Qara, 14 aprile 2018
Come promesso, ricevete ora un rapporto dal campo in cui 25.000 persone vivono, dopo essere state liberate dalla Ghouta orientale, ma non possono ancora ritornare alle loro case. È proprio per loro che voi avete contribuito così generosamente. Grazie grazie!.
Come un campeggio sovraffollato
Come giovane prete ho avuto l’incarico di servire e celebrare l’Eucaristia durante il weekend in due diversi campeggi del comune di Mol (Belgio). Era la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70. Un bel lavoro di vacanza per un giovane sacerdote.
Martedì scorso ho potuto accompagnare Zaki a Dwayr, a Nord di Damasco, dove la gente rifugiata dalla Ghouta orientale viene accudita dalla nostra comunità di Mar Yakub. Infatti noi ci siamo assunti la responsabilità di prenderci cura di 25.000 rifugiati.
Ho avuto immediatamente l’impressione, come mezzo secolo fa, di girovagare nuovamente per la provincia dello Zilvermeer (Belgio) anche se le differenze sono enormi.
L’ingresso qui è controllato dai soldati. Per dir le cose in modo semplice, facevo parte della squadra di Mar Yakub e indossavo (per l’occasione) la giacca con il distintivo del monastero (una croce con quattro palline che simboleggiano le quattro direzioni del globo, cioè il mondo intero) e il segno dell’UNHCR, l’organizzazione dei rifugiati delle Nazioni Unite. Il sole splendeva fino al pomeriggio quando ha iniziato a piovere: la pioggia è sempre considerata come una benedizione eccezionale. Ovunque molte persone, molti giovani e molti bambini. Ci sono grandi edifici in pietra e all’esterno è possibile vedere la biancheria appesa a un filo tra due pile di cemento.
Tra gli ulivi si vedono caserme di legno con o senza telo. Tra gli alberi si vede il bucato appeso. Qua e là i bambini si siedono per strada con delle caramelle, sperando di poter vendere qualcosa. Davanti alle caserme ci sono anche delle tende, dove una famiglia sta intorno al fuoco cucinando. Ci sono anche grandi tende, dove dormono donne e bambini. Si vedono anche molti grandi serbatoi rossi che forniscono l’acqua necessaria. Ho alzato il pollice al camion della spazzatura e ai tre uomini a bordo, che mi hanno sorriso e salutato con gratitudine. Un po’ dovunque si vedono uomini responsabili della pulizia della spazzatura dentro e fuori dagli edifici. Le donne puliscono i dormitori delle loro famiglie.
Prima siamo andati alla nostra piccola caserma “barakske” accanto alla nostra “clinica mobile” (con la croce della nostra comunità in collaborazione con la Mezzaluna Rossa) e siamo stati accolti molto calorosamente dalla “équipe di “Mar Yakub”, che vediamo ogni settimana al nostro monastero. Inoltre, quasi tutta l’équipe (oltre 30 persone) è qui, con la conseguenza che i quattro centri di servizio a Qara funzionano temporaneamente al minimo. Questi ragazzi sono molto felici per la mia visita. Sono anche molto orgogliosi di poter aiutare qui. Più in là c’è il vero “hospitainer” di cui potete vedere qui l’interno. Dopo facciamo una passeggiata sul terreno. In generale c’è un’atmosfera rilassata.
Da lì siamo andati in cucina, che adesso fornisce ogni giorno cibo a circa 10.000 persone, ma questo servizio dovrà essere esteso ancora ad un numero maggiore. Qui c’è un’operosità piacevole e allegra. Ci sono grandi bollitori in cui il riso è mescolato con verdure per mezzo di una vera pala (molto pulita). In altri bollitori si fa la zuppa. C’è un buon profumo in cucina. Altri stanno stanno cuocendo il pane su una piastra calda. Il pane viene tagliato a fette sottili e condito con formaggio, zatar e rimesso sulla piastra. Vogliono che io mangi e mi offrono una sedia. Ha davvero un buon sapore. Un giovane uomo, un cristiano, il cui matrimonio abbiamo consacrato e che ora è padre di un bel bambino, è con la nostra squadra e allo stesso tempo ci fa anche da fotografo. Anche se non mi piace il giornalismo selfie, il giovanotto fa tante (anche troppe) foto con me. Le sue foto sono anche migliori perché quella fatta in cucina non era così chiara, a motivo di tutto il vapore. Di solito le persone amano essere fotografate, anche se le donne musulmane sono sempre un po’ riluttanti.
Alcune donne si prendono cura di mantenere puliti i diversi luoghi.
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Quando siamo arrivati in cucina, il camion che avevamo caricato la mattina presto prima di partire (con sedie a rotelle, attrezzature mediche e altri materiali), era appena arrivato. Questo camion infatti serve di solito anche per trasportare e distribuire il cibo alle famiglie che non possono ancora prendersi cura di se stesse. L’autista mi ha invitato ad accompagnarlo presso le persone a cui sa che deve essere consegnato. Alcuni uomini assicurano una distribuzione ordinata. Uomini e donne stanno aspettando in file separate con una loro pentola o un secchiello. Riso e yogurt (o qualcosa di proveniente dal nostro caseificio) vengono distribuiti. È sorprendente che ciò avvenga ordinatamente in tutta tranquillità, questo è in contrasto con ciò che hanno sperimentato i nostri fratelli alla prima distribuzione in Deir Ezzor, che era stata appena liberata il giorno precedente: la gente di Deir Ezzor era così affamata che la distribuzione diventò così caotica che alla fine l’esercito dovette intervenire. Qui a Dwayr la situazione è come l’avevo vissuta a Qousseir: ordinata e tranquilla.
Ritornando verso la cucina, un uomo della Equipe della Mezzaluna Rossa ci indicò una serie di caserme piene di ammalati. Ho chiesto di poterli visitare, se mi era concesso. Per discrezione non ho fatto alcuna foto. Tuttavia, sono stato più che benvenuto ovunque, anche se potevo solo pregare un Padre Nostro e un’Ave Maria in arabo, e anche imporre loro le mani e benedirli nel nome di Gesù.
Nella prima baracca c’erano tutti bambini piccoli ammalati. Dopo aver preso in braccio un bambino e pregato sopra di lui, sono venute anche altre madri con i loro bambini. In una delle caserme, le infermiere stavano lavorando. Nell’ultima caserma giaceva una vecchia donna, che mi prese la mano e continuò a baciarmi.
Signore Gesù, ti prego, benedici tutti questi malati.
Abbiamo già speso 18.000 €. per materiale necessario di pubblica utilità (acqua, elettricità, ecc.) e di igiene (bagni, ecc). I soldi che arriveranno, saranno spesi adesso per la cucina, per espandere questo progetto e per mantenerlo, perché quest’attività purtroppo sarà ancora necessaria per molto tempo.
L’ accoglienza calorosa infatti non era per me, ma per voi che avete aperto il vostro cuore e il vostro portafoglio in modo tanto generoso.
Che Dio vi benedica tutti generosamente, come voi siete stati generosi donatori!
Padre Daniel
indirizzo: Abdijlaan 16 B-2400 MOL-POSTEL, con riferimento: Damasco). IMPORTANTE: sul bonifico, nella casella “comunicazione” non si può indicare ‘Causale Siria’ o il bonifico viene rifiutato dalle banche, a causa delle sanzioni. E’ meglio scrivere: “Monastero di San Giacomo”.[/su_panel]
fonte: Ora Pro Siria