Il 31 dicembre scorso, mentre sulla Terra erano in corso i festeggiamenti per l’arrivo del nuovo anno, a 110 milioni di chilometri di distanza la sonda della NASA OSIRIS-REx si trovava in una una fase cruciale della sua missione: l’ingresso nell’orbita dell’asteroide Bennu.
Nel corso della manovra, la sonda – costruita dalla divisione spazio di Lockheed Martin – ha compiuto un’accensione dei suoi motori principali di circa 8 secondi, che le ha permesso di inserirsi in una strettissima orbita a solo 1,75 km dal centro dell’asteroide.
Con un diametro di soli 500 metri, Bennu è dotato di un debolissimo campo gravitazionale che ha costretto i tecnici della NASA a studiare con attenzione l’orbita finale di OSIRIS-REx, la quale sarà soggetta però a continui aggiustamenti necessari per far rimanere la sonda “agganciata” il più possibile all’asteroide.
La progettazione dell’orbita dipende in gran parte dalle proprietà fisiche di Bennu, come la massa e il campo gravitazione, che non conoscevamo prima del nostro arrivo. Fino ad ora abbiamo dovuto tenere conto di un’ampia varietà di possibili scenari nelle nostre simulazioni al computer, in modo da assicurarci di poter arrivare in sicurezza così vicino a Bennu. Mentre il team apprendeva di più sull’asteroide, abbiamo incorporato nuove le informazioni nelle simulazioni, così da perfezionare la traiettoria dell’orbita finale
Mike Moreau, direttore del sistema di dinamica di volo di OSIRIS-REx
Si inizia a fare sul serio
L’arrivo della sonda nell’orbita di Bennu segna la fine della fase di crociera della missione, iniziata due anni fa per un viaggio di oltre 2 miliardi di chilometri, e dà idealmente il via alla fase scientifica della stessa.
Dopo una fase di controllo, a fine febbraio la NASA riprenderà le misurazioni e con una serie di fly-by studierà Bennu in ogni dettaglio, così da determinare il sito per la raccolta dei campioni dell’asteroide, manovra prevista all’inizio del 2020. Dopo aver prelevato con il suo braccio TAGSAM fino a 2 chilogrammi di regolite, OSIRIS-REx farà quindi ritorno verso la Terra, dove nel 2023 consegnerà il suo prezioso carico.
Ma oltre al traguardo per l’intero
svolgimento della missione, l’ingresso di OSIRIS-REx nell’orbita di Bennu segna
due importanti record anche per quanto riguarda l’esplorazione spaziale in sé.
Bennu, prima di tutto, è il più piccolo corpo celeste intorno cui abbia mai orbitato un veicolo spaziale costruito dall’uomo. E non solo, perché battendo il precedente record di 7 chilometri stabilito dall’europea Rosetta sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko nel maggio del 2016, l’orbita di OSIRIS-REx è anche la più vicina mai raggiunta da uno spacecraft intorno ad un corpo celeste.
Vestigia, pericolose, dell’antico
sistema solare
Bennu è stato selezionato come obiettivo
della missione poiché considerato dagli astronomi come una vestigia dei
primordi del Sistema Solare.
Datato 4,5 miliardi di anni, si
pensa che sia molto ricco di carbonio e che potrebbe contenere molecole
organiche simili a quelle che sono state fondamentali per l’inizio della vita
sulla Terra.
Ma l’interesse per Bennu va anche oltre. L’asteroide fa parte della famiglia dei Near Earth Objects (NEO) l’insieme di asteroidi e comete che con una traiettoria potenzialmente a rischio di impatto con la Terra.
Secondo gli attuali calcoli, nel periodo tra il 2175 e il 2199 Bennu ha una possibilità su 2700 di incontrare l’orbita della Terra.
Si tratta di un rischio basso ma comunque esistente, che può essere annullato studiandone da vicino la composizione e iniziato a ipotizzare le future contromosse.
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