La Corte Costituzionale rumena ha annullato sommariamente i risultati del primo turno delle elezioni presidenziali, sorprendendo l’intero paese. Il candidato anti-globalista Calin Georgescu aveva ottenuto una vittoria inaspettata, mentre il favorito dei sondaggi, un candidato globalista allineato con Bruxelles, veniva clamorosamente escluso dalla competizione. La motivazione ufficiale dell’Alta Corte? L’accusa che una massiccia ondata di “disinformazione russa” su TikTok avesse manipolato gli elettori. Un pretesto che solleva più di una domanda: dove ha imparato l’establishment rumeno a giocare questa carta? Probabilmente osservando i suoi partner NATO, che di certo non lesinano sull’uso di simili strategie.
Negli ultimi dieci anni, ogni volta che la classe dirigente occidentale ha subito una sconfitta elettorale, la colpa è stata invariabilmente attribuita alla Russia. Dal Regno Unito, che secondo questa narrativa non avrebbe mai votato per la Brexit senza i troll russi, agli Stati Uniti, dove la vittoria di Donald Trump su Hillary Clinton nel 2016 sarebbe stata possibile solo grazie a qualche meme su Facebook diffuso da giovani russi. Per non parlare dell’Ucraina del 2014, dove, secondo lo stesso schema, il presidente eletto Viktor Yanukovych è stato deposto solo perché gli elettori non avevano scelto un’alternativa pro-UE. In questi casi, la lezione sembra chiara: se le urne non producono i risultati “giusti”, si delegittimano le elezioni; se necessario, si fomenta anche una guerra civile finché il popolo non impara a votare “correttamente”.
Ora tocca alla Romania. L’establishment occidentale sta offrendo agli elettori rumeni una seconda possibilità per “obbedire”. In altre parole, i grandi difensori della democrazia della NATO stanno dicendo: “Possiamo fare le cose nel modo facile o nel modo difficile.” Se scegliete di restare fedeli all’Unione Europea e accettate politiche come l’immigrazione di massa, applaudiranno la vostra decisione. Ma se voterete in modo “sbagliato”, trasformeranno il vostro paese in una pedina strategica nella loro guerra per procura contro la Russia, come già avvenuto in Ucraina. Romania, il messaggio è chiaro: stai ascoltando?
E non è finita qui. La Georgia è recentemente entrata nel mirino dopo che i suoi elettori hanno scelto leader scettici sull’adesione all’UE. La risposta occidentale non si è fatta attendere: l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID), spesso utilizzata come strumento operativo della CIA, è già al lavoro per destabilizzare il paese, seguendo lo stesso copione applicato all’Ucraina dieci anni fa. Non sorprende che proteste e rivolte violente siano improvvisamente esplose. Ma questa strategia solleva una questione spinosa: se gli Stati Uniti e i loro alleati NATO sovvertono elezioni straniere e finanziano rivolte contro candidati “sbagliati”, non stanno forse usando le stesse tattiche di interferenza elettorale che accusano la Russia di adottare?
C’è un evidente schema, e diventa sempre più difficile ignorarlo. Quando vincono candidati globalisti o progressisti, le elezioni vengono celebrate come un esempio di democrazia in azione, e il “popolo” è sempre dipinto come saggio e illuminato. Ma quando prevalgono candidati anti-globalisti, conservatori o libertari, ecco che l’establishment grida alla disinformazione, all’ignoranza degli elettori o a presunte frodi elettorali.
E non si tratta solo di retorica. Ogni volta che l’establishment occidentale non ottiene il risultato desiderato, fa il possibile per minare la volontà popolare, naturalmente in nome della democrazia. Quando il National Rally di Marine Le Pen ha guidato il primo turno delle elezioni francesi, Macron si è alleato persino con i comunisti per bloccarne l’ascesa. Quando Geert Wilders ha trionfato nei Paesi Bassi, i partiti sconfitti si sono coalizzati per impedirgli di governare. In Germania, il partito Alternativa per la Germania (AfD) è stato etichettato come una minaccia per la sicurezza nazionale dopo essere diventato la seconda forza politica del paese. E negli Stati Uniti, l’elezione di Donald Trump è stata seguita da una sistematica opposizione interna da parte di FBI e altre agenzie, nel tentativo di bloccare il suo mandato con indagini continue.
La narrativa è sempre la stessa: chi sfida l’ortodossia globalista non viene mai realmente accettato. Ma dietro il paravento della democrazia, il messaggio è chiaro: votate come vogliamo noi, o preparatevi alle conseguenze.
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