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Alla fine ci sono andato. A vedere il presepe di piazza San Pietro. Ieri è stato il mio amico pizzaiolo di Borgo Pio a spingermi: «Ci vada, ci vada, poi mi dirà».
Gli ho chiesto: non le è piaciuto?
«Per niente».
E perché?
«Mi ha messo a disagio. Con quell’uomo nudo in primo piano, il palestrato. Ma che? È un poveretto quello? Andiamo! Sembra appena uscito da un centro benessere. E poi Maria e Giuseppe sono persi là in mezzo, quasi nascosti dagli altri personaggi. Ci vada, ci vada, poi ne parliamo».
E così ci sono andato. E in effetti devo dire che l’uomo nudo si impone su tutto. Sta proprio lì davanti, in primissimo piano, roseo, ben tornito, depilato, con tutti i muscoli disegnati. Ha ragione l’amico pizzaiolo: non sembra per niente un povero, bisognoso di essere rivestito. Sembra piuttosto un modello che si compiace delle sue fattezze.
Poi mi ha colpito il morto. Se ne sta un po’ defilato, sopra un tavolo. È coperto da un sudario bianco e di lui si vede soltanto un braccio, naturalmente cadaverico, che pende inerte. Accanto a lui c’è un omaccione non si sa bene che cosa stia facendo, ma sembra piuttosto minaccioso, con una mano alzata sopra il cadavere e lo sguardo un po’ torvo.
Il presepe quest’anno è stato donato dall’abbazia territoriale di Montevergine (Benevento) e si tratta, come apprendo dalla Radio Vaticana, di «un’opera d’arte realizzata in stile settecentesco secondo la più antica tradizione napoletana». Frutto del lavoro di «un laboratorio artigianale partenopeo», il presepe occupa « un’ampia superficie di circa ottanta metri quadri, con un’altezza massima di circa sette metri». Il tutto è ispirato «alle opere della misericordia, rappresentate da venti figure, con un’altezza variabile intorno ai due metri e composte in terracotta policroma, occhi in cristallo e abiti in tessuto».
Il sottoscritto non ha alcuna competenza artistica. Le statue, in quanto singole statue, sono certamente pregevoli. Ma l’impressione, da ignorante, è di trovarsi di fronte non tanto a un presepe, ovvero alla rappresentazione della nascita di Gesù, bensì a un gruppo di personaggi molto indaffarati, tanto da risultare indifferenti al miracolo della Natività.
Le opere di misericordia sono rappresentate da personaggi impegnati a metterle in pratica: un uomo visita un carcerato (del quale si vede solo la testa, con un effetto raccapricciante perché sembra mozzata); una donna con una brocca in mano dà da bere a un assetato; un giovane assiste un infermo; un signore guarda l’ignudo e gli porge un telo (che però gli pende dalla mano e non è stato ancora impiegato per coprire almeno un pochino il bisognoso), e poi c’è chi alloggia i pellegrini e c’è l’omaccione che, presumibilmente, sta per seppellire il cadavere adagiato sul tavolaccio.
In mezzo a tutto questo attivismo e a questo incrociarsi di sguardi e di membra umane, Giuseppe e Maria sembrano quasi due intrusi, capitati lì per caso. Non so, magari, quando arriverà Gesù Bambino, la sacra famiglia riuscirà a conquistarsi un po’ di spazio, ma per adesso il presepe sembra piuttosto una cooperativa sociale piuttosto disordinata.
Ripeto, non ho competenze artistiche e certamente ciò che sto dicendo farà inorridire gli esperti, ma non posso nascondere lo sconcerto. Perfino i re magi sembrano colpiti più dall’attività che si svolge davanti a loro che non dalla nascita di nostro Signore. E poi manca del tutto la capanna o grotta o riparo che dir si voglia, ridotto a un accenno di cupola, come se Gesù Bambino avesse deciso di venire al mondo in una chiesa terremotata, della quale è rimasta in piedi solo una piccola porzione traballante.
Ho letto da qualche parte che Facebook ha rifiutato la foto del presepe di piazza San Pietro in quanto «sessualmente allusiva e provocante». A causa di quello che il mio amico piazzaiolo chiama «il palestrato», naturalmente. Non so come funzionino queste cose e non mi ci voglio addentrare. Mi limito a osservare quale potrà essere la reazione di un bambino portato a vedere il presepe.
«Scusa papà, scusa mamma, ma dov’è la Madonna? E Gesù Bambino? E san Giuseppe».
«Guarda bene, figlio mio».
«Ma dove?».
«Là, dietro l’uomo… ehm… poco vestito. Li vedi?».
«No papà, non vedo niente».
«Ok, spostiamoci. Ecco, ora vedi?».
«No, vedo la testa di un signore con la pelle scura, che spunta da una finestrella. Gliel’hanno tagliata?».
«No, figlio mio, non gliel’hanno tagliata. Quello è un carcerato e la sua testa spunta dalla prigione. Lo stanno aiutando».
«Sì, ma Gesù Bambino dov’è?».
«Ok, spostiamoci. Ora lo vedi?».
«No, vedo solo un signore steso sul tavolo. Sopra gli hanno messo un lenzuolo bianco. Ma perché?».
«Perché… ehm… è morto».
«Morto? Ma come? Chi lo ha ammazzato? Che gli hanno fatto?».
«Niente, niente, figlio mio. È morto è basta, e ora lo devono seppellire».
«E Gesù Bambino?»
«Ok, spostiamoci. Anzi, ti prendo in braccio. Ora lo vedi?».
«No, vedo solo un re magio con un gran turbante in testa. Non mi piace».
«Ma no, dai, figlio mio, non dire così».
«Papà, mamma, ho paura! Andiamo via!».
«Ma perché? Non sei contento? Non ti piace il presepe?».
«No, non mi piace questo presepe, mi fa paura. Andiamo a casa».
Ecco.
Ora vado a trovare l’amico piazzaiolo. Mi sa che avremo da chiacchierare.
Aldo Maria Valli
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