Proseguire con le ferree misure di emergenza sanitaria ci porterà al disastro economico

Non dobbiamo accettare la semplificazione scorretta di chi dice che la scelta è tra salute e PIL. E che quindi opporsi a misure estreme di contenimento significhi stare dalla parte degli avidi e dei potenti. La nostra qualità di vita, la nostra aspettativa di vita, dipendono dalla salute della nostra economia. La scelta di una non oculata gestione della crisi pandemica è il sicuro disastro finanziario. Devo dire che invece l’impressione è che la politica non abbia idea su cosa fare e di quali saranno le conseguenze della propria ‘fede sanitaria’. E’ quello che rappresenta l’articolo di The Telegraph, ripreso e tradotto da Voci dall’Estero:

Telegraph – La deflazione spinge l’Europa del sud verso una spirale del debito

In questo articolo del 2 ottobre sul Telegraph il noto giornalista economico A.E. Pritchard dipinge un generale quadro deflazionistico per i paesi europei, dove in particolare i paesi del sud rischiano una prolungata depressione e di essere spinti al rallentatore in una generalizzata crisi di insolvenza. A quanto sostiene Pritchard, né gli interventi della BCE – banca centrale anomala non sostenuta da una adeguata volontà di politica fiscale – né il sopravvalutato Recovery Fund riusciranno ad evitare, a fine anno, un duro scontro con la realtà.

Anche il prof. Ashoha Mody, ex vicedirettore del Fondo monetario internazionale per l’ Europa, citato da Pritchard, sostiene che la situazione è molto grave e che “la BCE ha perso completamente il controllo dell’inflazione”.

Questi sono i dati: a settembre l’inflazione core (che esclude dal conteggio i beni tipicamente soggetti a forte volatilità di prezzo, come energia e generi alimentari, ndt) è scesa al minimo storico dello 0,2%, mentre l’inflazione complessiva è già negativa: – 2,3% in Grecia, -1,1% in Irlanda, -0,9% in Italia e -0,6% in Spagna.

“Per ironia della sorte, i paesi con il rapporto debito/PIL più elevato hanno subito il maggiore shock economico dal Covi-d-19, e le dinamiche del debito sono spinte verso un punto di non ritorno. ‘La nostra preoccupazione è che l’Italia e la Spagna vengano lasciate indietro’, ha detto David Owen di Jefferies.

Ampie aree della zona euro sono a rischio di deflazione da debito, un termine usato da Irving Fisher negli anni ’30 per indicare quando il calo del livello dei prezzi provoca un aumento degli oneri del debito reale, in un circolo vizioso che si autoalimenta. È estremamente difficile uscire da una simile spirale. Finisce con un default di massa.”

Lo scenario peggiore dell’OCSE prevede che il rapporto debito / PIL il prossimo anno raggiunga il 229% in Grecia, il 192% in Italia, il 158% in Portogallo, il 152% in Francia e il 150% in Spagna. ‘Sfortunatamente, questo scenario sta diventando plausibile’, ha detto Owen.

‘Stiamo assistendo a una tempesta che potrebbe arrivare al culmine nei prossimi sei mesi’, sostiene Mody. ‘I debiti devono essere ripagati e molti nuovi debiti sono stati garantiti da governi che non potranno pagare’.”

È pur vero che la Bce continua ad acquistare il debito italiano e spagnolo. Secondo quanto sostiene Pritchard nel suo articolo, accadrà che entro la metà del prossimo anno la BCE avrà già in possesso praticamente la metà del debito italiano e benché come sappiamo non vi sia alcun limite tecnico all’acquisto di titoli del debito pubblico da parte di una banca centrale, tuttavia non si può dimenticare che la BCE non è una normale banca centrale: “è una banca per una confederazione di stati, quindi c’è un limite politico”.

Come andrà a finire? Probabilmente per la fine dell’anno ci sarà uno scontro con la realtà. Secondo Robert Sierra di Fitch, la pandemia ha provocato un crollo del Pil rispetto al suo potenziale pari a circa quattro volte lo shock della crisi Lehman, con conseguenze permanenti nel mercato del lavoro e una deflazione complessiva a fine anno del -0,6%.

Se inizialmente lo stimolo fiscale del Recovery Fund poteva ispirare una certa fiducia nella possibilità di una ripresa, tuttavia le notizie trapelate mostrano che questo stimolo molto probabilmente si rivelerà deludente e tardivo, dato che il denaro sarà distribuito in 27 paesi e i pagamenti verranno dilazionati fino al 2026. Per l’Italia le sovvenzioni nette saranno di soli 10 miliardi di euro nel 2021 e di 15 miliardi di euro l’anno successivo. E non è nemmeno chiaro se veramente il Fondo vedrà la luce, dal momento che Polonia e Ungheria hanno minacciato di bloccarne l’approvazione e Finlandia e Paesi Bassi potrebbero sottoporlo a referendum.

“In questa situazione le agenzie di rating avvertono che potrebbe esserci un’ondata di insolvenze quando i debiti giungeranno a scadenza e la cassa integrazione terminerà. La maggior parte delle coperture scadranno a dicembre.

[…] Desta preoccupazione l’aumento degli “angeli caduti”: aziende degradate allo status di spazzatura con rating B o inferiore. I numeri sono raddoppiati dall’inizio del 2019 e alla fine di agosto hanno raggiunto il livello record del 32,6%.

Un numero preoccupante di imprese è entrato nella pandemia sia con uno scarso flusso di cassa che con un rapporto debito/utili di cinque o sei volte. Paul Watters di Standard & Poors ha affermato che i tassi negativi non potranno più proteggere questi morti viventi una volta che i loro utili si saranno ulteriormente ridotti. La deflazione li spingerà con le spalle al muro ancora prima.”

source:https://vocidallestero.blogspot.com/2020/10/telegraph-la-deflazione-spinge-leuropa.html

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