Damasco (Siria) – 27 ottobre 2014 – di Thierry Meyssan (fonte Rete Voltaire )
Per la seconda volta, l’amministrazione Obama ha accusato la Turchia per il suo sostegno all’Emirato Islamico (Daesh). All’inizio, il 2 ottobre, lo ha fatto il Vice Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, in un discorso alla Kennedy School di Harvard [1]. Poi, il 23 ottobre, è stato il turno del vice segretario al Tesoro David S. Cohen, davanti alla Fondazione Carnegie. [2] Entrambi hanno accusato Ankara di sostenere gli jihadisti e di vendere il petrolio che costoro rubano in Iraq e in Siria.
Di fronte alle smentite del presidente Recep Tayyip Erdoğan, Biden si era scusato. Il governo turco aveva allora consentito al PKK di venire in aiuto dei curdi siriani di Kobané, assediati da Daesh. Ahimè! Il comportamento di Ankara non ha convinto e Washington ha rinnovato le sue accuse.
Non ritengo che quel che viene messo in questione sia il sostegno agli jihadisti. La Turchia agisce su di loro soltanto in conformità con i piani statunitensi, e, almeno fino a metà ottobre, Daesh rimane controllata dalla CIA. Ma Washington non può accettare che un membro della NATO sia visibilmente coinvolto nel massacro che minaccia gli abitanti di Kobané. La politica dell’amministrazione Obama è semplice: Daesh è stata creata per compiere ciò che la NATO non può fare, ossia la pulizia etnica, mentre i membri dell’Alleanza debbono fingere di non avervi nulla a che fare. Il massacro dei curdi siriani non fa gioco alla politica di Washington e il coinvolgimento della Turchia costituirebbe un crimine contro l’umanità.
L’attitudine della Turchia appare come qui come involontaria. E questo è il problema. La Turchia è uno stato negazionista. Non ha mai ammesso di aver commesso il massacro di 1,4 milioni di armeni, di 200.000 assiri e cristiani di rito greco e di 50.000 assiri in Persia (1914-1918) e poi di nuovo di 800.000 armeni e greci (1919-1925) [3].
Lungi dal chiudere questo triste capitolo della sua storia, il messaggio di cordoglio inviato da Erdoğan, il 23 aprile, ha invece dimostrato l’incapacità della Turchia di riconoscere i crimini dei Giovani Turchi [4].
Ankara ha cercato in passato di liquidare i curdi del PKK. Molti sono fuggiti in Siria. Il presidente al-Assad ha dato loro la nazionalità siriana, all’inizio della guerra, e li ha armati affinché difendessero il territorio nazionale. Al contrario, per Ankara, il loro massacro sarebbe una buona notizia, e Daesh potrebbe fare questo lavoro sporco.
Durante la guerra in Bosnia-Erzegovina (1992-1995), l’esercito turco sostenne la "Legione araba" di Osama bin Laden che attuava la pulizia etnica del paese massacrando molti serbi ortodossi. Gli jihadisti sopravvissuti a tali combattimenti hanno aderito ai gruppi armati in Siria, tra cui Daesh.
Nel 1998, l’esercito turco ha partecipato alla formazione militare dell’UÇK, i cui attentati furono repressi dal governo jugoslavo, offrendo il pretesto all’intervento della NATO. Durante la guerra che ne seguì, Hakan Fidan (attuale capo dei servizi segret turchi, il MIT) era l’agente di collegamento tra la NATO e la Turchia. In definitiva, l’UÇK cacciò i serbi ortodossi e profanò i loro luoghi di culto. Nel 2011, Hakan Fidan inviò degli jihadisti in Kosovo per essere formati al terrorismo da parte dell’UÇK, per poi attaccare la Siria.
