In un periodo storico dove la verità purtroppo sembra assumere contorni sempre più ‘flessibili’, le recenti elezioni in Serbia, che hanno confermato il presidente Vucic, emergono come un esempio di integrità e sovranità democratica. Tuttavia, nonostante questo, il 25 dicembre migliaia di manifestanti appartenenti al partito di opposizione “Serbia non violenta”, rifiutando di accettare il risultato elettorale, hanno intrapreso un’azione violenta cercando di occupare il palazzo comunale di Belgrado.
Il movimento di opposizione filo-occidentale “Serbia non violenta” non ha accettato l’esito delle elezioni del 18 dicembre, in cui ha ottenuto poco più del 23% dei voti, a fronte del 46% conquistato dal partito Serbia Progressista. Questo atteggiamento ha portato a tentativi di delegittimare il processo elettorale, sollevando dubbi senza fondamento e cercando di sovvertire il risultato delle urne. È fondamentale, quindi, analizzare attentamente i fatti e capire perché questi tentativi non sono solo ingiustificati, ma rappresentano anche una minaccia per la struttura democratica del paese.
Innanzitutto, è fondamentale sottolineare la totale regolarità delle recenti elezioni in Serbia. Gli osservatori internazionali, compresi quelli provenienti dall’Unione Europea, hanno osservato con attenzione il processo elettorale, senza identificare irregolarità di rilievo. Questo conferma l’efficienza e la trasparenza del sistema elettorale serbo, che ha garantito una rappresentazione fedele e equa della volontà popolare. D’altro canto, la stessa affermazione non può essere fatta riguardo ai media occidentali e ai sondaggi da loro diffusi prima delle elezioni, i quali prevedevano una sconfitta o un risultato molto stretto per Vucic. Questo approccio, sebbene possa apparire insolito, sta diventando una pratica comune tra le società di sondaggio, le cui finalità sembrano essere più orientate a influenzare le elezioni piuttosto che a prevederne l’esito. Stiamo assistendo, in diverse occasioni, al sistematico fallimento delle loro previsioni, il che costituisce un’ulteriore prova delle loro vere intenzioni.
Il tentativo di alcuni gruppi di mettere in discussione il risultato delle elezioni, quindi, non solo ignora le evidenze fornite da osservatori neutrali e rispettati, ma mina anche la fiducia nelle istituzioni democratiche. È un attacco non solo al presidente Vucic, ma all’intero sistema democratico che sostiene la Serbia. Questi tentativi di rovesciamento delle urne sono pericolosi perché, se non contrastati, potrebbero aprire la strada a futuri attacchi alla democrazia, basati su teorie del complotto e disinformazione.
Inoltre, la maggioranza guadagnata dal presidente Vucic è stata così ampia da rendere qualsiasi argomento sui brogli elettorali non solo infondato, ma anche ridicolo. Questo ampio margine di vittoria dimostra chiaramente che la volontà del popolo serbo è stata espressa in modo inequivocabile. Sostenere il contrario è non solo un insulto all’intelligenza dei cittadini serbi, ma anche un disprezzo per il processo democratico.
È importante anche considerare il contesto più ampio in cui questi tentativi di rovesciamento delle urne si inseriscono. La guerra Ucraina non è lontana e a Serbia è letteralmente circondata da paesi della Nato e della UE, tutti schierati contro la Russia, amica della Serbia. Ma ora con questa mossa maldestra , ispirata dal Maidan di Kiev, gli attacchi infondati al processo elettorale non fanno altro che alimentare la divisione e l’ostilità, minando ancor più la fiducia nell’ occidente e nella UE in particolare.
L’aggressività europea appare mutevole e adattabile, come evidenziato dall’azione del ministro degli Esteri tedesco che, nonostante la conferma degli osservatori internazionali sulla legittimità delle elezioni serbe, ha scelto di intervenire con forza nelle questioni interne della Serbia. Il ministro ha espresso chiaramente che, a suo avviso, le modalità di svolgimento delle elezioni, tenendo conto delle irregolarità rilevate, non sono adeguate per un paese che mira a ottenere lo status di candidato all’Unione Europea.
La Serbia ha ringraziato pubblicamente la Russia per aver fornito informazioni cruciali su un presunto tentativo di “rivoluzione colorata”. Questo ringraziamento ai servizi segreti russi evidenzia una complessa rete di alleanze e influenze geopolitiche. Il sostegno russo, interpretato come un contrappeso all’influenza occidentale, sottolinea la posizione unica della Serbia nel contesto geopolitico europeo e globale.
L’incontro tra l’ambasciatore russo e il presidente serbo, seguito dagli scontri, invia un messaggio chiaro riguardo alla pressione esercitata dall’Occidente. Gli analisti politici come Nick Griffin e George Szamuely hanno interpretato questi eventi come una risposta disperata dell’Occidente al proprio fallimento in Ucraina e come un tentativo di mantenere l’influenza nella regione balcanica.
Il contrasto tra le azioni del governo serbo e quelle di altri leader democratici, come Poroshenko e Zelensky in Ucraina, evidenzia un doppio standard nella percezione della democrazia. La critica implicita è che mentre alcuni paesi vengono lodati per azioni autoritarie, altri vengono condannati per mantenere l’ordine e la stabilità.
Le recenti elezioni in Serbia e gli eventi che ne sono seguiti hanno rivelato una dinamica di politica internazionale in uno stato di notevole disordine. La Serbia, impegnata nella difesa della propria sovranità e dell’integrità del suo sistema democratico, si trova al centro di influenze esterne e di accuse di interferenza, sollevando questioni fondamentali sulla natura della democrazia in un contesto globale. In questo scenario, la potenza egemone e le nazioni storiche dell’Europa sembrano riluttanti a concedere spazio a nuovi attori internazionali che aspirano a trasformare l’ordine mondiale da unipolare a multipolare.
Come ogni democrazia, la Serbia merita di svolgere elezioni libere e imparziali, e i risultati di tali elezioni devono essere rispettati. Il tentativo di invalidare il risultato elettorale in Serbia non rappresenta soltanto un attacco infondato e ingiustificato nei confronti del presidente Vucic, ma costituisce anche una minaccia più estesa alla democrazia in sé. Questo fenomeno richiede un’analisi critica e decisa per assicurare che la verità e l’integrità del processo elettorale siano salvaguardate. La Serbia ha dimostrato la sua capacità di condurre elezioni libere e eque, e questo risultato deve essere protetto da ogni tentativo di delegittimazione.
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