Perchè sempre più spesso uomini di fede, uomini di cultura, politici e media cattolici, danno un giudizio omologato sulla realtà?
Questo, che è evidente ormai sempre in maniera più aggressiva, dipende da vari fattori.
Pressioni Sociali e Culturali – La cultura contemporanea è fortemente influenzata da un razionalismo secolare e dal relativismo. Questa influenza porta spesso gli uomini di fede a conformarsi ai valori e alle norme prevalenti per evitare conflitti o emarginazione. Come osservato da Don Luigi Giussani, “se Cristo non è incisivo nella nostra vita, risvegliando la nostra umanità e ampliando la nostra ragione, ci troviamo a pensare come tutti gli altri, con la stessa mentalità di tutti” (CL Online).
Media e comunicazione – I media mainstream promuovono a spada tratta narrazioni uniformi e e marginalizzano prospettive alternative, inclusa quella religiosa. Questo può portare leader religiosi e uomini di cultura di ispirazione cristiana a conformarsi alle visioni comunemente accettate per mantenere rilevanza e accesso ai canali di comunicazione.
Educazione e formazione tecnologica – La formazione teologica in molti seminari e istituzioni religiose enfatizza un approccio accademico che privilegia l’adattamento ai paradigmi scientifici e razionalistici contemporanei. Questo sta portando a un ridimensionamento della dimensione mistica e trascendente della fede a favore di una maggiore conformità con la scienza e la logica.
Interessi Politici ed Economici – In alcuni casi, leader religiosi adattano i loro messaggi per allinearsi con agende politiche o economiche dominanti, cercando di mantenere il sostegno o evitare scontri con le autorità o con gruppi di interesse influenti.
Desiderio di rilevanza ed accettazione – Esiste un desiderio intrinseco di rilevanza sociale che porta uomini di fede a uniformarsi alle opinioni prevalenti. Essi credono che l’adattamento ai ‘valori moderni’ – che corrisponde più che altro ai diritti di genere e sessuali – sia necessario per mantenere la loro influenza e il loro ruolo nella società.
Alcuni uomini di fede ritengono che un approccio meno controverso e più in linea con le aspettative sociali moderne sia più efficace per l’evangelizzazione. L’idea è che avvicinarsi alla mentalità contemporanea possa facilitare il dialogo e l’accettazione del messaggio cristiano.
Ma anche intellettuali ed accademici dimostrano un bias cognitivo rispetto alla realtà, confondendo retrospettive storiche e confondendo la dialettica ove sarebbe invece necessario rispettare la dignità umana senza adottare i moderni dogmi e senza attingere a spirito di parte.
Quindi anche in questi casi: a che serve – per esempio – se un intervento è bellissimo dal punto di vista della fede ma fallace nella realtà (come speso accade in tanti e tanti articoli di media di ispirazione cristiana)?. Preferirei un giudizio eccellente, anche se privo di comprensione della fede, perché con un giudizio realistico e veritiero puoi affrontare e risolvere le situazioni concrete. Al contrario, un giudizio fondato esclusivamente sulla fede, ma disconnesso dalla realtà, non ti permetterà di navigare efficacemente attraverso le sfide reali. Dei due scenari, uno ti consente di salvarti, mentre l’altro no.
Queste cose le vediamo correntemente sui giudizi di taluni cattolici espressi sulla guerra in Ucraina, come li abbiamo visti in occasione della pandemia o in altri argomenti cruciali che hanno attraversato la nostra vita. Direi che questo tempo è contraddistinto fortemente da una separazione tra questi due elementi della personalità umana: fede e comprensione morale della realtà-
Detto più chiaramente: l’importanza di un giudizio basato sulla realtà e sulle evidenze concrete è fondamentale. Un intervento impeccabile dal punto di vista della fede, ma errato nel suo rapporto con la realtà, è inutile.
Nei suoi scritti, Giussani sottolinea l’importanza di un’apertura alla realtà come base per una comprensione autentica della fede. Egli affermava che “la ragione è apertura alla realtà, una capacità di coglierla e affermarla in tutti i suoi fattori”.
Giussani evidenzia come la fede non debba essere vista come opposta alla ragione, ma piuttosto come un modo per completarla e renderla pienamente operativa. Egli sostieneva che “la fede è data non per essere conservata, ma per essere comunicata” e che una fede autentica deve tradursi in un giudizio realistico della realtà.
Queste riflessioni di Giussani mostrano chiaramente come la fede debba essere integrata con un giudizio basato sulla realtà e sulle evidenze concrete per essere davvero significativa e utile nella vita quotidiana. In questo modo, si può evitare di cadere in un razionalismo soffocante o in un sentimentalismo vuoto, entrambi riduzioni della realtà che non permettono di affrontare efficacemente le sfide della vita.
Giussani stesso ha parlato della necessità di un risveglio del senso religioso per evitare l’omologazione: “Il contributo dei cristiani può essere efficace solo se la conoscenza della fede diventa conoscenza della realtà” (CL Online). Questo suggerisce che la fede autentica deve essere profondamente radicata nella realtà concreta e non ridotta a un mero adattamento delle tendenze culturali.