Durante l’occupazione dell’Iraq, gli Stati Uniti si appoggiarono ufficialmente sulla Turchia e l’Arabia Saudita per ricostruire il paese. La politica che fu allora condotta causò la guerra civile e massacri sistematici, per lo più di sciiti e cristiani. Come ha spiegato l’ex consigliere alla Casa Bianca per la Sicurezza Interna, Richard A. Falkenrath, questa politica era concepita per incistare lo jihadismo, utilizzarlo sul posto e assicurarsi che non giungesse negli Stati Uniti. [5]
A settembre 2013, centinaia di jihadisti dell’Esercito siriano libero (la milizia sostenuta dalla Francia e che inalbera la bandiera della colonizzazione francese) sostenuti da elementi del Fronte al-Nusra (branca siriana di al-Qa’ida) sono arrivati dalla Turchia per prendere il villaggio di Ma’lula, violentare le sue donne, uccidere i suoi uomini e profanare le sue chiese. Ma’lula non ha da offrire alcun interesse strategico militare. Questo attacco era unicamente un modo per perseguitare visibilmente i cristiani, dei quali Ma’lula è il simbolo siriano da quasi duemila anni.
Nel marzo del 2014, centinaia di jihadisti del Fronte al-Nusra e dell’Esercito dell’Islam (pro-sauditi) sono arrivati dalla Turchia, inquadrati dall’esercito turco, per saccheggiare la città di Kessab. La popolazione riuscì a fuggire prima di essere massacrata. Quando l’Esercito arabo siriano venne in soccorso, la Turchia lo combatté, e abbatté uno dei suoi aerei. Kessab è di importanza strategica per la NATO, in ragione della sua vicinanza a una base di radar russi che sorveglia la base turca dell’Alleanza che si trova a Incirlik. Gli abitanti di Kessab sono armeni le cui famiglie erano fuggite dai massacri perpetrati dai Giovani Turchi.
Occorre quindi porci la questione: nel negare che il massacro degli armeni in generale e di diverse minoranze prevalentemente cristiane, accaduto nel periodo 1915-1925, sia stato organizzato dal Comitato di Unione e Progresso, la Turchia non afferma forse che il genocidio non sia un crimine, ma una politica come un’altra?
La politica dell’attuale governo turco si fonda sulla «dottrina Davutoğlu», dal nome dell’attuale Primo ministro. Secondo questo professore di Scienze Politiche, la Turchia deve ripristinare la sua influenza dell’era ottomana e unificare il Vicino Oriente sulla base dell’Islam sunnita.
In un primo momento, l’amministrazione Erdoğan ha sostenuto la risoluzione dei conflitti lasciati in sospeso dopo la caduta dell’Impero Ottomano, che ha definito come una politica di «zero problemi» con i suoi vicini. Cogliendo la palla al balzo, la Siria e l’Iran negoziarono allora una zona di libero scambio che provocò un boom economico nei tre paesi. Ma nel 2011, durante la guerra della NATO contro la Libia, la Turchia abbandonò il suo atteggiamento conciliante per imporsi come potenza belligerante. Da allora, si è di nuovo messa a litigare con tutti i suoi vicini, con l’eccezione dell’Azerbaigian.
Durante le guerre contro la Libia e contro la Siria, la Turchia e la Francia si sono riavvicinate fino a forgiare un vero e proprio patto, nella linea dell’alleanza franco-ottomana voluta da Francesco I e Solimano il Magnifico; un’alleanza che durò due secoli e mezzo e si concluse solo con Napoleone Bonaparte, per riemergere poi brevemente durante la guerra di Crimea.
La nuova alleanza fu ratificata dal ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, che nel febbraio del 2013 ha tolto il veto francese all’adesione della Turchia all’Unione europea ed è impegnato ormai addirittura a favorirne l’ingresso.
In base a ciò, François Hollande e Laurent Fabius, Recep Tayyip Erdoğan e Ahmet Davutoğlu sono stati i mandanti di un’operazione congiunta volta a far assassinare il presidente Bashar al-Assad e il suo ministro degli Esteri Walid al-Moallem da parte del personale di pulizia del palazzo presidenziale, ma l’operazione è fallita.
Nell’estate del 2013, la Turchia organizzò il bombardamento chimico della Ghoutta e di questo accusò la Siria. Sostenuta dalla Francia, ha cercato di trascinare gli Stati Uniti in un bombardamento della capitale e un rovesciamento della Repubblica araba siriana. Entrambi i paesi hanno cercato di riportare Washington al suo progetto iniziale di rovesciamento della Repubblica araba siriana.
Un documento, presentato al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, attesta che dopo un voto segreto del Congresso USA, nel gennaio 2014, volto ad armare e finanziare i ribelli siriani al fine di attuare la pulizia etnica della regione, la Francia e la Turchia hanno continuato segretamente ad armare insieme il Fronte al-Nusra (cioè al-Qa’ida) affinché combattesse contro Daesh. Si trattava sempre di ricondurre Washington al suo progetto iniziale.
