SIRIA: Intervista al vescovo di Aleppo

fonte: Selvasorg   tratto da http://adelkeren.blogspot.com/2012/01/intervista-12122011-monsignor-antoine.html Si tratta di un subdolo neocolonialismo che si serve dell’appoggio dei media per convincere l’opinione pubblica circa la sua presunta liceità. Così ha risposto monsignor Antoine Audo, vescovo caldeo della città siriana di Aleppo, a un inviato italiano che gli chiedeva se è vero che i cristiani siriani appoggiano il …

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Le elezioni ignorate dagli ‘amici della Siria’ (che l’hanno occupata in armi).

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Giacchè da noi, paese di grande libertà,  di ogni notizia positiva che accade in SIRIA è proibito parlarne, è un buon motivo per riportare almeno una. I risultati delle elezioni siriane, le prime elezioni pluripartitiche. Di seguito gli eletti nelle varie provincie. Si nota che sono stati eletti anche cristiani e che viene eletta anche …

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SULLE ELEZIONI IN SIRIA DEL 7 MAGGIO 2012

fonte: comedonchisciotte DI PAOLO SENSINI

Riceviamo e volentieri pubblichiamo un breve articolo sugli sviluppi delle elezioni politiche siriane, di cui i media occidentali non hanno riferito assolutamente nulla.

Le elezioni del 7 maggio volevano essere un tentativo di pacificazione per la Siria, ma il disinteresse e il silenzio del circo mediatico internazionale ne hanno definito la cornice, cercando in qualsiasi maniera di squalificarne e vanificarne ogni sforzo propositivo. Insomma, un déjà vu al quale si è già assistito molte volte.
Eppure nel paese erano presenti da giorni ispettori dell’ONU (al momento delle elezioni ne erano presenti circa settanta, mentre l’attesa è di trecento osservatori complessivi entro la fine di maggio), che avrebbero potuto svolgere un ruolo non marginale a latere delle sedi elettorali.

Avviata il 15 aprile dopo l’approvazione all’unanimità del Consiglio di sicurezza della risoluzione 2042, la missione ONU ha seguito di poco il piano in sei punti di Kofi Annan e della Lega Araba.

Il 21 aprile è stata votata la risoluzione 2043: il Consiglio dell’ONU “stabilisce, per un periodo iniziale di novanta giorni, una missione di supervisione, denominata ‘UNSMIS’, inerente la rapida disposizione di circa trecento osservatori non armati, supportati da componenti civili e sistemi di trasporto aereo, finalizzati a monitorare la riduzione degli scontri a fuoco in tutte le loro forme e da parte di tutte le forze in campo”.

Un totale di 7.195 candidati (di cui 710 donne) per 250 poltrone in Parlamento: questa la posta in gioco per le prime elezioni multipartitiche nella storia recente del paese.

La mattina delle elezioni, per chi si trovava a Damasco come il sottoscritto e ha quindi potuto seguire da vicino lo svolgimento della consultazione, vi era grande fermento intorno ai seggi elettorali. Segno che l’evento era sentito come importante e, per molti versi, foriero di aspettative positive per il futuro del paese. Dovunque si vedevano sciamare sulle strade della capitale giovani muniti di pettorine elettorali che distribuivano febbrilmente prospetti informativi sui candidati dei vari partiti in lizza. Lo stesso movimento di folla l’ho potuto riscontrare di persona anche all’interno di un edificio adibito a seggio posto sulla piazza di Bab Thuma, una zona di snodo assai importante per la città, dove un flusso ininterrotto di persone si accalcava per poter apporre la propria croce sul simbolo prescelto. Per scongiurare eventuali brogli elettorali, ad ogni votante veniva inoltre chiesto di lasciare un’impronta dell’indice intriso di inchiostro rosso.

Il risultato, dopo lo spoglio dei voti, è stato il seguente: il Ba‘th, partito al potere da mezzo secolo in Siria, ha vinto le elezioni legislative. In attesa dei risultati ufficiali e dei dati precisi sull’affluenza alle urne, la stampa siriana ha diffuso i parziali dello scrutinio concluso nei principali distretti del Paese. Secondo il quotidiano “al Watan”, il Ba‘th, che guida il Fronte dell’Unità nazionale (جبهة الحدة الوطنية), versione elettorale del Fronte nazionale progressista (FNP), ha riportato “una vittoria schiacciante’” non solo a Damasco, ma anche a Daraa e Idlib, roccaforti delle proteste anti-regime.

