di Mario Bozzi Sentieri –
Sardine sott’odio
Un giorno disse il corvo al merlo: sei nero! Ci sembra l’unica spiegazione razionale del nuovo fenomeno inventato dai progressisti, il movimento delle sardine il cui scopo è inseguire Matteo Salvini per contestarlo. Comica è la narrazione ufficiale, accolta con grande dispiegamento di pagine e gridolini di entusiasmo dai giornaloni di sistema, secondo cui si tratterebbe di un fenomeno spontaneo nato dalla rete. Si rende urgente una risposta razionale, culturale, al nuovo fenomeno inventato dagli esausti “pensatoi” della sinistra, la cui ultima parola d’ordine, l’arma definitiva contro il Nemico, è l’accusa di odio.
La nostra convinzione è che nell’immaginario progre, in qualche piega del cervello ci sia una specie di specchio spezzato, che non solo riflette immagini capovolte, ma le deforma. Vedono senza riconoscersi l’immagine di sé e la proiettano nell’Altro, cui attribuiscono ogni nefandezza, il che li precipita in una fase psichiatrica, ossessiva. Il Nemico (maiuscola!) è intrinsecamente malvagio, un essere collettivo empio, il cui sentimento dominante è l’odio. Ovvio che non vada solo combattuto, ma espulso, messo fuori legge, vietato, additato come l’Uomo Nero o il Lupo Cattivo delle fiabe.
Le sardine evocano il mucchio: stipati come sardine… E’ un’attitudine innata nell’immaginario sinistro, nascondersi nella massa, affidarsi a lei come a una Grande Madre protettiva, che esenta dalle responsabilità, dal pensiero, dalla personalità individuale. La Grande Sardina pensa per tutti, diffonde le parole d’ordine, fissa gli appuntamenti, sulla base dell’agenda del Malvagio sommo di questi anni, Matteo Salvini come lo fu Berlusconi o, in anni più lontani, Amintore Fanfani. I meno giovani ricorderanno la categoria del “fanfascismo” escogitata dalle fertili menti sinistre dell’epoca. Ci hanno deliziato con gli Indignati, il Popolo Viola (il colore del livore…) e altre amenità. Più che sardine, sembrano bughe, o boghe, saporiti pesci di scoglio piuttosto facili da prendere all’amo; la buga abbocca.
Abboccano sempre alla chiamata della Sardina Collettiva. C’è una differenza rispetto al passato: adesso hanno paura. Al di là delle piazze gonfie della compagnia di giro, il Verbo lascia indifferenti, produce sbadigli di massa. La paura fa novanta e si fa sardina in Emilia, dove una sconfitta elettorale – improbabile, in una terra dove da settant’anni lorcompagni controllano ogni angolo, ogni interstizio della società – scatenerebbe qualcosa tra la rotta di Caporetto, l’8 settembre e un dramma collettivo, lavoro per migliaia di psicoterapeuti. Duemila anni fa, il poeta latino Ennio scriveva che si odia chi si teme. Più recentemente, nel Mestiere di vivere, Cesare Pavese, andò oltre: si odiano gli altri perché si odia se stessi. E lorcompagni, il carrozzone arcobaleno, odia, eccome.
Noi che non la pensiamo come è prescritto, siamo la proiezione del loro rancore, del malessere che li anima. Hanno bisogno del Nemico come un assetato dell’acqua. Aveva ragione Carl Schmitt: alla fine, il nocciolo è la contrapposizione primigenia, Amico/Nemico. La battaglia non può avere un vincitore e un vinto, con cui continua il dialogo su basi diverse (iustus hostis) ma solo un sopravvissuto che ha annientato l’altro. Per questo è assai inquietante la deriva – non solo italiana- del pensiero sedicente progressista. Attribuiscono a me il sentimento dell’odio che rode l’animo loro. Ciò li rassicura, li esenta dall’argomentare, poiché non si discute con il Maligno, li induce ad esigere divieti, punizioni, pene severe per il colpevole di pensiero che odia. Infine li stringe a coorte, come sardine nel barile, al fischio del padrone travestito da Bene, Giusto, Morale.
Un caso emblematico è la Commissione parlamentare Segre, dal nome della senatrice che l’ha ispirata, il cui intento è combattere l’odio, l’intolleranza, il razzismo, l’antisemitismo eccetera. Vale la pena spendervi alcune parole. Dicono che la Segre riceva minacce e ingiurie quotidiane; nessuno deve permettersi atti di questo genere, da condannare senza esitazione. Il rispetto per una signora novantenne e per la sua storia devono prevalere sempre. Volgarità, contumelie, insulti squalificano chi le pronuncia ben più di chi ne è destinatario. Resta, speriamo, il diritto di criticare la commissione e affermare che la Segre è un simbolo, non una cittadina che ha “illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”, come richiede la Costituzione per la nomina a senatore a vita. Temiamo che tale opinione sia già da considerare odio, non esercizio della libertà di pensiero garantita dall’articolo 21 della Carta.
