Chi fu Garibaldi? Un negriero, un grande nemico del Meridione,della Chiesa, dell’Italia.
fonte: libertà e personaDi Francesco Agnoli – 28/02/2011 – Storia del Risorgimento
Quando si parla di Risorgimento, di unità politica dell’Italia, l’eroe che viene alla mente è senza dubbio Giuseppe Garibaldi. Per decenni la sua figura è stata celebrata, osannata, sino a farne una sorta di santo laico, da porre sull’altare della patria, a cui dedicare poesie, strade, pazze e statue equestri: al fine di dare, ad un paese che aveva voluto tagliare i conti, in quattro e quattr’otto, col passato, un mito fondativo sufficientemente romantico e affascinante.
Di Garibaldi, il poeta vate Giosue Carducci, cantore dell’Italia mazziniana, e poi di quella crispina e coloniale, scriveva: “Nacque da un antico dio della patria, mescolatosi in amore con una fata del settentrione…”.
In verità il Risorgimento, come notò Gobetti, è stato un tempo senza eroi. “Troppo fumoso e cerebrale Mazzini- scrive Luca Marcolivio, nel suo piacevole “Contro Garibaldi” (Vallecchi)-, troppo machiavellico Cavour, troppo legato alla cattiva fama di casa Savoia Vittorio Emanuele II”. L’unico che “seppe suscitare qualche entusiasmo popolare, anche se dovuto più ai lati spettacolari, pittoreschi e buffoneschi del suo modo di essere e di apparire che non a delle vere qualità di capo”, fu, secondo Indro Montanelli, Giuseppe Garibaldi..
Chi fu veramente Garibaldi? Fino al 1848 la sua vita è poco chiara, perché avvolta nella leggenda. “Da giovane – scrive lo storico Massimo Viglione, nel suo “L’identità ferita” (Ares)- dopo aver partecipato al tentativo mazziniano di invasione del Regno di Sardegna, Garibaldi si mise dapprima a fare il pirata al seguito del bey di Tunisi e poi fu costretto a fuggire in Sudamerica per non finire impiccato. Quindi si coinvolse prima nel furto di cavalli in Perù (dove gli vennero tagliati i padiglioni degli orecchi), e poi praticò la pirateria per il commercio degli schiavi asiatici”.
Un pirata, dunque? La notizia, negata da Phillip K. Cowie, con argomenti piuttosto fragili, è invece confermata da altri storici, come L. Leoni, O. Calabrese, A. Pellicciari, e persino da un agiografo di Garibaldi come Giovanni Spadolini che però, ne “Gli uomini che fecero l’Italia”, vi accenna fuggevolmente senza addentrarsi nelle sue “leggendarie e piratesche imprese in Sud America”.
Più esplicito lo storico del Risorgimento Giorgio Candeloro, che, intervistato su “La Repubblica” del 20/1/1982, fornisce dettagli maggiori: “Comunque Garibaldi, un po’ avventuriero, un po’ uomo d’azione, non era tipo da lavorare troppo a lungo in una fabbrica di candele. Va in Perù, e, come capitano di mare, prende un comando per dei viaggi in Cina. All’andata trasportava guano, al ritorno trasportava cinesi per lavorare il guano: la schiavitù in Perù era stata abolita e il guano non voleva lavorarlo più nessuno. Insomma un lavoretto un po’ da negriero. Era un avventuriero, un uomo contraddittorio, fantasioso, un personaggio da romanzo”.
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