Da tre anni il presidente francese Nicolas Sarkozy si occupava in prima persona e con il suo staff di due affari colossali che però non riuscivano mai ad andare in porto: la vendita alla Libia di una intera flotta aerea da combattimento confezionata da Dassault e un colossale investimento transalpino per costruire centrali nucleari a Tripoli e dintorni. I due affari colossali erano stati concordati fra lo stesso Sarkozy e il colonnello Mohamar Gheddafi nel dicembre 2007 a Parigi, quando il leader libico piantò fra mille polemiche la sua tenda davanti all’Eliseo.
Bersagliato da critiche oltre che dagli intellettuali (in prima fila il filosofo Bernard Henry Levy), anche da esponenti del suo partito, Sarkozy si difese sostenendo che da Gheddafi aveva ottenuto oltre a un impegno diretto sul rispetto dei diritti civili in Libia, anche la firma su contratti preliminari da favola che avrebbero riversato sulle imprese francesi più di 10 miliardi di euro. I contratti a dire il vero non li ha mai visti nessuno, ma è stato proprio il presidente francese a rivelarli all’indomani di quel faccia a faccia con il dittatore libico.
Una cosa però è certa: nonostante il pressing dell’Eliseo, quell’accordo con la Libia non ha dato nemmeno il più pallido dei risultati attesi. Dassault ha ottenuto soltanto una mini-commessa per sistemare quattro vecchi Mirage venduti nel passato a Gheddafi. E ogni accordo preliminare con la Francia contenuto in quel pacchetto del 2007 è stato reso carta straccia da Gheddafi che di volta in volta ha sostituito le imprese francesi con quelle russe o quelle italiane, facendo schiumare di rabbia Sarkozy. Che ha una sola fortuna: oggi in Libia non sta bombardando né interessi né infrastrutture francesi. Il primo obiettivo, la flotta aerea del colonnello libico è composta da 20 velivoli tutti di fabbricazione russa: Mig 21s, Mig 23s e Sukhol 22s.
Due dei quattro vecchi Mirage francesi sono stati portati a Malta dai piloti che hanno disertato ben prima della risoluzione Onu. Quasi tutti di fabbricazione russa i 40 elicotteri da guerra posseduti dal colonnello, compresi i Mi-18 identici a quelli che Vladimir Putin ha venduto alla Nato per la missione in Afghanistan. Solo quattro sono invece americani: vecchi Chinooks rimessi in sesto in Italia da aziende del gruppo Finmeccanica.
Per lunghi mesi il presidente francese le ha provate davvero tutte per sigillare gli accordi con Gheddafi. Ha formato perfino una sorta di cabina di regia all’Eliseo per sostenere in ogni modo le mega commesse militari di Dassault. Ha provato a coinvolgere nell’operazione gli Emirati Arabi Uniti, che si sono detti disposti sia ad addestrare piloti libici per quegli aerei ( i Rafales) che montavano su missili Scalp Cruise (americani), sia a co-finanziare l’operazione libica rinnovando con Dassault la propria flotta.
Nel pressing su Gheddafi Sarkozy ha messo in campo nel novembre scorso il migliore amico francese del colonnello, Patrick Ollier, ex presidente del gruppo di amicizia franco-libico, divenuto in quei giorni ministro per i rapporti con il Parlamento. Ollier, testa di ponte con il regime libico, è per altro il compagno convivente del ministro degli Esteri Michele Aliot Marie, costretta alle dimissioni a fine febbraio dopo che è stata scoperta una sua vacanza di Natale a spese del presidente tunisino Ben Alì. Se si aggiunge lo stretto legame fra il premier francese Francois Fillon e Hosni Moubarak, si può ben capire quanta passione per i diritti civili nell’Africa Mediterranea possa avere mosso la Francia in questa spedizione punitiva contro Gheddafi.
Che le persecuzioni delle popolazioni civili contassero assai poco per Sarkozy è testimoniato dai lunghi report pubblicati su una agenzia che produce una newsletter riservata, “Maghreb Confidential”, assai vicina all’Eliseo di cui riporta con frequenza commenti ufficiali o ufficiosi. Da quelle note emerge la progressiva e crescente stizza del presidente francese per i patti economici con la Libia che restavano incagliati e spesso venivano soffiati dalla Russia di Putin e da due colossi italiani che sebrano avere fatto venire l’ulcera a Sarkozy: Eni e Finmeccanica. Stizza perfino per il ruolo ricoperto dall’ex cancelliere tedesco Gerard Schroeder a inizio 2010 come advisor a fianco di Deutche Ban in grado di soffiare ai francesi una importante commessa per costruire la metropolitana di Tripoli.
Così già a fine novembre scorso Sarkozy aveva iniziato la sua contro-offensiva verso Gheddafi, trovando la leva per sollevare molti segreti del regime libico. In quei giorni è arrivato a Parigi con tutta la sua famiglia uno degli uomini più vicini al colonnello, Nouri Mesmari, capo del protocollo di Gheddafi. Ufficialmente era in Francia per affrontare una delicata operazione. Ma si trattava solo di una scusa. Lo ha capito subito il colonnello, che ha firmato di suo pugno un mandato di cattura internazionale nei suoi confronti. Mesmari è stato fermato formalmente dalla polizia francese e ai primi di dicembre ha fatto domanda a Sarkozy di asilo politico per sé e la sua famiglia. Da quel momento è diventato il più prezioso collaboratore della Francia, svelando tutti i segreti militari ed economici della Libia. E offrendo a Parigi le chiavi del paese. A patto naturalmente di sgombrare la Libia dalla presenza di Gheddafi e della sua corte.