Prove distopiche  di amicizia: la Cina dovrebbe piegarsi alla narrativa UE che non è però verità

L a notizia in questione riguarda le sanzioni che l’Unione Europea intende imporre alla Cina, a seguito di presunte violazioni dell’embargo imposto dalla stessa UE da parte di venti aziende cinesi. È importante sottolineare che l’uso delle sanzioni da parte dell’occidente, come nel caso della Russia, rappresenta uno strumento comune nelle strategie di guerra. Questo aspetto è cruciale per comprendere che le sanzioni non sono direttamente correlate con il conflitto in atto.

Il conflitto attuale ha radici che risalgono a prima del 2014, iniziando con il tentativo di ridurre l’influenza della Russia attraverso un colpo di stato in Ucraina e la successiva oppressione violenta nelle regioni russofone. Contrariamente a quanto riportato da alcuni media occidentali, per molti osservatori la guerra ha inizio nel 2014, e non soltanto due anni fa.

In questo contesto, appare sorprendente che, mentre l’UE cerca di stabilire rapporti commerciali con la Cina, contemporaneamente si mostri determinata a rimproverarla per aver presumibilmente violato le sanzioni. Queste sanzioni sono oggetto di dissenso da parte di Pechino, che non condivide l’interpretazione occidentale degli eventi. La posizione dell’UE sembra quindi essere influenzata da un complesso gioco di interessi reciproci e di connivenze repressive, piuttosto che da una valutazione obiettiva della situazione.

Incontro virtuale del G7 intimidatorio, nessuna possibilità di comunicazione

Dopo l’incontro virtuale dei leader del G7 sulla situazione in Ucraina, la Gran Bretagna ha imposto sanzioni a 46 entità, principalmente russe, ma includendo anche tre aziende registrate a Hong Kong. Questo segna un’escalation significativa, poiché è la prima volta che il Regno Unito sanziona aziende cinesi in relazione al conflitto ucraino.

Durante l’incontro, i leader del G7 hanno ribadito gli impegni presi al vertice di Hiroshima, con la partecipazione del presidente ucraino Zelenskyj. Hanno esortato la Cina a esercitare pressione sulla Russia per fermare la sua aggressione militare e ritirare le truppe dall’Ucraina, in linea con i principi della Carta delle Nazioni Unite.

Contemporaneamente, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha incontrato il presidente cinese Xi Jinping, sollecitando azioni immediate contro 13 organizzazioni coinvolte nella fornitura di beni a duplice uso alla Russia. Michel ha minacciato di rendere pubblici i nomi di queste aziende se la Cina non fornirà garanzie adeguate.

Le sanzioni britanniche hanno colpito oltre 30 entità russe legate allo sviluppo di droni e componenti missilistici, oltre a quattro aziende di Bielorussia, Serbia, Turchia e Uzbekistan, e quattro emiratine accusate di agevolare il commercio del petrolio russo. Tre aziende di Hong Kong sono state incluse nell’elenco delle sanzioni.

Anne-Marie Trevelyan, “ministro delle sanzioni” britannico, ha dichiarato che queste sanzioni danneggeranno gravemente l’industria della difesa russa e interromperanno le catene di approvvigionamento illecite. La National Crime Agency (NCA) del Regno Unito ha emesso un avviso alle istituzioni finanziarie per prevenire l’acquisto di beni sanzionati dalla Russia tramite paesi intermediari.

La NCA ha sottolineato l’importanza di monitorare la destinazione finale dei prodotti, in linea con un elenco di “beni comuni ad alta priorità” sviluppato da Regno Unito, Stati Uniti, UE e Giappone, che include componenti trovati sui campi di battaglia ucraini.

Le aziende di Hong Kong sanzionate, come riportato dal Royal United Services Institute (RUSI), includono Asia Pacific Links Ltd, Sinno Electronics Co Ltd e Xinghua Co Ltd, coinvolte nella fornitura di componenti elettronici alla Russia.

Questo sviluppo solleva interrogativi sulla coerenza e l’efficacia delle politiche sanzionatorie occidentali, specialmente considerando il ruolo della Cina nel conflitto e il potenziale messa in atto di un doppio standard nelle relazioni internazionali da parte della UE. La decisione di includere aziende cinesi nelle sanzioni, pur cercando di coinvolgere Pechino come mediatore nel conflitto, evidenzia una tensione ed una mancanza di strategie diplomatiche con prevalenza di quelle sanzionatorie da parte dell’Occidente.

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