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In chiusura della campagna elettorale più cruciale per il futuro dell’Europa e in attesa del risultato, su quale si sono incentrate tante speranze ma il cui esito appare scontato a favore del candidato che più di tutti incarna l’establishment europeista, facciamo spazio alle riflessioni di Jacques Sapir, il nostro economista francese di riferimento. Lo scenario è quello di un paese profondamente diviso, sia geograficamente che culturalmente e socialmente, tra gruppi che si trovano su posizioni opposte e inconciliabili. Situazione complicata ulteriormente da quell’irriducibile corpo estraneo alla cultura francese che sono gli immigrati di seconda generazione. La situazione appare così compromessa da rischiare di scivolare verso la violenza e la guerra civile, e tutti i politici ne portano la responsabilità; anche la Le Pen, che nella fase finale della campagna ha commesso grossi errori, nel migliore dei casi frutto di dilettantismo, e nel peggiore segno di un atteggiamento strumentale. Per non parlare degli utili idioti del “politicamente corretto”, che nel loro confuso immaginario antifascista fungono da copertura agli interessi del grande capitale.
di JACQUES SAPIR · pubblicato il 5 Maggio 2017 e aggiornato il 6 Maggio 2017
Questa campagna elettorale è conclusa. Ha rivelato, nel comportamento di una certa stampa, l’aspetto più orrendo della società francese. Il risultato delle elezioni presidenziali non lascia spazio a dubbi. La sera del 7 maggio Emmanuel Macron sarà, con ogni probabilità, eletto Presidente. Ma questa campagna lascerà cicatrici profonde. Il paese è profondamente diviso e non riuscirà a riunirsi sotto il nuovo Presidente. Interi settori della popolazione sono già, o sono in procinto di entrare, in una condizione di secessione. Christophe Guilluy, del resto, ha attentamente analizzato l’effetto disastroso di quel pensiero “politicamente corretto” che si autodefinisce antifascista e che serve solo da copertura agli interessi dei potenti. [1]
L’orrore Macron
Entrambi i candidati hanno una chiara responsabilità in questa situazione. Emmanuel Macron, in primo luogo, la cui arroganza, combinata con la sua personale irrilevanza, si rivela essere un prodotto di quello che viene chiamato il “sistema”, venduto agli elettori come si vende ai consumatori di un supermercato un fustino di detersivo (secondo Michel Onfray) o un dolce troppo grasso e zuccherato. Ha toccato dei livelli di indecenza veramente elevati sul tema del recupero della memoria, oltraggiando in maniera permanente la memoria storica, di cui conviene fare tesoro. Il suo errore sulla disoccupazione di massa nel corso del dibattito del 3 maggio in TV è davvero esemplare. Sostenendo che la Francia sia l’unico paese colpito dalla “disoccupazione di massa”, dimenticando la situazione in Grecia, Spagna, Italia, Portogallo, in realtà rivela i suoi pensieri. Questi paesi non sono più considerati come colpiti dalla disoccupazione perché hanno implementato, volontariamente o sotto costrizione, le politiche di “riforma del mercato del lavoro”. Che queste politiche in realtà aggravino la situazione a cui dovrebbero porre rimedio, costituisce l’errore di fondo che sottende questo errore formale.
Entrando nel merito, poi, è già stato detto tutto su ciò che rappresenta il programma di Emmanuel Macron, in termini di profonda sottomissione al neoliberismo e al culto dell’Unione europea, sui suoi aspetti retrogradi mascherati da falso modernismo. Quest’uomo è il prodotto, come dichiarato da Aude Lancelin, di un colpo di stato silenzioso del CAC-40 (l’indice di borsa di Parigi, ndt), anche se Lancelin non ne descrive che molto vagamente i meccanismi e le cause. [2] Intorno a lui si raccolgono tutti i politici che hanno fallito in questi venti o trent’anni. E’ stato incapace di ascoltare ciò che avevano da dirgli i francesi che ha incontrato. Murato nelle sue certezze, tutto d’un pezzo come si suol dire, questo prossimo Presidente per default sarà un fattore di divisione profonda e una causa di secessione tra i francesi. Come ha detto e scritto François Ruffin, sarà odiato per essere stato eletto di stretta misura e non beneficerà di nessun periodo di grazia. [3]
La (ir)responsabilità di Marine Le Pen
Ma anche Marine Le Pen ha una grande responsabilità in questa situazione. Non si è dimostrata in grado di sostenere il suo programma, e anche su qualsiasi critica le venisse fatta. Questo programma aveva una sua coerenza, ma con i suoi ripensamenti dell’ultimo minuto la Le Pen ha contribuito a creare confusione. Ha dichiarato di aver sentito degli economisti su molte questioni, dall’euro alla globalizzazione, ma ovviamente non li ha ascoltati, né li ha capiti. I suoi vari riposizionamenti verso la fine della campagna, dall’euro all’età di pensionamento, sono stati disastrosi. Questo dimostra, nella migliore delle ipotesi, un grande dilettantismo nel trattare questioni che sono invece essenziali per la Francia e i francesi. Nel peggiore dei casi, rivela un atteggiamento strumentale su questi temi e più in generale sulla questione economica e sociale. Il suo stile battagliero si è trasformato in un’aggressività senza limiti. Contrariamente a quanto affermato dagli stupidi moralisti, tutto questo non fa della Le Pen una “fascista”, e in nessun modo giustifica l’appello a “sbarrarle la strada”. Ho detto in un post precedente [4] che cosa si può pensare di tutto questo. Comunque, la Le Pen si è rivelata essere la miglior nemica delle idee che ha affermato di sostenere. Se non riflette su questo, e se non ne trae le dovute lezioni, la Le Pen è perduta. Ma la disperazione che può derivarne rischia di favorire delle politiche che, queste sì veramente, saranno chiaramente condannabili e molto più radicali e pericolose.
