Trovati i super anticorpi contro il coronavirus: potrebbe bastare un’iniezione per essere protetti per sei mesi. Lo studio tutto italiano
Dai 17 selezionati a maggio, 3 sono particolarmente promettenti: sono gli anticorpi monoclonali che attaccano e bloccano il SARS-CoV-2, il coronavirus che sta infettando il mondo intero. Lo studio di Fondazione Toscana Life Sciences e Ospedale INMI Spallanzani, che passa ora alla fase clinica, sull’uomo, potrebbe davvero essere la svolta per cura e prevenzione contro la pandemia.
Potremmo presto sconfiggere il terribile coronavirus: da uno studio partito nel mese di marzo è emerso come tre diversi anticorpi sono in grado di attaccare il SARS-COV-2 impedendone la replicazione. L’ottimismo cresce: gli scienziati ritengono che uno di loro potrà veramente diventare il farmaco che stavamo aspettando.
A marzo la Fondazione Toscana Life Sciences e l’Ospedale INMI Spallanzani avevano iniziato uno studio per capire se e come produrre anticorpi specifici contro il coronavirus responsabile della pandemia. Dopo appena due mesi i ricercatori avevano trovato 17 candidati particolarmente promettenti perché attivi sul virus vivo (studio di laboratorio).
Dopo altri due mesi ecco i tre “finalisti”, che concorreranno alla partita mondiale verso il farmaco anti Covid-19.
Cosa sono e come funzionano gli anticorpi monoclonali
Il SARS-CoV-2, come altri virus, si lega alle cellule dei malcapitati attraverso dei recettori, ingannandole e “costringendole” a produrre materiale genetico utile alla loro riproduzione. Così parte l’infezione che a quel punto dilaga se non fermata in qualche modo.
Gli anticorpi agiscono come dei “portieri”: si legano cioè al virus, impedendogli di entrare nella cellula. A quel punto non c’è riproduzione e quindi infezione (nel caso l’infezione sia già in atto sono comunque in grado di fermarne l’avanzata).
La tecnica dunque è molto diversa dal vaccino: questo infatti è un virus attenuato che, iniettato in un organismo sano, stimola la produzione di anticorpi internamente (immunizzazione attiva). Qui si parla di anticorpi introdotti dall’esterno (immunizzazione passiva) che però potrebbero fungere anche da protezione nel caso di sospetta infezione (come l’antitetanica che viene somministrata in ospedale qualora un paziente dichiari di aver riportato ferite a causa di terreno o ferraglie).
Era questa la speranza annunciata anche da Andrea Crisanti in un’intervista a noi rilasciata, durante la quale il virologo sosteneva come l’evoluzione del plasma iperimmune, usato come trattamento di emergenza, fosse proprio l’isolamento della parte attiva del plasma, ovvero gli anticorpi, e la loro riproduzione in laboratorio.
Cosa caratterizza questi anticorpi
I tre isolati ora da Fondazione Toscana Life Sciences e l’Ospedale INMI Spallanzani sono così potenti da poter essere attivi anche in piccole quantità e potrebbero garantire protezione fino a 6 mesi.
“Abbiamo identificato 450 anticorpi in grado di neutralizzare il coronavirus, ma la maggior parte ha un effetto limitato per cui sarebbe necessario, una volta ottenuto il farmaco, ricorrere a dosi altissime per curare i positivi, per via endovenosa – spiega a questo proposito Rino Rappuoli che sta guidando la ricerca in un’intervista rilasciata al Corriere.it e riportata sulla pagina Facebook della Fondazione – Gli anticorpi super potenti (per capirsi, mille volte più della media degli altri) sono in grado di sconfiggere Sars-CoV-2 anche se somministrati in piccole quantità, con una semplice iniezione sottocutanea”.
Cosa accade ora
Come si legge sul sito della Fondazione Toscana Life Sciences, che nel frattempo ha esteso la collaborazione con l’Azienda ospedaliero-universitaria senese, la sequenza di DNA dei tre anticorpi monoclonali umani è stata inviata a un partner svizzero per lo sviluppo delle linee cellulari.
Terminata questa fase, gli anticorpi, grazie all’accordo sottoscritto con il Gruppo Menarini, saranno pronti per l’impianto industriale Biotech di Pomezia. L’obiettivo è di poter avviare entro la fine del 2020 i test clinici sull’uomo, prima su soggetti sani per verificare che non ci siano effetti collaterali importanti, quindi sui malati per confermare l’efficacia.
“Uno di questi tre anticorpi è stato il primo identificato come potente – spiega Claudia Sala, Senior Scientist del MAD Lab presso Fondazione Toscana Life Sciences – che si è confermato tale ormai in diversi esperimenti ed è dunque già stato espresso e purificato in laboratorio. Grazie alla sequenza del DNA che codifica per questo anticorpo abbiamo potuto produrlo in vitro e purificarlo, verificando come anche questa versione e una variante “mutata”, cioè migliorata nelle sue proprietà funzionali, mantenga attività neutralizzante nei confronti del virus. Siamo dunque molto ottimisti sul prosieguo dello sviluppo e sulla sicurezza e potenzialità terapeutica”.
Non manca molto per sapere se l’ottimismo e tutti gli sforzi saranno ripagati (non è nemmeno questa l’unica ricerca in questa direzione): entro fine anno potremmo avere i primi risultati sull’uomo.
Fonti di riferimento: Fondazione Toscana Life Sciences / Fondazione Toscana Life Sciences/Facebook
tratto da: https://www.greenme.it/vivere/salute-e-benessere/coronavirus-anticorpi-spallanzani/