La sua commissione indagherà su opinioni, il che è già grave, ma addirittura sull’esistenza di sentimenti come l’odio che non possono essere oggetto del diritto penale. Come spesso accade, finirà per esasperare le menti più fragili e scatenare, sull’altro versante, ogni genere di delazione. A parte l’antisemitismo, pessimo sentimento diffuso tra alcuni ragazzotti dalla testa pelata ma praticato da molti “nuovi italiani” di ascendenza islamica, i punti sensibili della Commissione sono i soliti: il razzismo e l’omofobia. Tradotto in lingua volgare, si intende condannare – penalmente, non solo moralmente – ogni pensiero non conforme alla società multirazziale e alla glorificazione del cosiddetto orientamento omosessuale. Lì, per le sardine e gli squali che le muovono come burattini, si anniderebbero i maggiori focolai di odio.
Preferisci la tua gente agli stranieri? Odio e fascismo. Affermi che la famiglia è formata da un uomo e una donna aperti alla procreazione di nuovi membri della comunità? Odio e fascismo. Asserisci che maschio e femmina sono esseri biologicamente diversi e complementari, non il frutto di scelta individuale o di costrizione sociale? Odio e fascismo. Valuti i comportamenti secondo una scala di valori, distinguendo il bene e il male in base a criteri morali? Odio e fascismo più discriminazione. Eh sì, l’Italia e il mondo pullulano di fascisti e di odiatori seriali. Bertrand Russell, un venerato maestro dei Buoni, sosteneva che l’uso della psicologia di massa avrebbe convinto generazioni intere che la neve è nera.
I punti dolenti sono sempre i soliti; lo stesso deprecabile antisemitismo viene brandito come spada o coperta di Linus, per colpire ciò che interessa, ovvero chi ha sentimenti identitari, crede nella famiglia naturale e non vuole dissolversi nel gran mischione globale. Questo è il senso delle campagne contro il cosiddetto odio, nuovo nome del pensiero non conforme. Occorre reagire, smascherare, non tacere, non modificare né attenuare il linguaggio. Il politicamente corretto dilagante, infatti, oltreché una prescrizione intrisa di divieti e di sensi di colpa indotti, è autocensura, timore di esporsi all’odio vero in nome delle proprie convinzioni, ridefinite reati di odio. In definitiva, si nega la democrazia plurale, che è conflitto, lotta tra visioni diverse, organizzata con procedure e metodi escludenti l’uso della forza. Una democrazia non può giudicare a priori la bontà delle idee, né vietarne alcune se non vi è violenza, fisica o psicologica, da parte di chi le propugna.
Chi mi accusa di odio, mi fa violenza, entra arbitrariamente e pregiudizialmente nel mio foro interiore, e formula non un giudizio politico o culturale, ma esprime un pregiudizio etico, quando non antropologico, che mi rifiuta al dibattito. La chiamano libertà, e in effetti possiamo drogarci, ubriacarci, vivere negli istinti più bassi, ma le anime belle ci punteranno il dito se fumiamo una sigaretta o se le nostre abitudini personali non corrispondono alle indicazioni degli “esperti”, beniamini dei progressisti e delle sardine. Se mettiamo in dubbio le versioni ufficiali del potere, siamo fabbricatori di falsità, fake news, complottisti, paranoici – quindi malati da curare obbligatoriamente- animati da innominabili rancori.
Non possiamo esprimere giudizi “offensivi”, ma la regola non vale per lorcompagni, per i quali vige una doppia morale. Giorgia Meloni è quotidianamente dileggiata perché di bassa statura, parla con cadenza romanesca, non è bellissima. Nessuno di noi, popolo dell’odio”, potrebbe permettersi giudizi di questo tipo senza essere oggetto di attacchi sanguinosi, anzi, come si dice adesso, di bufere mediatiche. Naturalmente, i Buoni agiscono per il nostro bene, si prendono cura di noi. Essi sanno che cosa è giusto pensare, quali parole evitare, quali pensieri scacciare dalle nostre rozze menti. Un’altra delle accuse mosse è quella di essere ignoranti, primitivi: solo loro hanno frequentato la scuola, ad essi spetta montare in cattedra, dopo aver consultato il manuale del perfetto progressista, uomo e donna d’amore.
