Scacciare il diavolo dalla Chiesa: la Regola di San Benedetto come cura permanente della Chiesa

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Nella basilica di San Pietro a Perugia c’è un grande dipinto del XVI secolo raffigurante circa 300 teste del clero. Da lontano l’insieme raffigura la testa di un minaccioso diavolo. Molte le speculazioni e le interpretazioni. La più attendibile è che Vassilacchi fosse indignato per la profonda crisi e la corruzione, anche sessuale, che regnava nel clero della Chiesa cattolica del suo tempo, una corruzione da cui era scaturita la Riforma protestante.

Visti i tempi attuali, appare molto interessante questo articolo della prof.ssa Murzaku, della Seton Hall University, New Jersey, (USA) che, prendendo spunto da tale quadro, allarga gli orizzonti delle sue considerazioni all’attuale crisi della Chiesa.

La traduzione è di Antonio Giovanni Colombo.

 

L’Apoteosi dell’Ordine dei Benedettini , di Antonio Vassilacchi (1556-1629), dipinto nel 1592

L’Apoteosi dell’Ordine dei Benedettini , di Antonio Vassilacchi (1556-1629), dipinto nel 1592

C’è una tela mozzafiato che occupa un’intero spazio sopra la porta principale di una delle più belle chiese di Perugia, la Basilica di San Pietro, che fa parte dell’abbazia che porta lo stesso nome.

L’Apoteosi dell’Ordine dei Benedettini fu dipinta nel 1592 da Antonio Vassilacchi (1556-1629), detto l’Aliense, allievo di Paolo Veronese e Tintoretto. Se la si osserva da vicino, la gigantesca pittura è composta da immagini di migliaia di personaggi appartenenti al clero – cardinali, pontefici, abati, badesse, vescovi, diaconi, monaci e monache – quasi 300 teste appartenenti al clero. Una strabiliante collezione di volti, tiare, bastoni pastorali, cappelli cardinalizi, lapidi, stemmi e libri sacri.

Anche Papa Gregorio Magno è visibile tra la folla agitata. Ma se la si guarda dall’estremo opposto della chiesa, dall’altare, c’è un’impressionante, terrificante, gigantesca raffigurazione di un volto diabolico che si intravede, composto dalle teste del clero. San Benedetto da Norcia è posto al centro del dipinto, in qualche modo protetto dalla folla e con un libro aperto sulle ginocchia, probabilmente la Regola, e dà forma al naso del diavolo. Le pupille degli occhi del diavolo sono un sole e una luna, e due stelle: la stella del mattino e quella della sera, Venere, che illuminano gli occhi minacciosi del diavolo.

Ma c’è qualcosa di misterioso oltre al clero-diavolo all’interno della basilica di Perugia. Perché un diavolo gigantesco, formato da immagini clericali all’interno di una chiesa cattolica? Perché il clero dà forma al diavolo? Perché l’artista era così critico nei confronti dei vizi del clero? Perché il silenzio, che dura da 400 anni, sull’immagine del diavolo all’interno della Chiesa?

Ci sono molte speculazioni e interpretazioni riguardo a questo misterioso dipinto del diavolo all’interno di una chiesa cattolica. La più attendibile è che Vassilacchi fosse indignato per la profonda crisi e la corruzione che regnava nel clero della Chiesa cattolica del suo tempo, una corruzione da cui era scaturita la Riforma protestante. Molto tempo era ormai passato dalla riforma del clero e dal rinnovamento promossa da San Pier Damiani, la voce più autorevole che si era levata a sradicare il vizio della promiscuità sessuale tra il clero e dalla Riforma Gregoriana (1050-80) che la seguì. Sembra che la Chiesa al tempo di Vassilacchi avesse bisogno di un’altra grande purificazione. Oscenità; abuso di potere; abusi sessuali su bambini, uomini e donne – questi e altri abusi da parte del clero cattolico avevano spinto Lutero, Calvino e Zwingli a rigettare il celibato sacerdotale. I riformatori ritenevano che il celibato obbligatorio richiesto nella Chiesa latina fosse la causa principale degli abusi sessuali del clero, un argomento che non ha perso di attualità, e che viene usato ancor oggi a proposito dell’attuale crisi di abusi sessuali nel clero.

