Sanzioni contro la Russia, l’Ungheria blocca le sanzioni al Patriarca Kirill

Il capo della Chiesa ortodossa russa, il patriarca Kirill, è stato rimosso dal sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia, la Polonia ha protestato in maniera veemente.

Il 4 maggio, non appena le sanzioni verso il Patriarca Kirill vennero proposte nella UE, il capo del Dipartimento sinodale del Patriarcato di Mosca per i rapporti della Chiesa con la società e i media, Vladimir Legoyda, commentò la probabile inclusione del patriarca Kirill nella lista delle sanzioni dell’UE, definendo tale misura contraria al buon senso.

Legoyda ha anche osservato che il patriarca Kirill proviene da una famiglia che “durante il periodo dell’ateismo comunista militante” è stata sottoposta a repressione per l’adesione alla fede e “nessuno di loro aveva paura della reclusione e persino di rappresaglie”.

L’Ungheria è stata per questa sua decisione, sull’orlo dell’espulsione. Ed è da considerare che i paesi più duri sono stati Italia, Francia, Germania e Spagna. Avvenire, il giornale della CEI ha riportato la notizia senza alcun commento.

Ovviamente, le sanzioni contro Kirill, sono una cosa ignobile e sensa senso. Non è una questione di merito riguardo a quanto ha detto. Anche papa Francesco – nell’arco del suo pontificato – ha detto alcune cose condivisibili ed altre no, come ad esempio che il vaccino è un atto d’amore. Ma le sanzioni sono un mancato riconoscimento della valenza spirituale di chi è a capo della chiesa. Bene quindi ha fatto l’Ungheria a schierarsi decisamente difendendo questo.  Altrimenti i giudizi ritenuti politici in futuro potrebbero essere censurati dall’autorità laica, fino a discriminare l’intera cristianità. Questo potrebbe valere per le teorie gender, o per le migrazioni o riguardo all’aborto.

Kirill non è a capo di uno stato ma esercita solo la guida spirituale del popolo ortodosso della chiesa ortodossa di Mosca. La vicinanza della chiesa di Mosca al potere costituito è una tradizione nella chiesa ortodossa. Questo però non vuol dire che l’ortodossia avvalli alcunché. Kirill ha solo detto che al di là di un confronto tra eserciti, esiste un confronto escatologico. Da qui probabilmente la reazione scomposta di Bruxelles.

In primo luogo, la critica ad un responsabile di una chiesa spetta al suo popolo e ai responsabili che ne condividono la responsabilità sul popolo (circa 400 sacerdoti hanno scritto a Kirill criticando alcune sue affermazioni). All’interno della chiesa ortodossa russa questo dibattito esiste. Il richiamo comunionale è l’unica possibilità legittima di agire sulla chiesa. Tutto il resto è inopportuno ed una ingerenza dell’apparato politico su quello spirituale.

In secondo luogo, il giudizio dell’Unione Europea è minato dall’estromissione di un giudizio critico e libero da costrizioni politiche a tutti noi imposte dalla narrativa dominante.

Un giudizio libero, per essere libero dovrebbe avere le condizioni per esserlo. Oggi tali condizioni sono mancanti.

Anche sulla chiesa di Roma esistono grosse pressioni sul Pontefice affinché lui dica questo piuttosto che quello. Lo si è visto recentemente, quando ha espresso un giudizio sulla causa della guerra in Ucraina.

Per papa Francesco, in questo caso non ci sono state sanzioni ma potrebbero esserci, un domani. Ora – anche lui – è considerato nella propaganda di Putin.

È sconvolgente che non si capisce che stiamo parlando di indipendenza della Chiesa. Ovvero, della coscienza spirituale, della stessa libertà religiosa.

Quindi, giustamente l’Ungheria ha preso la sua posizione. Addirittura facendo passare l’embargo al petrolio sulle navi, rispetto alla possibilità di sanzionare il massico responsabile della chiesa ortodossa di Mosca. Questo al di là del contingente, è un giudizio di valore.

Ma probabilmente ormai la maggior parte del popolo occidentale e i suoi rappresentanti, sono lontani da simili considerazioni.

C’è una cosa che nessuno – dico nessuno – vuol vedere, è che tutti i paesi membri della UE non riescono mai ad uscire dall’unanimità.

Ciò sembrerebbe un fatto positivo, ma in realtà non lo è. Perché questa è una incapacità, un’inerzia. Il valore in questo caso è l’unità e non sono le motivazioni o il ragionamento che porta alle decisioni. Unità quindi intorno a parole d’ordine che vengono messe in agenda da ristretti ambiti che vogliono cambiare l’uomo ed il suo pensiero e non come esito di partecipazione e salvaguardia del bene comune.

Ciò non si può spiegare con una maggiore libertà, ma con una grigia uniformità. Ove l’assoggettamento all’unità (in nome di cosa?) non ha MAI il coraggio della dignità di un giudizio di valore, per cui qualcuno ha MAI il coraggio di opporsi su qualunque cosa che mini la dignità umana, la pace, la prosperità  e la sovranità dei popoli.

Questa considerazione, è anche valida in relazione alla guerra in corso, una guerra dichiarata contro noi tutti, che è cominciata da anni. E non intendo nel 2014 nel Donbass. Ma parlo di un’altra guerra, parlo dell’estromissione organizzata dello spirituale dall’ambito del reale.

Ed allora, cosa dovrebbe dichiarare un religioso? Scegliere le opzioni messe in busta dai gerarchi europei, ove ci sono solo le due opzioni A e B?

Davvero – in questi tempi -, conservare la fede è la cosa più importante.

Patrizio Ricci by VPNews

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nota a margine

Orban ha fatto il bene del suo popolo, l’Ungheria riceve il petrolio via oleodotto. Il divieto di importazione riguarderà solo il greggio che arriva via mare. Resta fuori dal bando l’oleodotto Druzhba, che rifornisce l’Ungheria ma anche Germania e Polonia. Quindi Orban ha fatto quello che ogni capo di stato deve fare: difendere e fare gli interessi della propria popolazione. Quindi è riuscito a togliere le sanzioni a Kirill ed a rimanere con il petrolio disponibile.

 

Patrizio Ricci

Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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