La secessione
Tutto questo configura una divisione politica e culturale profonda dei francesi. E’ chiaro che i sostenitori di Emmanuel Macron e quelli di Marine Le Pen non vivono più nello stesso paese. Vivono in paesi diversi, in primo luogo da un punto di vista geografico, con la distinzione tra la Francia “periferica” e la Francia metropolitana. Ma vivono anche in paesi diversi in termini di riferimenti culturali e sociali. Questa “secessione” è di una gravità straordinaria. Quando non abbiamo più un linguaggio comune, la porta è aperta alla guerra civile.
Questa secessione non è l’unica. Gli elettori di Jean-Luc Mélenchon, almeno quella gran parte di loro che si dichiarano contrari a votare Macron, si stanno muovendo verso un’altra forma di secessione. Il modo in cui questo elettorato è stato disprezzato, vilipeso, minacciato, perché si unisse alla coalizione macronista, rimane uno dei più grandi scandali e una delle più grandi vergogne di questa campagna elettorale. Soprattutto, questa campagna isterica e piena d’odio, come ho già denunciato su questo sito[5], spingerà coloro che si definiscono “Insoumis” (ribelli, ndt) alla secessione dal sistema politico. Non sono le manovre ridicole dell’ultima ora di un PCF agonizzante, tattiche denunciate da Mélenchon stesso, che potranno fermarlo. [6] E’ probabile che queste manovre, e altre, si moltiplicheranno durante la campagna per le elezioni parlamentari di giugno. L’obiettivo è chiaro: privare gli “Insoumis” del numero di deputati a cui avrebbero diritto in base alla loro consistenza numerica. Se questo scenario si verificasse, la secessione degli “Insoumis” diventerebbe una realtà, e un tale processo, oltre alle secessioni di cui s’è parlato prima, porterebbe con sé delle minacce di violenza, o anche della violenza stessa. L’ultima frase di François Ruffin nella sua rubrica per il quotidiano Le Monde suona molto chiara su questo punto:
E’ su questa base striminzita, su questa legittimità fragile che voi contate di portare avanti la vostra regressione a tappe forzate? O la va o la spacca? Lei è odiato, signor Macron, e io ho paura per il mio paese, non tanto per questa domenica sera, ma per più avanti, per i prossimi cinque anni e oltre: che si degeneri davvero, che la “frattura sociale” diventi una lacerazione. Lei porta con sé la guerra civile come le nuvole portano il temporale. A buon intenditore.
Francois Ruffin (Candidato per “Picardie debout!” e sostenitore di Jean-Luc Mélenchon)
La disperazione di essersi visti “rubare” l’elezione da parte del sistema, che impone nei fatti un Presidente che molti non vogliono, è foriera di spaccature e divisioni future. L’arroganza molto probabile che dovremmo aspettarci se Emmanuel Macron sarà eletto, amplificherà questa disperazione. E’ sempre pericoloso spingere due fazioni di francesi l’una contro l’altra sino alla disperazione, fatto ignorato con superbia da Emmanuel Macron e dai suoi sostenitori, tra cui il catastrofico François Hollande. Queste persone hanno potenzialmente la responsabilità di aprire le porte alla guerra civile.
