L’Italia e la Spagna – i due paesi dell’UE più colpiti dal coronavirus – riceveranno la maggior parte degli aiuti tratti dal fondo per la ripresa economica “Next Generation EU” presentato oggi dalla Commissione europea.
Questo è quanto riferito dalla Reuters . Secondo l’agenzia, i due paesi riceveranno in tutto 313 miliardi di euro in ‘sovvenzioni’ e prestiti.
Sappiamo anche- come AFP riferisce – che l’Italia potrebbe ricevere più di 170 miliardi di euro, mentre la Spagna – 140 miliardi di euro. Circa la metà di questa assistenza finanziaria sarebbe costituita da prestiti.
Il fondo di ricostruzione sarà composto da due parti : 500 miliardi di euro in sovvenzioni e 250 miliardi di prestiti da ripartire tra i paesi dell’UE maggiormente colpiti dal coronavirus.
“Questo vale per tutti noi, ed è molto più di ognuno di noi. Questo è il momento dell’Europa. E quindi, abbiamo ancora una scelta: o camminiamo da soli o accettiamo di camminare insieme su questo sentiero, avanzando stiamo ponendo il percorso per il nostro popolo e per la prossima generazione “, ha affermato Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, presentando il pacchetto economico al Parlamento europeo.
Ma non è purtroppo tutto oro ciò che riluce. Il Recovery Fund non è a ‘fondo perduto’, anche la parte ‘gratuita’ non è propriamente costituita da ‘sovvenzioni’.
I fondi infatti saranno reperiti dalla Commissione Europea chiedendo i fondi sui mercati internazionali. “Questo finanziamento aggiuntivo sarà essere inserito nel bilancio UE e sarà erogato per un lungo periodo di tempo attraverso futuri bilanci dell’UE – non prima del 2028 e non oltre il 2058”, ha affermato la Commissione europea in una nota.
Pertanto, l’Italia – come riferiscono varie fonti – dovrebbe ricevere 173 miliardi di euro, di cui 82 miliardi a ‘titolo gratuito’ (ovvero ‘sovvenzioni’) e 91 miliardi sotto forma di prestiti.
Ma ‘gratuito’ ha correntemente una errata comprensione da parte dei media. La parte ‘gratuita’, in realtà sarà sarà rimborsata dalla fiscalità europea, ciò vuol dire che tutti i paesi dovranno comunque contribuire maggiormente aggiornando i propri contributi a copertura delle cifre ricevute a ‘titolo gratuito’.
Infatti solo la Banca Centrale Europea sarebbe in grado di creare direttamente danaro senza ricorrere al finanziamento tramite mercati finanziari internazionali. E’ ovvio che se il reperimento di risorse avviene tramite i mercati con l’emissione di titoli, questi andranno rimborsati. L’unica nota positiva è ovviamente la lunga scadenza delle obbligazioni.
Bisognerà comunque vedere come sarà sufficiente – a fronte di una recessione che ha pochi casi simili nella storia moderna – , uscirne fuori con prestiti (e sovvenzioni) in un contesto contrassegnato da una depressione economica generalizzata.
Purtroppo sembra che finora queste problematicità siano state colte solo da Claudio Borghi e qualcun altro.
Eppure bastano poche righe per far capire. A Borghi sono bastati 140 caratteri di twitter: “Il recovery fund – ha scritto – è come fare un mutuo. Lo spendi subito e lo ripaghi dopo (con più soldi all’UE e con eurotasse). Niente di diverso dal normale indebitamento quindi. UE fa il mutuo, lo ripagheremo noi e come spendere questi soldi lo deciderà la Merkel”.
Naturalmente il Recovery Fund si potrà ancor modificare (in maniera migliorativa o peggiorativa), c’è ancora poco di definitivo, ma resta il fatto che su 82 miliardi (definiti dai media ‘a titolo gratuito), noi abbiamo contribuito già con 58,232 miliardi (se consideriamo il nostro contributo già dato nel corso degli anni al Fondo Salva Stati e quelli dati in forma di prestiti bilaterali o di prestiti tramite il EFSF ad altri Stati europei), ma di questo non se ne terrà conto.
L’intero importo andrà comunque restituito direttamente con il contributo nazionale all’Unione e con altre tasse europee. Il solo dato positivo è che la spesa si scaricherà su più generazioni e da qui “next generation bond”.
Questo è ciò che in sintesi dice il sen. Alberto Bagnai e la logica comune. Il altri termini – come il senatore ribadisce – la via più semplice sarebbe quella dell’intervento diretto della BCE ma come sappiamo questo viene escluso categoricamente dalle istituzioni europee, ci si impantana quindi con un intervento non tempestivo irto di vincoli e legacci.
Qui non si nega che la soluzione messa a punto dalla Von der Leyen sia migliore del MES, ma si registra che in seno alla UE, permane ancora la solita mentalità di fondo che continua a generare problemi. Cosa succederà lo vedremo presto, ovvero se gli stati dell’Unione si riprenderanno o se – nonostante questo intervento – la fine dell’Euro avverrà ugualmente, come molti ipotizzano.
Se ciò dovesse accadere l’Italia dovrà comunque restituire i soldi in euro, anche tornando alla vecchia moneta. In questo caso gli costerebbe molto di più. Resta da capire perché l’Italia non abbia nemmeno provato a mettere in campo misure alternative autonome e perché alla BCE è impedito di essere una vera Banca Centrale.
patrizioricci by @vietatoparlare
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