Parlando di Santoro (che si presenta alle europee con la lista “lista pace, terra dignità”), devo ammettere che non mi trovo in accordo con molti dei suoi punti di vista, ma riconosco la sua coerenza, soprattutto in questioni di guerra. Ad esempio, durante l’intervento della NATO in Serbia nel 1999, manteneva una posizione coerente con quella attuale. In particolare in quell’occasione, Santoro organizzò una trasmissione televisiva speciale in diretta da Belgrado per promuovere la pace e denunciare l’intervento militare della NATO. L’evento suscitò molte polemiche in Italia e all’estero, ma dimostrò l’impegno di Santoro nel sostenere il dialogo e la ricerca di soluzioni pacifiche ai conflitti.
La sua abilità nel comunicare è indiscutibile: sa esattamente quali termini usare, come “l’aggressione russa”, per attrarre il consenso di chi è contrario alla guerra e posizionato su determinate convinzioni (anche a costo di imprecisioni storiche). È evidente che la sua lista, insieme a poche altre, rappresenta una scelta chiara per chi desidera esprimere un giudizio deciso sulla guerra, il che ora è il tema centrale.
Tuttavia, esiste un dibattito, particolarmente sentito tra molti cattolici, riguardo l’omissione, nella lista di Santoro, dei cosiddetti “valori non negoziabili”. Questo concetto, da tempo utilizzato nel contesto cattolico, è stato sfruttato da alcuni partiti che ne hanno tratto vantaggio, pur producendo scarsi risultati in termini di coerenza. Quale significato ha oggi quindi votare esclusivamente per chi si schiera fermamente a favore di questi valori? Inoltre, non è forse vero che l’assenza di guerra favorisce la giustizia sociale e facilita la libertà? La guerra ci spinge in uno stato di emergenza dove ogni valore viene messo da parte.
Nonostante la retorica sui valori non negoziabili, come gruppo di pressione siamo insignificanti, divisi su molte questioni, inclusi questi stessi valori. Accettiamo passivamente le situazioni senza che ci sia richiesta una vera negoziazione. Solo riacquistando un certo grado di sovranità potremmo tornare a essere un interlocutore significativo nei dibattiti e nelle decisioni.