Vediamo cosa è successo con la questione dell’obbedienza al papato romano in un caso paradigmatico e molto costoso per gli attuali venti pontifici: la soppressione dei Gesuiti.
Il 21 luglio 1773 papa Clemente XIV abolì la Compagnia di Gesù con la “breve” pontificio Dominus ac Redemptor . Esso diceva tra l’altro:
25. […] con maturo accordo, di certa conoscenza, e con la pienezza del potere apostolico, aboliamo ed estingueremo la suddetta Compagnia, aboliamo e annulliamo ciascuno dei suoi uffici, ministeri e lavori, Case, Scuole, Collegi, Ospizi, Fattorie e qualsiasi possedimento situato in qualsiasi Provincia, Regno o Dominio e che in qualsiasi modo gli appartenga; ei suoi statuti, usi, costumi, decreti e costituzioni […].
34. Vietiamo che, dopo che queste nostre lettere sono state rese note e pubblicate, nessuno osi sospenderne l’esecuzione, nemmeno giusta, oa titolo e pretesto di qualsiasi istanza, ricorso, ricorso, consultazione o dichiarazione di dubbi, che forse potrebbe nascere, né con nessun altro pretesto previsto o imprevisto. Ebbene, vogliamo che l’estinzione e l’abolizione dell’intera Società suddetta, e di tutti i suoi Mestieri, abbia effetto d’ora in poi, nella forma e nei modi che abbiamo sopra espresso, a pena di ipso facto incurrenda major scomunica […]
35. Oltre a ciò, ordiniamo e imponiamo un precetto, in virtù della santa obbedienza, a ciascuna delle persone ecclesiastiche, regolari o secolari, di qualunque grado, dignità, condizione e qualità esse siano, e specialmente coloro che fino ad ora appartenevano alla Compagnia, e sono stati considerati propri individui, che non osano parlare o scrivere a favore o contro questa estinzione, né delle sue cause e motivi, né dell’istituto, della norma, delle costituzioni e delle forme di governo della Compagnia, né di quant’altro attinente a questa materia, senza l’espresso permesso del Romano Pontefice. […]
Come si vede, le disposizioni pontificie erano molto dure e molto chiare. Nessuno poteva fingere di essere distratto. La Compagnia di Gesù aveva cessato di esistere per sempre, e chi voleva o pensava diversamente non solo offendeva gravemente la virtù dell’obbedienza, ma veniva anche scomunicato.
Tuttavia, conosciamo la storia. Quarantun anni dopo, nel 1814, papa Pio VII, di chiara ispirazione liberale, restaurò la Compagnia, che subito rifiorì. Ci chiediamo allora, come sia stato possibile, se non c’erano già gesuiti capaci di rifondarlo. Teniamo presente che i membri di questa congregazione emettono la professione religiosa piuttosto tardi, intorno ai 30 anni. Quindi, un gesuita neo-professo dell’età in cui è stata promulgata la soppressione, al momento della restaurazione avrebbe avuto 70 anni, se ne fosse rimasto in vita uno, tenendo conto della vita media dell’epoca.
Il restauro, di conseguenza, non poteva essere fatto con i Gesuiti originari. Sarà che, dunque, avranno disobbedito ai forti ordini pontifici e avranno continuato a formare membri della soppressa Compagnia? E’ abbastanza sicuro, è successo. E hanno usato due circostanze.
Innanzitutto c’è stata la protezione dei principi non cattolici: il re Federico di Prussia e la zarina Caterina di Russia. In entrambe le nazioni il mandato pontificio non fu ascoltato e lì i buoni padri della Compagnia continuarono ad operare come se nulla fosse, obbedendo alla volontà dei principi temporali e ignorando i chiari mandati pontifici. Per la restaurazione della provincia francese, infatti, furono “usati” 34 gesuiti che si trovavano nella casa di formazione a Potolsk (l’odierna Bielorussia): 18 francesi e 9 polacchi.
La seconda circostanza è che i cripto-gesuiti , disobbedendo ai mandati pontifici, fondarono congregazioni fantasma, nelle quali la Compagnia rimase viva e pienamente attiva. Ad esempio, la Società dei Padri del Sacro Cuore di Gesù, la Società del Cuore di Gesù, i Padri della Fede e i Padri Poveri, tra gli altri, fondata da ex gesuiti e associati, come Pierre Picot de Clorivière, Charles de Broglie, Joseph Varin d’Ainville e l’italiano Niccola Paccanari (Cfr. Jean Lacouture, Jesuits , London: Harvill Press, 1995, 301-351).
La conclusione che emerge da questi fatti storici è evidente: i gesuiti, e con loro gli innumerevoli vescovi e laici che li hanno sostenuti, non hanno avuto problemi a disobbedire agli ordini del Romano Pontefice su un argomento che consideravano ingiusto, ignorando le pene della scomunica e delle altre cesure previsto dal breve Dominus ac Redemptor . E, tra l’altro, non hanno nemmeno accusato alcun problema di coscienza riguardo all’atto di disobbedienza formale in cui sono caduti. E la cosa più curiosa di tutto questo è che nessuno li rimproverava, o comunque quelli che lo facevano erano i monarchi laici, principalmente spagnoli. La Chiesa taceva e permetteva di fare, ea suo tempo, “usava” i disobbedienti, teoricamente scomunicati, per restaurare la Compagnia.
Questa è la storia. Ognuno ne tragga le conseguenze sugli eventi attuali per consolidare le ragioni della fede o non ne tragga per … ‘stare bene’.
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