Le sardine nuotano in branchi, il che permette di praticare l’assalto di gruppo, generalmente verbale, ma sempre più spesso fatto anche di attacchi fisici e giudiziari, nonché divieti di parola nello spazio pubblico. Il branco assicura impunità e soprattutto assenza di contraddittorio. Lo sgomento assale le sardine allorché devono discutere con chi non si lascia intimidire né zittire. In quelle situazioni, assumono un’espressione indignata, sbarrano gli occhi, un rossore tendente al livido si impadronisce dei volti, segno di qualcosa tra l’incredulità e il desiderio di chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie. Come, di fronte a me c’è il Male, la personificazione dell’odio, sembrano dire.
Spaventa davvero l’incapacità di comprendere, assumere come lecite convinzioni difformi. E’ il segno di un settarismo inguaribile e dell’incomprensione per l’alterità. La diversità che ammirano in tutte le categorie borderline, di cui si ergono a fierissimi paladini, si trasforma in intolleranza pronta a esplodere; sardine sott’odio. Portatori di un moralismo invertito, hanno distinto (discriminato?) all’origine il Bene e il Male. Non esistono mezze misure, né avversari. Solo nemici simboli di malvagità, cattiva fede, gramigna da estirpare. Ricordate la frase simbolo di Joseph Conrad in Linea d’ombra, l’orrore, oh, l’orrore! Dovrebbe figurare come motto sulle bandiere arcobaleno.
Tramontato il rosso, hanno adottato l’arcobaleno, simbolo di globalità e cosmopolitismo, lontano dai simboli nazionali, così escludenti, di cattivo gusto. Strano che nell’arcobaleno i sette colori non siano mescolati, ma ciascuno rimanga se stesso. Tramontata la stella (rossa) di Mosca, la nuova stella polare è New York, mecca multiculturale, multietnica, ammirata come tollerante, ricca, colta, aperta. L’Eldorado progressista non è più la sede maledetta del capitalismo, di Wall Street, dello sfruttamento, dei superpadroni. Le sardine corrono in branco ma confondono la meta.
Essenziale è affrettarsi verso il progresso, che sarebbe il nuovo, il mai visto, il “dopo”, sempre superiore a “prima”. Ogni idea accolta da lorsignori – compagni non si usa più, fa tanto fabbrica e mensa operaia, loro sono post borghesi riflessivi e avanzati- ogni proposta da essi presentata è inevitabilmente un alto momento di civiltà. Poco importa salvare Venezia, anticaglia un tantino puzzolente, o rilanciare la siderurgia italiana, quel che conta, parola di Nicola Zingaretti, fratello scarso del commissario Montalbano, è chiedere lo ius soli per gli immigrati. In fondo, ha ragione: gli stranieri fanno cose sgradite agli italiani, ad esempio votare per il PD.
Per “battere la destra”, leviatano orribile che vedono in chiunque non sia d’accordo con loro, sono disposti alla falsificazione, alla menzogna, all’intimidazione, armi lecite, anzi sante contro l’odio. Possiedono la verità, infusa dalla Grande Sardina, dunque non hanno bisogno di dimostrarla e nemmeno di definirla. Il Giusto di cui sono portatori è autoevidente, somiglia al postulato nella matematica, il principio indimostrato la cui validità si ammette a priori allo scopo di fornire la spiegazione di fatti o costruire una teoria. Sono pericolose le anime belle, pronte a tutto a fin di bene. Non bisogna dare loro tregua, incalzarli, ribadire che la neve è bianca, l’erba è verde, l’uomo è maschio e la donna femmina. Le differenze esistono e fanno vivere; le frontiere ci vogliono, non solo per prudenza, ma perché sono il luogo dell’incontro, del giudizio di merito tra noi e loro, di qua e di là.
Certo, alcuni esagerano davvero. Personalmente, mi costituisco al tribunale anti odio e ammetto le mie colpe senza autocritica. Sono un maschio bianco (forse è meglio caucasico), eterosessuale. Credo in Dio, amo la Patria, difendo la famiglia naturale (pardon, tradizionale), tanto da essermi sposato con una donna. Amo tutto ciò che è nobile, ho una visione aristocratica della vita e serbo vivo il senso dell’onore, la pratica di principi rispecchiati nella vita quotidiana. Credo nei doveri da assolvere più che nei diritti da rivendicare. Infine, lo confesso, preferisco i connazionali agli stranieri e ritengo che l’unione tra uomo e donna sia un valore da difendere. Mamma mia, quanto odio in poche righe. Ma non arretro di un passo. Lo teorizzavano loro, facciamolo noi: una risata li seppellirà.
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