Inoltre, i documenti di tribunali ecclesiastici, di interventi vescovili e addirittura papali indicano che l’attività sessuale del clero sia con maschi che con femmine fosse uno scandalo ampiamente noto nella Chiesa all’epoca di Vassilacchi. Quale provvedimento si prese per combattere e curare gli abusi? Una legislazione più forte, fisica e spirituale, e sanzioni, per citarne alcuni, apparentemente non erano riusciti a produrre alcun risultato. Il malcontento e lo sdegno dei laici erano ai massimi storici. I fedeli esigevano dalla Chiesa e dai suoi vescovi comportamenti ben più nobili.

Il movimento di riforma della Chiesa è culminato nel Concilio di Trento (1545-1563), che offriva delle soluzioni agli abusi sessuali del clero. Quali erano le soluzioni proposte a Trento?

Nonostante l’opposizione di alcuni vescovi, il Concilio di Trento ribadì l’insegnamento sul celibato obbligatorio per il clero. La visione di Trento sul celibato non era diversa dal precedente insegnamento della Chiesa. Il celibato fu considerato, come virtù, al di sopra del matrimonio: “Se qualcuno dirà che lo stato coniugale è da preferirsi alla verginità o al celibato e che non è cosa migliore e più beata rimanere nella verginità e nel celibato, che unirsi in matrimonio, sia anatema.” (Canone 10, Sessione XXIV).

Nei decreti del Concilio di Trento, ci si aspettava che i monasteri femminili applicassero e vivessero secondo la regola, e che i superiori dovessero assicurarsi che la regola venisse seguita alla lettera. Le monache non avevano il permesso di lasciare il monastero. Inoltre si disponeva che “la clausura delle monache, sia diligentemente ripristinata, se fosse stata violata; venga conservata, se invece fosse ancora intatta”, e che le disobbedienze andassero represse “con le censure ecclesiastiche e con altre pene” e “ricorrendo anche, se necessario, per questo scopo, all’aiuto del braccio secolare: aiuto che il santo sinodo esorta i principi cristiani a prestare, e di cui fa obbligo, sotto pena di scomunica da comminarsi ipso facto, a tutte le autorità secolari”. Il Concilio dispose che: “Quanto alle monache, a nessuna sia lecito, dopo la professione, uscire dal monastero, anche per breve tempo, con qualsiasi pretesto, se non per un legittimo motivo che il vescovo dovrà approvare, non ostante qualsiasi indulto e privilegio.” (Decreto VII sui religiosi e le monache, Capitolo V).

Nella sua ultima sessione, il Concilio di Trento ha affrontato il tema del concubinato sacerdotale: “Quanto sia turpe ed indegno del nome di chierici – che si sono consacrati al culto di Dio – vivere nell’abbiezione dell’impurità e nell’immondo concubinato, lo dimostra a sufficienza la cosa stessa, in sé, per il comune disagio di tutti i fedeli e il grande disonore della milizia clericale. […] il santo sinodo proibisce a qualsiasi chierico di tenere, in casa o fuori, concubine o altre donne su cui possano cader sospetti o di aver con esse qualche relazione. Altrimenti, siano puniti con le pene stabilite dai sacri canoni o dalle disposizioni delle chiese. Se, ammoniti dai superiori, non si astenessero da esse, siano privati per ciò stesso della terza parte dei frutti, degli introiti e dei proventi di qualsiasi loro beneficio e di qualsiasi pensione, che sarà devoluta alla fabbrica della chiesa o ad altro luogo pio, a giudizio del vescovo”. (Decreto VIII sui religiosi e sulle monache, Capitolo XVI).

Il Concilio di Trento ebbe più successo nel promuovere la stretta osservanza del celibato e della castità di quanto avessero ottenuto altri Concili prima di esso. La ragione era probabilmente connessa con l’istituzione dei Seminari per la formazione del clero.

