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LA RUSSIA DI PUTIN: BALUARDO DELLA CRISTIANITA’

Alexey-Komov

13/03/2014 –  INTERVISTA a Alexey Komov è l’ambasciatore presso le Nazioni Unite del Congresso mondiale delle Famiglie

Trentamila nuove chiese, seicento nuovi monasteri, Il 70% dei russi è battezzato, e poi drastica diminuzione degli aborti, aiuti per la gravidanza, diecimila dollari a chi fa il secondo figlio e terra a chi ha tre figli, vasti movimenti popolari in difesa della famiglia e della vita. (…)
Il governo ha approvato leggi che proteggono l’essere umano, Putin non sta imponendo nulla, sta solo prendendo atto del sentimento religioso riemergente nel popolo russo  (fonte: corrispondenza romana)

di Benedetta Frigerio

«Noi russi abbiamo vissuto sulla nostra pelle le conseguenze di un’ideologia che ci aveva fatto credere che saremmo stati felici senza Dio. Siamo arrivati a un centimetro dal suicidio umano e demografico. Adesso vogliamo tornare indietro».

Alexey Komov è l’ambasciatore presso le Nazioni Unite del Congresso mondiale delle Famiglie, la più grande piattaforma internazionale per la difesa della famiglia naturale. In Italia per un convegno su Russia ed Europa organizzato a Rovereto dalla rivista Notizie Pro Vita, ha accettato di spiegare a Tempi le ragioni della svolta “life-friendly” di Mosca dopo il crollo del comunismo.
Alexey Komov – In effetti negli anni Novanta, dopo settant’anni di regime, la Russia aveva indici di sviluppo umano da agonia.
Fino alla vigilia della Rivoluzione bolscevica del 1917 il cristianesimo ortodosso era il fulcro della società russa. Nell’Ottocento l’ideologia marxista, partorita in Occidente, fece breccia nel cuore di alcuni intellettuali e borghesi russi. Secondo il materialismo comunista la scienza sarebbe riuscita a rendere l’uomo padrone di tutto. Non c’era più posto per la Chiesa che ricorda la dipendenza da Dio e dalle leggi naturali per la realizzazione dell’uomo e del bene comune. Perché la Russia ora guarda a queste idee con grande sospetto? Perché fummo i primi a conoscerle. Dopo la Rivoluzione d’ottobre fu legalizzato l’aborto, il divorzio, la famiglia come “affare” di Stato. Sull’orlo del precipizio ci siamo voluti fermare.
Però la svolta “confessionale” di Putin e l’idea di fare della Russia una sorta di baluardo della cristianità non gode di buona stampa in Occidente.

Senta, innanzitutto il governo sta approvando leggi che proteggono l’essere umano, cosa che si dovrebbe pretendere da ogni sovrano. Poi la valorizzazione del cristianesimo deriva dal fatto che Putin si è accorto che nel degrado assoluto l’unica cosa che ha resistito è stata la Chiesa ortodossa. La Russia ha provato il dolore di vivere senza Dio, per questo non crede più al comunismo e rigetta l’ateismo. Non a caso oggi il 77 per cento dei russi dichiara di credere in Dio e il 69 per cento è battezzato. Negli ultimi vent’anni sono state ricostruite trentamila chiese, seicento monasteri e altre duecento chiese sorgeranno presto a Mosca. Capisco che l’Occidente non capisca, visto quello che succede da voi. Però è così, il governo non sta imponendo nulla. E Putin sta solo prendendo atto del sentimento religioso riemergente nel popolo russo.
D – In Russia vige ancora un sistema autoritario che ha ben poco di compatibile con la nostra democrazia.

Alexey Komov – La “vostra” democrazia? In Occidente siete arrivati al punto di vedervi costretti per legge, e senza che nessuno abbia chiesto il vostro parere, a insegnare ai vostri figli che secondo questa “teoria del gender” non esistono “la mamma” e “il papà”, ma solo genitori A e B, che possono essere anche dello stesso sesso, e che si deve “scegliere” se essere “bambini” o “bambine”. Però senza discriminazioni, perché tutti devono essere uguali… Ecco, quando sento queste cose, quando sento che questa sarebbe “democrazia”, ripenso a me bambino. Ricordo che camminando per strada vedevo gli edifici progettati dalla nostra “grande democrazia socialista”, ed erano tutti brutti, tutti grigi, tutti uguali. Poi da qualche parte spuntava ancora qualche chiesa, bellissima, e subito sorgeva in me il desiderio di entrarci, di andare a rifugiarmi lì. Oggi le parti si sono invertite. Il popolo russo non cede all’ideologia Lgbt perché è molto meno ingenuo di quello europeo. La gente sa bene come gli intellettuali possono arrivare a imporre ideologie disumane.
D – È sufficiente legiferare secondo il diritto naturale per cambiare un paese?

Alexey Komov – Tuttora in Russia c’è una grande crisi demografica. Vent’anni fa siamo arrivati a quattro milioni di bambini abortiti ogni anno. Ora siamo scesi a circa due milioni. La politica da sola non basterà mai. Ma per fermare l’ingiustizia è necessario vietarla per legge. E comunque a ridurre i numeri dell’aborto sono stati anche il divieto del governo di pubblicizzarlo, il fatto che le leggi prevedano il finanziamento dei Centri di aiuto alla vita, lo stanziamento di una somma pari a dieci mila euro per il secondo figlio e concessioni demaniali a chi ne ha più di tre. Per il resto è compito dei cristiani e degli uomini di buona volontà ricostruire il tessuto sociale.

D – Qual è la situazione della famiglia oggi in Russia?

Alexey Komov – La situazione sta migliorando, ma ancora la metà dei matrimoni finisce in divorzi. La cultura di massa che passa attraverso la televisione, i film americani, le riviste e i media digitali condizionano le nuove generazioni. Anche in Russia i media restano i principali educatori…

D – La Russia rischia sanzioni per le sue leggi “contro la propaganda e il proselitismo gay”. Non teme il suo isolamento a livello internazionale?

Alexey Komov – No, perché la maggioranza dei russi la pensa esattamente come Putin. Il quale non ha nulla da temere perché il nostro paese dispone di un importante deterrente nucleare ed è lo snodo fra l’Europa e l’Asia. La nostra forza è sotto gli occhi di tutti. Basti pensare che insieme a papa Francesco siamo riusciti a frenare la guerra in Siria e a bloccare il piano di Obama di bombardare Damasco. E mi lasci dire che noi russi abbiamo anche un senso messianico della nostra presenza nel mondo. Messianismo che può essere pericoloso, come quando volevamo esportare ovunque il comunismo, ma che ritorna utile ora che vogliamo ritrovare le nostre radici cristiane.

D – E degli arresti delle Pussy Riot o degli attivisti di Greenpeace che dice? Non sono sintomi di un “regime”?

Alexey Komov – Le persone pensano anche che noi russi non abbiamo l’acqua, che viviamo in povertà e che c’è corruzione ovunque. Invece in Russia la qualità dei servizi è ottima, la tassazione è al 40 per cento, la popolazione sta mediamente bene, costruiamo molto, importiamo e la materia prima è sfruttata con intelligenza. C’è libertà di impresa e anche di espressione. Mentre in Occidente in certi ambienti non potete neppure indossare una croce.

Correlati: Zenit.org http://www.zenit.org/it/articles/con-la-russia-cristiana-per-uscire-dalla-decadenza

Patrizio Ricci

Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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