Patriarca Twal: “La comunità internazionale deve farsi un esame di coscienza e ammettere i propri errori”

[su_panel border=”1px double #cccccc”]Le grandi potenze perseguono il profitto tentando di estendere la propria influenza su altri popoli con la scusa di aiutarli. Naturalmente è un un inganno che non prepara per nessuno un mondo migliore.

A lungo andare, la violenza ritorna: non è questo il profitto. Il vero profitto si conquista con lo sviluppo, la cultura, la giustizia .[/su_panel]

Per il Patriarca Twal si deve ricominciare dalla Città Santa, da Gerusalemme. Il dialogo che finora hanno organizzato le varie parti politiche è “Un dialogo che non ha prodotto nulla, abbiamo dialogato troppo. Sono oltre 30 anni che si dialoga senza nessun esito. Il popolo non vuole sapere di cosa si è discusso ma vedere i risultati, ovvero libertà di movimento, lavoro, sicurezza, dignità, pace”, dice il Patriarca ad Agensir..

[su_panel border=”1px double #cccccc”]I problemi non si risolvono con le strategie se non cambia il cuore dell’uomo. I passi non si possono fare per risolvere un problema quando la casa brucia. Occorre affermare un nuovo modo di vivere perchè non si risolvono le situazioni solo con una maggiore potenza di fuoco.[/su_panel]

Una logica perversa ha condotto le guerra in Siria , sta infiammando tutto il medioriente e permane l’insoluto problema palestinese:

Mai come ora serve logica, cuore e misericordia necessarie per denunciare il male e far prevalere il bene, solo così possiamo aiutare i due popoli a costruire una cultura di pace.

Proseguendo sul  conflitto israele-palestinese , il Patriarca Twal ha proseguito: “Gli atti di disperazione  non porteranno mai alla fine dell’occupazione. Possono essere casomai il pretesto per Israele per usare ancor più forza”.

Il seme piantato dalla Chiesa locale sembra non serva non produca il frutto sperato della pace, eppure il positivo in atto è grande;  è alla vita concreta della gente che  i leader dovrebbero guardare per organizzare interventi, dialogo e per avere maggiori motivazioni “100 scuole cristiane sparse per il Patriarcato, ai suoi 75mila studenti, agli ospedali, alle cliniche, alle case di accoglienza per anziani, disabili e rifugiati, dove la pratica della convivenza e della riconciliazione è uno stile di vita”.

[su_panel border=”1px double #cccccc”]Il Patriarca dice che ci si sente frustrato perchè la gente chiede cosa si sia fatto, quale sia il risultato in termini di pace che quelle opere hanno generato. E verrebbe da dire ‘non è servito a niente’.[/su_panel]

“Siamo umiliati  i nostri fedeli ci chiedono i risultati di tanto impegno. Ci domandano ‘cosa avete fatto? Nulla, viene da rispondere. Siamo frustrati in questo. Ciò che ci consola è che il nostro è un lavoro lungo i cui frutti sono destinati a crescere. Noi abbiamo speranza. Crediamo nell’educazione: quando bambini israeliani e palestinesi, siano essi musulmani, ebrei o cristiani giocano, studiano, mangiano insieme, preparano la convivenza”

[su_panel border=”1px double #cccccc”]I massimi rappresentanti politici non possono agire come burocrati o come capi di aziende.[/su_panel]

‘La politica deve fare scelte forti – dice mons. Twal – per evitare di restare nel campo delle buone intenzioni. Ma con questi politici c’è poco da sperare”.
Domandate pace per Gerusalemme”. Pace, lavoro, dignità, giustizia, stabilità, sicurezza: le chiedono anche i rifugiati siriani e iracheni in Giordania, Libano, Turchia. “Sono famiglie che hanno perso tutto: 260mila morti, milioni di sfollati e rifugiati” i cui destini sono legati a quelli dei palestinesi e degli israeliani. “Domandate pace per Gerusalemme”: le parole del Salmo oggi risuonano ancora di più come un grido contro il terrorismo nel mondo.

Infine, Twal esprime un giudizio chiaro e forte sulla situazione siriana il cui approccio a livello internazionale è sbagliato perchè è lo stesso approccio fallimentare che si è avuto nella terra Santa in tanti anni :

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“La comunità internazionale deve farsi un esame di coscienza e ammettere i propri errori”

spiega il patriarca allargando lo sguardo al vicino conflitto siriano e a Daesh, il sedicente Stato islamico. “Per il presidente Obama e il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius in Siria si devono aiutare i ribelli moderati. Ma non esistono ribelli moderati. Inutile girarci intorno. Non ci sono carri armati moderati, non ci sono bombe moderate e distruzioni moderate”. Né in Siria, né in Iraq. “Ci sono, invece, tanti innocenti che pagano con la vita”.

Per fare guerra a Daesh servono anche sviluppo, cultura, giustizia, chiese, moschee, politici e istituzioni coraggiose”.

Obama è intervenuto solo perché in ballo vi erano interessi strategici americani. Forse vedere perire le minoranze in Siria e Iraq non era nel suo interesse? Vedere la distruzione di siti storici e archeologici o milioni di rifugiati non era nel suo interesse? Non basta bombardare. Occorre colpire la politica degli interessi, come ricorda il Papa che denuncia la vendita di armi”.

Dal luogo dell’agonia. Il prossimo 13 dicembre, a Gerusalemme, presso la basilica del Getsemani, verrà aperta la Porta santa del Giubileo della Misericordia.

“La nostra Chiesa del Calvario non poteva che cominciare il suo cammino giubilare dal luogo dell’agonia di Gesù. Alla sofferenza di Cristo si somma quella di questa Terra, di questa Regione la misericordia abbatte i muri, l’odio, l’ignoranza, l’indifferenza, l’insensibilità e il disprezzo”.

Torniamo a Dio e al rispetto tra noi. Ci sono uomini, donne, bambini, innocenti che non hanno nulla a che vedere con queste guerre”.

Vietato Parlare da un articolo di Agensir
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