Il provvedimento legislativo che impone il pagamento dell’IMU alle scuole paritarie (ma non a quelle statali) e al settore terziario, inasprisce una situazione di per sé precaria, già penalizzata dalla disparità di assegnazione di risorse. Il Presidente della CEI, a tal riguardo, è intervenuto nel corso del XI Forum del progetto culturale (svoltosi a Roma nei giorni 30 novembre e 1 dicembre 2012) http://www.avvenire.it/Chiesa/Pagine/bagnasco-imu.aspx ed ha ribadito le grandi difficoltà economiche in cui navigano le scuole italiane: ha segnalato come urgente “quello che lo Stato sarebbe giusto riconoscesse non tanto agli istituti scolastici, quanto alle famiglie, che hanno diritto a scegliere per i propri figli l’istruzione che ritengono più idonea”. L’intervento ripreso ampiamente sabato da Avvenire è stato arricchito da un servizio che illustra, in modo particolareggiato, come il caso italiano sia del tutto isolato in un’Europa che da tempo sostiene in pieno la libertà di educazione.
L’emendamento che accompagna il nuovo regolamento IMU non prevede esenzioni a meno che gli istituti cattolici: “non chiedano solo una retta simbolica o che copra solo una porzione delle spese sostenute per il servizio”. Abbiamo capito bene: per essere esonerati gli istituti scolastici privati non debbono più chiedere le rette… ma come dovrebbero finanziarsi allora? In Italia sono 9.371 le scuole cattoliche paritarie e 740 mila sono gli studenti che le frequentano. Lo Stato stanzia 500 milioni di euro all’anno con un risparmio di sei milioni e mezzo di euro l’anno. Equivale a un risparmio per lo Stato di 5.974,00 € a studente. Non è un fatto di risparmio economico: già lo Stato risparmia e abbondantemente! Perché allora questa tassazione?
[pullquote]Lo Stato stanzia 500 milioni di euro all’anno con un risparmio di sei milioni e mezzo di euro l’anno. Equivale a un risparmio per lo Stato di 5.974,00 € a studente. Non è un fatto di risparmio economico: già lo Stato risparmia e abbondantemente! Perché allora questa tassazione?[/pullquote]
E’ evidente che elementi così macroscopici non possono essere frutto di una distrazione, ma rivelano al fondo due diverse posizioni, dovuti a due diverse impostazioni culturali, spesso inconciliabili. Il primo punto di divisione è costituito da un’errata concezione della parola “sussidiarietà”. Questo principio dovrebbe significare che lo Stato, nel soddisfare i bisogni dei cittadini, laddove la società fa meglio, lasci fare; lasciando a sé la funzione di garanzia e vigilanza. Invece per lo Stato la Chiesa e le altre realtà sociali hanno spazio solo nel campo del “volontariato”, dove esso non arriva. E’ la logica iscritta nella legge: gli istituti scolastici per non essere tassati devono svolgere attività educativa alla stregua delle iniziative caritative. Logica per fortuna non condivisa nel resto d’Europa e negli altri continenti, dove l’educazione è assicurata principalmente dai cristiani.
[pullquote]E’ evidente che elementi così macroscopici non possono essere frutto di una distrazione, ma rivelano al fondo due diverse posizioni, dovuti a due diverse impostazioni culturali, spesso inconciliabili. Il primo punto di divisione è costituito da un’errata concezione della parola “sussidiarietà”[/pullquote]
Il secondo punto ha radici storiche: è fuori di dubbio che ancor dopo l’unità nazionale, (avvenuta in aperto contrasto con la Chiesa cattolica), il neo-stato unitario temeva l’ingerenza della Chiesa, molto radicata nei cuori della gente. Per converso bisognava ‘fare gli Italiani’, secondo le nuove ideologie di ‘progresso’ della rivoluzione francese. In questo contesto, la Chiesa non rimase a rimuginare i torti subiti ma si fece partecipe nella costruzione dello Stato unitario venendo incontro al popolo ed ai suoi bisogni, ai gravi problemi dell’istruzione allora carente, all’assistenza sanitaria. Figure come don Bosco, sacerdoti e laici, parteciparono alle istanze di rinnovamento che hanno caratterizzato quel momento, ebbero un ruolo fondamentale alla conciliazione tra cattolicesimo e sistemi liberali che portò alla nascita di un maturo stato laico. Ciononostante, per quest’ultimo, nei decenni successivi e fino ai giorni nostri, conservare la titolarità dell’istruzione è coinciso sempre con la necessità di preservare la laicità dello stato e la neutralità dell’educazione. Perciò, nonostante gli sforzi di riconciliazione, l’educazione cattolica fu sempre mal vista e mal tollerata. E’ questa la mentalità che nel 2009 ha impedito al Papa di parlare all’Università ‘La Sapienza’.
http://www.corriere.it/cronache/08_gennaio_15/papa_cei_contro_prof_d278ed6c-c354-11dc-b859-0003ba99c667.shtml . Tuttavia la realtà dice esattamente il contrario: una scuola accentrata nelle mani dello Stato, più facilmente può diffondere il pensiero dominante del momento e costruire consenso a forza di programmi unici ministeriali. Ne è esempio eloquente il fascismo, durante il quale la scuola statale fu un potente mezzo d’indottrinamento ideologico.
[pullquote]una scuola accentrata nelle mani dello Stato, più facilmente può diffondere il pensiero dominante del momento e costruire consenso a forza di programmi unici ministeriali. Ne è esempio eloquente il fascismo, durante il quale la scuola statale fu un potente mezzo d’indottrinamento ideologico.[/pullquote]
Nel legiferare, bisognerebbe tener conto che la Costituzione, cui tutti facciamo riferimento, nell’art. 4, accetta le scuole private definendo chiaramente quale sia il significato della scuola pubblica che si vuol salvaguardare. Infatti, la Costituzione non dice nient’altro che ” la scuola è aperta a tutti ”: l’insegnamento pubblico è semplicemente quello che ha come carattere distintivo l’essere aperto a tutti.
In base alla predetta interpretazione, appare evidente che la nostra Legge fondamentale non dice che la scuola pubblica è quella che rispetta “i miei gusti come i tuoi” (in questo caso la scuola cattolica non avrebbe diritto di cittadinanza), ma dice che la scuola pubblica deve ‘essere aperta a tutti’: ne consegue che la scuola cattolica è ‘privata’ solo perché lo Stato non ne consente l’accesso a tutti come prevede la Costituzione!
L’evoluzione della nostra società, che ci distingue per tolleranza, per rispetto delle minoranze, che salvaguardia i deboli, i malati, proviene proprio dalla Chiesa, è stata attinta dalle radici cristiane. Si spera che si sappia conservare questa ricchezza, che se ne tenga debito conto.
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