Generazioni di bambini sono state affascinate dai film della Disney e intere generazioni sono cresciute vedendo questi cartoni, ma ora il servizio di streaming Disney + ne ha limitato la visione ai minori di 7 anni. Precisamente, la Disney ha limitato l’accesso ai cartoni animati di Peter Pan del 1953 e Dumbo del 1941, nonchè “The Swiss Robinson Family” perchè la Disney ritiene che trasmettano stereotipi razzisti.
La rappresentazione dei gatti siamesi C e Am nel fumetto era dovuta alla xenofobia statunitensi verso gli asiatici. Hunter ha definito i gatti siamesi come un “orrore coloniale”.
La stessa cosa avviene per Peter Pan per identiche ragioni, il cartine infrangerebbe le nuove “linee guida sui contenuti” come per esempio una tribù indiana che verrebbe chiamata “pellerossa”.
Poi c’è Dumbo, che è stato a lungo considerato uno dei migliori progetti mai realizzati dalla Disney. Dumbo è stato criticato perchè avrebbe “ridicolizzato” gli afroamericani che lavoravano nelle piantagioni. Ovviamente si tratta di caricature e non di ‘contenuti’ che inneggiavano all’odio razziale. E’ abbastanza chiaro che lo schema seguito per la censura è lo stesso della rimozione delle statue in molti stati degli Stati Uniti, ove rappresentavano contenuti razzisti come Cristoforo Colombo o gli eroi della guerra di secessione sudista. Quindi ‘noialtri’ dovremmo sbrigarci di censurare – ad esempio – gli innumerevoli film si raffigurano in chiave comica contenuti ‘razzisti’, oppure le statue di Giulio cesare e simili. Ovviamente tutto ciò è ridicolo perchè ogni cosa è da giudicare nel contesto storico e con le intenzioni di allora.
Quello che ne viene fuori è che ormai aziende e governi si sentano investiti della responsabilità di difendere noi stessi ed i nostri bambini dal razzismo e da ‘messaggi fuorvianti’, piuttosto che informare e facilitare lo studio e la divulgazione di contenuti che amplino la capacità di discernimento delle persone.
La soluzione, per non traviare l’umanità, secondo le organizzazioni internazionali, i governi occidentali, le aziende e i social, sarebbe invece quella di sottoporre a censura ogni cosa.
In realtà, ciò è l’antitesi dell’educazione che vuol dire ampliare lo sguardo, una educazione che non trova nulla da eccepire nel rifare cartoni animati con aggiornamenti di genere, come ad esempio ‘Cenerentola’ (vedi recensione Nuova Bussola Quotidiana).
Tanto zelo però non ha corrispondenze quando si tratta di uso distorto della sessualità, di lassismo nei costumi e nei comportamenti, allo stesso modo tale preoccupazione non viene applicata quando si tratta di politica estera verso intere popolazioni sempre sapientemente guidate per rimanere costrette in uno stato di continua conflittualità e povertà.
Sarebbe bene che la Disney se pensa di attribuirsi il compito di moralizzatrice, cominci a valutare i cambiamenti cui l’azienda non ha saputo opporre alcun argine ma che ha inserito sistematicamente nelle nuove produzioni.
Mi aspetto ora per coerenza che ora tutti i negozi di giocattoli facciano sparire i giocattoli che imitano le armi, i giochi con cowboy e pellerossa, cosi pure i video giochi e via dicendo.
Lo dico non perchè auspico che questo debba accadere, ma per farne notare il paradosso: il vero educatore propone una speranza viva per il presente senza censurare il passato. Si cambia in ragione di questo non eliminando e censurando i cartoni animati degli anni 50′ e 60′.
Non giriamoci intorno: è chiaro che la Disney ha riproposto ancora una volta il suo progetto per i nostri figli o per il proprio profitto, con il plauso del nuovo pensiero unico.
patrizioricci by @vietatoparlare