Tuttavia, tre anni dopo la fine del Concilio di Trento, Papa Pio V nella sua costituzione Cum primum, del 1° aprile 1566, promulgò una legislazione per combattere “i crimini contro natura” e usò un linguaggio forte nel condannare l’attività omosessuale del clero: “Se qualcuno compirà quel nefando crimine contro natura, per colpa del quale l’ira divina piombò sui figli dell’iniquità, verrà consegnato per punizione al braccio secolare, e se chierico, verrà sottoposto ad analoga pena dopo essere stato privato di ogni grado”. Inoltre, nel 1568, Papa Pio V pubblicò l’Horrendum Illud Scelus contro i chierici che abusavano sessualmente di giovanetti e i crimini contro natura, prescrivendo severe misure per proteggere i bambini, prescrivendo le seguenti disposizioni:

  1. A buon diritto il Concilio Lateranense V (1512-1517) stabilisce che qualunque membro del clero, che sia stato sorpreso in quel vizio contro natura per via del quale l’ira divina cadde sui figli dell’empietà venga allontanato dall’ordine clericale, oppure venga costretto a far penitenza in un monastero.
  2. Affinché il contagio di un così grave flagello non progredisca con maggior audacia approfittandosi di quell’impunità che è il massimo incitamento al peccato e, per castigare più severamente i chierici colpevoli di questo nefasto crimine che non sono atterriti dalla morte dell’anima, abbiamo deciso che vengano atterriti dall’autorità secolare, vindice della legge civile.
  3.  Pertanto, volendo proseguire con maggior vigore quanto abbiamo decretato fin dal principio del Nostro Pontificato (Costituzione Cum primum) stabiliamo che qualunque sacerdote o membro del clero sia secolare che regolare, di qualunque grado e dignità, che pratichi un così orribile crimine, in forza della presente legge venga privato di ogni privilegio clericale, di ogni incarico, dignità e beneficio ecclesiastico, e poi, una volta degradato dal Giudice ecclesiastico, venga subito  consegnato all’autorità secolare, affinché lo destini a quel supplizio, previsto dalla legge come opportuna punizione, che colpisce i laici scivolati in questo abisso.

Questa era in sintesi la situazione di crisi nella Chiesa cattolica ai tempi di Vassilacchi, e questo aiuta a comprendere lo sdegno dell’artista e come egli sia riuscito a celare un gigantesco dipinto del diavolo all’interno di una delle chiese più belle e importanti di Perugia.

È un’Opzione Benedetto del XVI secolo quella che Vassilacchi suggerisce? La centralità della figura di San Benedetto da Norcia potrebbe essere interpretata nel senso che San Benedetto costituisce davvero l’unica opzione per purificare e curare la Chiesa dal male e dall’abuso sessuale. Seguire la regola della castità e della verginità prescritta dalla Regola di San Benedetto, potrebbe ricondurre la Chiesa ad amare la castità e a combattere gli appetiti sessuali, comprese le relazioni omosessuali. La regola di Benedetto ha dimostrato di essere una regola di valore permanente per curare la Chiesa.

In breve, solo seguendo rigorosamente la Regola di San Benedetto la Chiesa vincerà il diavolo e raggiungerà l’apoteosi, o divenendo simile a Dio. È questa è un’Opzione Benedetto che giunge a noi dal XVI secolo.

 

Fonte: National Catholic Register

 

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Prof. Ines Angeli Murzaku

Ines Angeli Murzaku, Docente di Storia della Chiesa e Direttore del Programma di Studi Cattolici presso la Seton Hall University nel New Jersey. La sua ricerca è stata pubblicata in diversi articoli e sette libri, il più recente Life of St Neilos of Rossano (1004) (Dumbarton Oaks, Harvard University Press 2017). La Prof. Murzaku sta scrivendo un libro intitolato Madre Teresa: La santa delle periferie che è diventata il centro del cattolicesimo (Paulist Press 2018). Collabora e commenta regolarmente con i media su questioni religiose, tra cui Associated Press, CNN, National Catholic Register, Catholic World Report, Voice of America, Relevant Radio, The Catholic Thing, Crux, Salt and Light, The Record, The Stream, Radio Tirana (Albania), Radio Vaticana e EWTN (Roma).

L’articolo Scacciare il diavolo dalla Chiesa: la Regola di San Benedetto come cura permanente della Chiesa proviene da Il blog di Sabino Paciolla.

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