Censura e manipolazione delle informazioni
L’evoluzione tecnologica, con l’avvento dei social media e la diffusione di internet ad alta velocità, ha trasformato profondamente il panorama dell’informazione, offrendo al contempo nuove opportunità per la censura e la manipolazione, sia per i governi che per altri attori. La capacità di controllo del flusso informativo da parte di entità statali e private si è potenziata grazie a strumenti di monitoraggio e filtraggio sempre più sofisticati. La censura tradizionale, un tempo limitata alla soppressione dei contenuti prima della pubblicazione, si è evoluta in un sistema di sorveglianza e filtraggio post-pubblicazione, in grado di bloccare o rimuovere contenuti considerati “scomodi” con notevole precisione. Tecnologie come il deep packet inspection e l’analisi del traffico di rete consentono di individuare e neutralizzare informazioni specifiche in tempo reale.
Questo controllo si estende fino al blocco sistematico di siti e piattaforme ritenuti in contrasto con gli interessi di governi o aziende. Grandi piattaforme digitali come Google, Facebook e YouTube, pur operando sotto la pressione crescente di normative nazionali e internazionali, sono spesso criticate per politiche di moderazione opache e, talvolta, arbitrarie, condizionate da interessi commerciali e pressioni politiche. Tali politiche distorcono l’accesso all’informazione, riducendo la pluralità delle opinioni online.
La rimozione di contenuti riguardanti temi controversi come proteste politiche, crisi sanitarie o diritti umani evidenzia come le istituzioni, un tempo impegnate a promuovere il pensiero critico e la libertà di espressione, oggi utilizzino algoritmi di moderazione, inizialmente ideati per individuare contenuti offensivi, per standardizzare il discorso pubblico e omologare l’opinione. Questi metodi sono sempre più impiegati per sopprimere opinioni legittime e divergenti, contribuendo a un clima di autocensura e limitando il dibattito pubblico.
Un fenomeno particolarmente preoccupante è la cancellazione di importanti documenti da internet, che porta alla perdita di memoria storica e ostacola la ricerca. Il Brownstone Institute ha recentemente pubblicato un articolo intitolato “They Are Scrubbing the Internet Right Now” (https://brownstone.org/articles/they-are-scrubbing-the-internet-right-now/), che fornisce prove convincenti su come lo “Stato profondo” stia riscrivendo la storia per presentarla in una luce più favorevole. Internet, da spazio libero, rischia di diventare un “buco nero” che privilegia narrazioni approvate dai poteri forti, facilmente rintracciabili tramite motori di ricerca, mentre le versioni non allineate scompaiono.
Non sempre è censura diretta: gli algoritmi moderni influenzano la ricercabilità e la visibilità dei contenuti. YouTube e Google, ad esempio, utilizzano i propri algoritmi per garantire che gli utenti trovino solo ciò che vogliono promuovere. Un caso emblematico è l’intervista di Joe Rogan a Donald Trump, che dopo aver raggiunto circa 34 milioni di visualizzazioni è scomparsa dalla piattaforma. Solo dopo una protesta pubblica YouTube ha dichiarato che si era trattato di un “problema tecnico” e ha reso nuovamente visibile il contenuto.
Questa censura, o quasi-censura, sta alimentando la crescita dei media alternativi, il cui modello di business si basa proprio sulla necessità di aggirare queste limitazioni.
E questo è solo uno dei casi più evidenti. Sullo sfondo, sviluppi tecnologici stanno riducendo la capacità dei ricercatori di accedere e confrontare informazioni storiche. Incredibilmente, Archive.org (http://archive.org/), attivo dal 1994, ha cessato di archiviare contenuti di immagini su tutte le piattaforme, anche in seguito a un attacco DDOS avvenuto l’8 ottobre. Questo ha limitato per la prima volta in trent’anni la possibilità di preservare e consultare la memoria storica in tempo reale, privando i ricercatori di uno strumento essenziale per confrontare i contenuti nel tempo.
In questo contesto globale, governi e poteri forti stanno sempre più ricorrendo a strategie di controllo dell’informazione online per reprimere l’opinione pubblica e consolidare la propria influenza.