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Strage a Damasco: diluvio di menzogne parlare ancora di rivolta popolare contro l’oppressione della dittatura, perchè l'ha superata.

Ho appreso  dalla TV dei 1.000 kg di esplosivo  che a Damasco hanno fatto strage in uno dei punti più frequentati dalla gente. Anche di fronte a queste immagini il TG1 non ha mancato di commentare la solita retorica romanzata della rivoluzione, infatti il commento finale al servizio, mentre scorrevono le immagini della devastazione è …

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Le milizie anti-Assad usano ad Homs i quarteri cristiani come campi di battaglia.

Titolo originale: “Christianity Under Assault in Syria: Saint Mary Church of the Holy Belt Damaged” Homs, Siria (MECN) – La Siria è la patria di antiche civiltà, contenente reliquie antiche e rovine risalenti alle prime civiltà umane conosciute. Insieme ad avere queste  caratteristiche, la Siria è anche parte della Terra Santa, o come direbbe qualcuno, …

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Reportage dalla Siria .6 – Iracheni e siriani, voci che nessuno ascolta

fonte: http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=285   di Marinella Correggia

Jbab e Damasco

“Peggio dei terremoti e delle tempeste è l’odio settario. Per la nostra religione è un peccato gravissimo. Chi uccide una singola persona è come se uccidesse l’umanità intera, dice il Corano. Eppure le potenze esterne hanno fatto in modo di alimentare il settarismo violento anche in Siria”. Il maestro Ali è un musulmano praticante e sunnita che vive nel grosso paese di Jbab, governatorato di Deraa (considerato roccaforte dell’opposizione al governo), a 40 minuti di pulman da Damasco, fra uliveti vecchi e nuovi (la Siria è fra i primi produttori al mondo) e campi di grano. A Jbab “riciclano” le grosse scure pietre di basalto per costruire le case nuove; la sua, Ali l’ha costruita da sé e con spontanei criteri di bioarchitettura. Dopo un tè e un caffè, si congeda insieme alla moglie (che non parla), precisando che a Jdab non ci sono problemi e che quando è andato a Deraa a prendere lo stipendio ha trovato tutto calmo.

Iracheni erranti

A Damasco, nel quartiere di Jaramana, la sera gli iracheni (uomini) si ritrovano a giocare a scacchi e bere tè sotto una grande tenda arredata, allestita due anni fa da uno di loro. La Siria ha ospitato e ospita oltre a palestinesi e libanesi un numero incredibile di iracheni scappati dopo la guerra di Bush del 2003 con il caos e il conflitto settario che ne sono seguiti. Secondo l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), il numero (fluttuante) di iracheni rifugiati in Siria è di oltre 1.100.000 persone più 300mila prive di status. Sono una parte sono registrati. Damasco ha sempre concesso permessi di soggiorno rinnovabili ma questa enormità di rifugiati è un peso sociale enorme. Ha aumentato i prezzi degli affitti e delle case, ha portato fenomeni di delinquenza, disagio, prostituzione. A parte gli aiuti alimentari forniti dall’Unhcr, l’assistenza sanitaria gratuita delle strutture siriane e della Red Crescent siriana, la scuola pure gratuita (ma molti bambini iracheni non ci  vanno e lavorano), gli iracheni teoricamente non possono lavorare; comunque l’occupazione al nero è tollerata. Come vedono la tragedia siriana? Saad (di Baghdad, quartiere Qarrada) gestisce un lavanderia: “Siamo scappati in Siria perché qui era più facile essere accolti, la vita costava poco, eravamo vicini al nostro paese e le tradizioni sono simili. Ma adesso temiamo un intervento armato esterno anche qua ad appoggiare i gruppi di terroristi fanatici come quelli che ci hanno fatti partire dall’Iraq. Volete bruciare la Siria con tutti i suoi abitanti? Molti iracheni stanno cercando di andar via. C’è anche una politica per farne andare un po’ in Turchia a gonfiare le cifre sui rifugiati dalla Siria”.

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