La secessione silenziosa
Ma c’è una quarta secessione, silenziosa, che si verifica nello stesso momento. Sempre più giovani francesi figli di immigrati e di religione musulmana rifiutano i principi di uguaglianza che stanno alla base della Repubblica. Anche qui ci troviamo di fronte ad un processo di secessione, tanto più grave in quanto viene tollerato, per clientelismo elettorale o per volontà di mantenere la quiete, dai politici di tutti gli schieramenti. [7] Questa secessione si manifesta nella esclusione sempre maggiore delle donne dalla sfera pubblica, nella descolarizzazione dei bambini e nella creazione di reti alternative di insegnamento al di fuori di ogni controllo.
Ora, questo è estremamente grave, di una gravità che supera il pericolo diretto del terrorismo e del salafismo. L’erosione lenta e silenziosa della laicità da parte delle organizzazioni vicine ai Fratelli musulmani pone un terribile problema alla politica francese. E’ stato pubblicato solo poche settimane fa il testo di Jérôme Maucourant su questo tema. [8] Il problema è molto più grave rispetto all’isteria cosiddetta “anti-fascista” che ha preso possesso di una parte delle menti e della quasi totalità della stampa in occasione delle elezioni presidenziali. Qui siamo di fronte ad un’altra forma di secessione, e questa c’è da temere che sia ancora più inconciliabile rispetto alle altre tre.
Se vogliamo parlare del popolo, e senza il popolo non ci può essere alcuna sovranità, allora si impone la distinzione importante che deve essere fatta tra il popolo “politico” e il popolo “etnico”. Ho dedicato intere pagine del libro che ho pubblicato nel 2016, “Sovranità, Democrazia e Laicità“, [9] a questo tema, tema del quale l’attualità, purtroppo, ci ricorda l’importanza. Non possiamo pensare alla Democrazia senza pensare al tempo stesso alla Sovranità, e che quest’ultima implica e impone la Laicità. Parliamo proprio di questo con Bernard Bourdin, nel recente libro che abbiamo appena pubblicato. [10] Non ci possono essere individui liberi se non in una società libera. La sovranità definisce anche la libertà di decidere che caratterizza quelle comunità politiche che sono i popoli nel contesto della Nazione e dello Stato. E’ inoltre necessario sapere che cosa costituisce la società. E’ anche necessario capire che cosa costituisce un “popolo”, e bisogna capire che quando si parla di un “popolo” non stiamo parlando di una comunità etnica o religiosa, ma della comunità politica di individui riuniti che prendono in mano il proprio futuro. Questo è il popolo al quale parlano i politici che realmente fanno il loro lavoro, e non quelli che, come Emmanuel Macron, sono promossi come un fustino di detersivo.
Questa elezione sembra ormai scontata. Questa elezione è stata soprattutto sottratta agli elettori dalla combinazione di una volontà cosciente e organizzata da parte di alcuni e di una mancanza di responsabilità da parte di altri. Ma non risolverà nulla, non deciderà nulla. Piuttosto, il suo probabile esito, facendo precipitare delle fratture precedenti, rischia – e spero con tutto il cuore di sbagliarmi – di portare la Francia verso un futuro molto scuro.
Note
[1] Guilluy C., « La posture anti-fasciste de supériorité morale de la France d’en haut permet en réalité de disqualifier tout diagnostic social » http://www.atlantico.fr/decryptage/christophe-guilluy-posture-anti-fasciste-superiorite-morale-france-en-haut-permet-en-realite-disqualifier-tout-diagnostic-social-3031677.html#CiyKyhEAzGD6UQfU.99
[2] De Castelnau R., http://www.vududroit.com/2017/05/presidentielle-sortir-machoires-piege/
[3] http://www.lemonde.fr/idees/article/2017/05/04/francois-ruffin-lettre-ouverte-a-un-futur-president-deja-hai_5122151_3232.html
[4] Voir « Mélenchon, la meute et la dignité », note publiée le 28 avril, https://russeurope.hypotheses.org/5948
[5] Idem.
[6] http://www.lefigaro.fr/politique/2017/05/04/01002-20170504ARTFIG00231-legislatives-la-france-insoumise-va-poursuivre-les-communistes-qui-se-reclament-de-melenchon.php
[7] Voir Pina C., Silence Coupable, Paris, Kéro, 2016. Voir aussi la recension de cet ouvrage sur ce carnet : Les salafistes et la République (recension de « Silence Coupable »), http://russeurope.hypotheses.org/4909
[8] https://russeurope.hypotheses.org/5892
[9] Sapir J., Souveraineté, Démocratie, Laïcité, Paris, Editions Michalon, 2016.
[10] Bourdin B. et Sapir J., Souveraineté, Nation, Religion, Paris, Editions du Cerf, 2017.
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