurezza.
Nordic Monitor il 6 settembre ha rivelato che le autorità turche hanno incorporato nei fascicoli dell’inchiesta (aperta a seguito dell’omicidio dell’ambasciatore russo ucciso Andrei Karlov), tutti i numeri ed i contatti che lo sesso aveva avuto dal 2015 al 19 dicembre 2016, ovvero fino al momento in cui è stato ucciso dalla pluridecorata guardia del corpo di Erdogan.
Ovviamente questi particolari comunemente vanno sigillati ed inclusi nei fascicoli dell’istruttoria e non divulgati, a maggior ragione perché si tratta di un diplomatico di un paese straniero.
Inoltre Nordic Monitor precisa che i tabulati non avevano nulla a che fare con l’assassinio, e “non c’era alcun indizio che potesse aver fatto luce sull’omicidio commesso dall’ufficiale di polizia di 22 anni Mevlüt Mert Altıntaş, che è stato premiato più volte con bonus per i suoi servizi dal governo del presidente Recep Tayyip Erdoğan”.
La pubblicazione rivela quanto chiaramente risulta che il giudice Adem Akıncı a cui è stata affidata l’inchiesta è stato scelto personalmente da Erdogan al fine di oscurare le indagini, in modo che fossero oscurate le prove ” che indicavano gruppi radicali filo-governativi che avevano legami con il regime. Nessuno degli imam, alcuni dei quali erano sul libro paga del governo, che hanno avuto un ruolo nella radicalizzazione dell’assassino è stato indagato come complice da Akıncı.”.
Il giudice designato da Erdogan è un giudice di poca esperienza che non ha mai indagato in casi simili che implicano indagini complesse, ha rifiutato la richiesta russa di interrogare con la macchina della verità uno dei testimoni chiave che ha riconosciuto di essere complice dell’assassino. Questo nonostante lo stesso avesse rinunciato alla privacy e quindi avesse acconsentito.
Le autorità turche hanno sempre tenuto un atteggiamento poco collaborativo con le indagini parallele che la Russia ha messo in atto. In particolare, le autorità competenti turche hanno eseguito l’autopsia dell’ambasciatore russo Karlov, nonostante le autorità russe avessero richiesto che non venisse eseguita, assecondando così la volontà della vedova (visto che l’ambasciatore era stato ucciso in diretta TV, l’autopsia era irrilevante ai fini delle indagini).
Inoltre, il 4 settembre 2020. la Turchia ha messo gli inquirenti russi davanti al fatto compiuto, visto che hanno presentato loro subito un reo confesso complice della guardia dell’omicida, preventivamente torturato dal MIT. In questo modo hanno evitato ulteriori approfondimenti.
In base ai rilievi di Nordic Monitor Erdogan aveva impostato il tutto per far deragliare le indagini sin dall’inizio: “Il procuratore turco ha ignorato tutte le piste verso i gruppi filo-governativi; non ha incriminato alcun esponente radicale che fosse stato in contatto con l’assassino nei mesi precedenti l’assassinio; e ha deliberatamente deviato il focus dell’indagine lontano da persone vicine al governo Erdoğan” .
Invece come capro espiatorio è stato preso il movimento di Gülen , oppositore del governo, senza peraltro alcune prove reali a sostegno delle accuse.
In questo modo Erdogan non solo ha insabbiato le indagini ma le ha rivolto anche a suo favore per eliminare suoi oppositori.
Insomma, si tratta di una vicenda palesemente offensiva per la Russia: “Ci sono una serie di prove nel fascicolo del caso che mostrano che l’assassino è stato in realtà radicalizzato dalla letteratura jihadista, ha frequentato circoli di preghiera organizzati dal religioso jihadista filo-governativo Nurettin Yıldız ed è stato amico di noti militanti di al-Qaeda. Tuttavia, il governo non ha seguito le piste nelle reti jihadiste e non ha indagato sulle figure di al-Qaeda che avevano lavorato con l’assassino. È stato anche rivelato che il governo di Erdoğan aveva concesso all’assassino 34 bonus in due anni.”
Se a questo aggiungiamo che Erdogan ha dato l’incarico ad un giudice di poca esperienza ed estremamente debole, a cui sono state già consegnate già ‘impacchettate’ le indagini preventivamente pilotate, il verdetto stesso (con l’accusa a capri espiatori di Gulen), è palesemente frutto di una farsa.
Non resta quindi che aspettare le indagini russe che sono ancora in corso. A mio avviso, è probabile che queste indagini faranno luce al caso pubblicamente, solamente se l’indirizzo delle relazioni con la Turchia dovessero ulteriormente peggiorare. Del resto la Russia ha ingoiato parecchi rospi dalla Turchia in nome dell’interesse nazionale e solo in questo modo ha potuto beneficiare di una certa facilitazione in Siria. Ora però Ankara sta inanellando atti ostili a Mosca uno dietro l’altro, non ultimo l’addestramento della marina ucraina e la fornitura alla stessa di droni da combattimento che sicuramente Kiev utilizzerà contro le repubbliche autonomiste.
Ci sono quindi buone probabilità che in qualche modo Mosca alla fine presentati il conto. Resta comunque l’amarezza per questa vicenda di inaudita crudeltà e infamia. Dopo l’omicidio ci sarebbe aspettato un’epurazione tra le fila della sicurezza di Erdogan e dei mentori della sua guardia del corpo, ma questo non è avvenuto. Prova quindi che ideologicamente il mandante è stato più che giustificato dall’establishment.
Vp News
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