Notiamo di passaggio che non è stata solo la Turchia, ma anche la Francia, ad aver armato gli jihadisti che hanno attaccato le città cristiane di Ma’lula e Kessab, stuprato le loro donne, ammazzato i loro uomini e profanato le loro chiese.
Mentre la stampa evoca spesso la corruzione della classe dirigente francese da parte del Qatar, non proferisce parola sull’enorme investimento della Turchia sui politici francesi.
La prova di questa corruzione: il silenzio dei dirigenti francesi sull’evoluzione interna della Turchia (record mondiale nell’incarcerazione di giornalisti, avvocati e ufficiali superiori), sul suo sostegno al terrorismo internazionale (la giustizia turca ha stabilito che Erdoğan ha incontrato 12 volte il banchiere di al-Qa’ida; la Turchia è la patria di quattro campi di al-Qa’ida e ha organizzato il transito di decine di migliaia di jihadisti), sul saccheggio della Siria (migliaia di fabbriche sono state smantellate nel distretto di Aleppo e trasferite in Turchia) e sui suoi massacri (Ma’lula, Kessab, e presto forse Kobané).
Il padronato turco – fedele alleato di Erdoğan – ha creato, nel 2009, l’Istituto del Bosforo incaricato di promuovere i legami tra i due paesi [6]. Il suo comitato scientifico, co-presieduto da Anne Lauvergeon [7], comprende la crema dei politici francesi dell’UMP (Jean-François Coppe [8] e Alain Juppé [9]), del Partito Socialista (Elisabeth Guigou [10] e Pierre Moscovici [11]), molti di quelli vicini al presidente Hollande (Jean-Pierre Jouyet [12] e Henri de Castries [13]), e perfino ex comunisti, solo per citare qualche esempio.
Non è certo nello spirito di queste personalità, alcune delle quali sono onorevoli, quello di approvare i massacri commessi da Ankara. Eppure questo è ciò che fanno.
Alleandosi con la Turchia, la Francia è diventata complice attiva dei suoi massacri.
Traduzione
Matzu Yagi
Fonte
Megachip (Italia)
[1] “Remarks by Joe Biden at the John F. Kennedy Forum”, by Joseph R. Biden Jr., Voltaire Network, 2 Ottobre 2014.
[2] “Remarks by U.S. Treasury Under Secretary David S. Cohen on Attacking ISIL’s Financial Foundation”, David S. Cohen, Carnegie Endowment for International Peace, 23 ottobre 2014.
[3] Statistics of Democide: Genocide and Mass Murder Since 1900, R.J. Rummel, Transaction, 1998, pp. 223-235.
[4] I Giovani Turchi erano un partito politico nazionalista rivoluzionario e riformatore ottomano, ufficialmente conosciuto sotto il nome di Comitato Unione e Progresso (CUP). Si alleò alle minoranze e rovesciò il sultano Abdülhamid II. Giunto al potere, mise in opera una politica di turchizzazione che lo condusse a pianificare il genocidio delle minoranze, principalmente degli Armeni.
[5] Citato in «If Democracy Fails, Try Civil War», Al Kamen, The Washington Post, 25 settembre 2005.
[6] Si veda il sito web dell’Istituto del Bosforo.
[7] Ex collaboratrice di François Mitterrand, divenne direttrice d’Areva (2001-2011). Attualmente è presidente della Commissione sull’innovazione.
[8] Deputato, ex ministro ed ex presidente dell’UMP.
[9] Sindaco di Bordeaux, ex Primo ministro ed ex presidente dell’UMP, divenne ministro degli Esteri all’inizio delle guerre contro la Libia e la Siria.
[10] Ex collaboratrice di François Mitterrand ed ex ministra, attuale presidente della Commissione parlamentare degli Esteri dell’Assemblea nazionale.
[11] Deputato ed ex ministro, è stato designato per diventare commissario europeo.
[12] Alto funzionario, amico di lunga data di François Hollande, è oggi segretario generale dell’Eliseo.
[13] Vecchio amico di François Hollande, attualmente è direttore generale delle assicurazioni AXA.
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